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Anteprima Sda Bocconi: spesa sanitaria privata a quota 39,5 miliardi. Ma non è vero che si spende di più dove il Ssn funziona peggio

di Lucia Conti

L’86% della spesa sanitaria out of pocket delle famiglie italiane è per servizi ambulatoriali e beni (cure dentistiche, analisi ed esami, prestazioni professionali come quelle erogate dagli infermieri, dai fisioterapisti o dagli psicologi, ma anche farmaci e presidi vari, dai cerotti agli occhiali). Il restante 13,1% riguarda l’assistenza ospedaliera o a lungo termine. A spendere di più sono i cittadini di Valle d’Aosta (media pro capite 859 euro), Lombardia (752), Trentino A.A. (736), Veneto (674) ed Emilia Romagna (652). In coda Campania (303), Calabria (363), Sardegna (368) e Sicilia (404). I DATI IN ANTEPRIMA

07 NOV - Si richiama ciclicamente l’attenzione sul divario presente tra i sistemi sanitari regionali, sia in termini di performance che in termini di spesa pro capite, pubblica e privata. Ma se in passato era opinione diffusa che a pagare sempre più di tasca propria fossero i cittadini delle Regioni dove la sanità era peggio gestita e dove peggiore era l’opinione della popolazione sui servizi erogati (come a compensare le mancanze del sistema pubblico), oggi emerge che a tirare fuori più soldi dal proprio portafoglio sono invece i cittadini delle Regioni con i servizi sanitari più efficienti, come Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.

A rilevarlo è una ricerca svolta dall’Osservatorio sui Consumi Privati in Sanità (OCPS) della School of management della SDA Bocconi, in collaborazione con il Fondo Sanitario Integrativo del Gruppo Intesa Sanpaolo. La ricerca, che sarà presentata ufficialmente il 13 novembre in occasione di un convegno in programma a Milano ma che siamo in grado di anticipare in anteprima, ha messo a confronto i dati di spesa pro capite degli assistiti del Fondo (200 mila iscritti, 188 milioni di euro di prestazioni sanitarie annue intermediate).

Dai dati emerge che la spesa sanitaria out of pocket nel 2016 ha raggiunto quota 39,453 miliardi di euro. Di questi, 21,3 miliardi se ne vanno in servizi (tra cui spicca la spesa per le cure odontoiatriche, circa 9 miliardi, e per le prestazioni ambulatoriali, circa 7 miliardi), mentre i restanti 8,1 miliardi sono spesi in beni (la parte più rilevante è data dai farmaci in senso stretto, per 8,4 miliardi). Ma ci sono ben 5,2 miliardi se ne vanno in prodotti omeopatici, erboristici, integratori e simili, con un ulteriore quota di 3,4 miliardi spese per attrezzature e apparecchi terapeutici (occhiali e lenti a contatto correttivi, protesi uditive, riparazione e noleggio attrezzature).

In pratica, l’86% dei 39,4 miliardi che gli italiani tirano fuori di tasca propria è riconducibile a servizi ambulatoriali e beni. All’assistenza ospedaliera in regime ordinario e day hospital per cura e riabilitazione e assistenza a lungo termine (RSA, ecc.) spetta, invece, il 13,1% della spesa totale out of pocket.
 


Ma ad emergere, dalla ricerca dell’Osservatorio, sono anche le differenze territoriali dei consumi. La spesa pro-capite per assistito dal Fondo, ad esempio, ammonta in media a 742 euro al Nord, si riduce a 732 euro per il Centro, e scende ulteriormente a 516 euro per il Sud e a 482 euro per le Isole.

In particolare, a spendere di più sono i cittadini della Valle d’Aosta (media pro capite 859 euro), della Lombardia (752), del Trentino A.A. (736), del Veneto (674) e dell’Emilia Romagna (652). In pratica si spenderebbe di più in quelle Regioni tipicamente prese a modello per la capacità di offrire una sanità efficiente e di qualità. E la conferma sembrerebbe arrivare dal fatto che in coda si trovano, infatti, Campania (303), Calabria (363), Sardegna (368) e Sicilia (404), cioè quelle realtà che, quando si parla di sanità, troviamo spesso in fondo alle classifiche.

Questi, finora, i dati. Ma cosa nascono le cifre? Qual è l’atteggiamento degli italiani nei confronti della spesa sanitaria? Lo abbiamo chiesto, in questa intervista esclusiva, a Valeria Rappini, coordinatrice dell’Osservatorio sui Consumi Privati in Sanità (OCPS) della School of management della SDA Bocconi. Per Rappini, i fattori che influenzano maggiormente il ricorso alla spesa sanitaria out of pocket sono sicuramente da ricercare nei differenziali di reddito individuale, che consentono ai cittadini delle regioni più ricche di spendere con più facilità. E poi nella maggiore offerta di servizi in alcune Regioni, che farebbe da traino alla domanda. A confermarlo sarebbero anche i differenziali di spesa tra capoluoghi di Regione e il restante territorio. A Napoli, ad esempio, il dato di spesa pro capite è pari a 653 euro, mentre per il resto della Campania è pari a 471 euro. A Roma il dato di spesa pro capite ammonta 1.108 euro (il più elevato a livello nazionale), mentre nel restante territorio regionale è pari a 712 euro.
 
Ma secondo Rappini, la ricerca svolta dall'Osservatorio evidenzia anche un altro aspetto: in alcune Regioni c'è una forte cultura della salute. Una sorta di diffuso senso del dovere nei confronti della propria salute sollecitato proprio dalle istituzioni locali. In poche parole, le Regioni con i migliori servizi sanitari, insegnerebbero ai loro cittadini l'importanza di stare in salute. E i cittadini semnbrano avere imparato la lezione, investondo in salute e dimostrando di essere pronti a farlo anche a proprie spese.
 
Lucia Conti

07 novembre 2017
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