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Mobilità sanitaria interregionale ospedaliera. Il caso Molise

di Giuseppe Massaro

La misura eccezionale della mobilità registrata dal Molise è tale da far comprendere come la stessa abbia partecipato direttamente alla determinazione della crisi che ha colpito il sistema sanitario regionale, mettendone in gioco l’intera sostenibilità. La definizione degli accordi interregionali, quale soluzione organizzativa per il sistema sanitario della Regione Molise, deve considerare la specificità e la tipicità del contesto, anche rispetto alla presenza di strutture private in grado di assorbire quasi la metà della mobilità attiva regionale. LO STUDIO

12 GEN - Il fenomeno della mobilità sanitaria interregionale è per il Molise eccezionale ed incomparabile. Pur essendo Regione in Piano di rientro dal debito sanitario, e quindi caratterizzata dalle problematiche tipiche delle regioni meridionali, il saldo di mobilità sanitaria interregionale che il Molise storicamente registra è positivo. Condizione che costituisce una vera tipicità e tale da rendere la Regione un caso unico a livello nazionale.

L’analisi della mobilità sanitaria, con riferimento alle sue due componenti, passiva e attiva, consente di osservare l’impatto che la stessa ha sull’assetto strutturale e sulla sostenibilità del sistema sanitario regionale molisano.

Infatti, sebbene la mobilità passiva, che risulta essere molto elevata, può ricondursi nelle dinamiche tipiche delle regioni meridionali (caratterizzate dalla forte ospedalocentricità e da livelli di spesa sempre crescenti), nonché alla non completa strutturazione del servizio sanitario locale per le ridotte dimensioni della regione (Cfr. DM 70/2015), la determinante che rende eccezionale la condizione del Molise è rappresenta, senza dubbio, dalla mobilità attiva, che costituisce la vera singolarità.
 


La portata della capacità del Molise di attrarre pazienti provenienti da altre regioni, quasi esclusivamente limitrofe, non è soltanto in grado di rendere positivo il saldo, compensando quindi gli elevati livelli di mobilità passiva, ma è tale da condizionare lo stesso assetto sanitario della regione.

Il Molise, a dispetto delle sue ridotte dimensioni e nonostante una limitata strutturazione del proprio sistema sanitario, detiene, di fatto, un’enorme capacità attrattiva. Condizione che, tuttavia, non ha sottratto il sistema sanitario locale alle criticità e al processo di destabilizzazione che ha portato al Piano di rientro dal deficit sanitario.

Nell’attuale contesto di programmazione sanitaria, infatti, in cui le priorità sono la razionalizzazione e l’ottimizzazione dell’impiego delle risorse attraverso l’appropriatezza delle prestazioni offerte, la libertà di scelta del cittadino e, quindi, la mobilità sanitaria assumono una valenza prorompente. In ragione dell’importanza che tale aspetto ha sull’ organizzazione dei servizi sanitari regionali e di conseguenza sulla stessa salute dei cittadini, il caso della Regione Molise costituisce un riferimento rispetto all’intero sistema sanitario nazionale.

L’obiettivo delle politiche sanitarie, quindi, deve andare oltre il concetto di mobilità quale esclusiva componente per il finanziamento dei sistemi regionali, in una prospettiva di un regionalismo cooperativo e di collaborazione, funzionale alla facoltà di ciascuna Regione di programmare ed organizzare le risorse per erogare i servizi ai cittadini nei propri limiti di spesa.

Vi è, dunque, l’obbligo di giungere, anche attraverso il governo della mobilità sanitaria, ad un equilibrio tra la tutela della salute, il diritto alla scelta da parte dei cittadini e le esigenze di organizzazione e programmazione delle Regioni.

In questa prospettiva si pongono, di fatto, le previsioni della recente normativa in materia (Legge di Stabilità 2016) e quelle del Patto per la Salute 2014-2016, in cui è stabilito, all’articolo 9, l’obbligo di stipulare accordi tra le Regioni, specialmente tra quelle confinanti, per regolare le prestazioni rese ai non residenti. Le Regioni, in uno spirito di leale collaborazione, possono determinare le forme più adatte per coordinare le necessità da parte dei propri cittadini ad ottenere prestazioni, superando il concetto di residenza in favore di quello di assistenza.

Il rischio, in mancanza dei suddetti accordi e quindi in assenza di una collaborazione costruttiva e leale tra Regioni, è quello di veder violato il principio della tutela della salute e, di conseguenza, di determinare il fallimento dell’intero sistema.

L’accordo tra Regioni è, pertanto, lo strumento che consente di programmare, su scala sovraregionale, l’offerta dei servizi, evitando uno spreco di risorse; obbligando le Istituzioni territoriali ad adottare le decisioni migliori per correggere eventuali storture e migliorare l’erogazione delle prestazioni dei propri servizi sanitari.

In tale contesto, la Regione Molise, con un saldo di mobilità positivo, delinea uno scenario regionale unico in Italia, in cui il ruolo predominante è rivestito dalle Strutture private accreditate. L’ impatto che, di fatto, le stesse hanno sull’ ambito sanitario regionale, in termini di capacità attrattiva e, pertanto, con riferimento alla mobilità attiva regionale, è tale da caratterizzarne l’intero assetto strutturale, conferendogli specifiche peculiarità che lo differenziano rispetto a qualsiasi altro riferimento nazionale.

La mobilità sanitaria, dunque, è per il Molise (più che per ogni altra Regione) elemento costitutivo proprio del sistema sanitario e, pertanto, è interdipendente allo stesso. La misura eccezionale della mobilità registrata dalla Regione, è tale da far comprendere, con tutta evidenza, come la stessa abbia partecipato direttamente alla determinazione della crisi che ha colpito il sistema sanitario regionale, mettendone in gioco l’intera sostenibilità.

La definizione degli accordi interregionali, quale soluzione organizzativa per il sistema sanitario della Regione Molise, deve considerare la specificità e la tipicità del contesto, anche, evidentemente, rispetto alla presenza di strutture private che sono in grado di assorbire quasi la metà della mobilità attiva regionale, attirando cittadini dalle regioni confinanti.

L’ accordo tra più Regioni, finalizzato alla programmazione territoriale di area vasta, costituisce lo strumento migliore attraverso cui riuscire a bilanciare correttamente le esigenze in questione.

Una formula, quindi, che, in considerazione della peculiarità del caso, oltrepassa gli accordi bilaterali fra Regioni per il governo della mobilità sanitaria, di cui al Patto per la Salute 2010 – 2012 e al Patto per la Salute 2014 – 2016, ed introduce specifiche previsioni funzionali alla questione.

Ai fini di agevolare l’accessibilità all’offerta sanitaria più vicina alla residenza del paziente, anche se localizzata in un'altra regione, e ottenere il più efficiente impiego delle strutture private coinvolte, che esercitano funzioni assistenziali di alta specialità a valenza interregionale e nazionale, la soluzione è la definizione di un’intesa tra le regioni interessate.

Un “accordo interregionale di area vasta” che regolamenti i flussi di mobilità attiva della Regione Molise per le prestazioni sanitarie rese dalle strutture private accreditate del Molise in favore dei pazienti residenti nelle Regioni confinanti.

Le Regioni interessate dovranno, infatti, determinare, sulla base delle rispettive esigenze assistenziali, le specifiche prestazioni “acquistabili”, definendo, pur con i dovuti margini di tolleranza e nei vincoli della normativa, un limite qualitativo, e indirettamente quantitativo, di prestazioni assistenziali.

Un modello di accordo, replicabile anche in altre realtà regionali, che pur prevedendo un’unica Regione quale interlocutore diretto con le strutture private accreditate operanti sul proprio territorio, possa consentire una politica integrata da parte dei sistemi sanitari regionali coinvolti.

Giuseppe Massaro
Consulente Esperto in Programmazione Sanitaria

12 gennaio 2018
© Riproduzione riservata


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