Cosa fare per le demenze? Le decisioni del Galles
di Stefano A. Inglese
Tra gli ultimi Piani di azioni ufficializzati in ordine di tempo c’è quello del Galles, varato nel mese di febbraio. Il Piano sarà valido sino a tutto il 2022 e potrà contare su nuovi investimenti per 10 milioni di sterline annui, che integreranno le risorse già impegnate su questo fronte e garantiranno l’implementazione delle azioni previste dalla nuova programmazione.
12 MAG - La gran parte dei Paesi occidentali si sta muovendo, via via, per dotarsi di piani di azione strutturati per le demenze. Si tratta di una tendenza ormai consolidata, che si inserisce nel solco delle politiche avviate negli scorsi anni al livello internazionale, a partire dal G8 di Londra del dicembre 2013, interamente dedicato al tema. Tra gli impegni assunti dai Governi in quella occasione, un forte orientamento a considerare le demenze una priorità nell’agenda delle politiche di welfare, sanitario e non solo. Orientamento, questo, confermato dal Piano Globale sulle Demenze dell’OMS del maggio 2017.
Tra gli ultimi Piani di azioni ufficializzati in ordine di tempo c’è quello del Galles, varato nel mese di febbraio. Il Piano sarà valido sino a tutto il 2022 e potrà contare su nuovi investimenti per 10 milioni di sterline annui, che integreranno le risorse già impegnate su questo fronte e garantiranno l’implementazione delle azioni previste dalla nuova programmazione.
Dati epidemiologici alla mano, il Galles si attende un incremento delle diagnosi di demenza del 31% entro il 2021, con picchi sino al 44% nelle aree rurali.
Il Piano è costruito intorno a sei punti, individuati come altrettanti assi strategici per la programmazione e la predisposizione delle azioni collegate. In primo luogo un forte orientamento alla promozione di stili di vita che possano contribuire alla riduzione del rischio di sviluppare una demenza. Quindi la determinazione a migliorare la capacità di diagnosi e la sua tempestività, con una attenzione particolare per la scoperta della malattia nelle sue fasi precoci.
Terzo elemento, la consapevolezza della necessità di mantenere il paziente il più possibile al proprio domicilio sino a quando le sue condizioni lo consentano. Quarto, l’investimento in formazione di nuovi operatori per il supporto a chi ha ricevuto una diagnosi di demenza, con particolare attenzione per il personale da destinare alla assistenza primaria e domiciliare. Quinto, la formazione per gli operatori impegnati all’interno di ambienti ospedalieri, in maniera che siano in grado di fornire ai pazienti con demenza assistenza con standard di qualità elevati. Infine, ma non in ordine di importanza, il sostegno a quanti, in particolare società scientifiche e organizzazioni di tutela, sono impegnati nella promozione di campagne per la sensibilizzazione della comunità su questi temi.
Il Galles va molto fiero del suo approccio alla costruzione dei servizi pubblici, caratterizzato storicamente da un forte orientamento ai cittadini. Il nuovo Piano, come sottolinea il Governo, è stato costruito “con coloro che sanno di più su ciò che deve essere fatto per migliorare i servizi centrati sulla persona, quelli con una esperienza vissuta di demenza, le loro famiglie, i care giver”.
Tra gli strumenti utilizzati a questo scopo una consultazione pubblica estesa ed accurata, che consente alle autorità governative di ricordare con orgoglio che le politiche di contrasto alle demenze, anche grazie a questo contributo, avranno una particolare attenzione per la dimensione sociale della malattia e per il suo impatto, e saranno fortemente radicate e sviluppate all’interno delle comunità. La visione a lungo termine del Piano è orientata, infatti, alla creazione di comunità di supporto, cioè comunità che abbiano la capacità di sostenere le persone affette da demenza in modo che possano godere della migliore qualità di vita possibile. Obiettivo, questo, che richiede un cambiamento culturale a tutti i livelli della società, in grado di guardare con maggiore consapevolezza ai cambiamenti demografici e all'impatto sociale delle diverse forme di decadimento cognitivo.
Il Piano, che ha potuto contare anche su una revisione da parte del Parlamento, è stato varato unitamente alla raccomandazione di implementarlo con una forte attenzione per l’integrazione tra servizi sociali e sanitari, abbattendo qualunque barriera tra queste due aree della assistenza.
I progressi nella applicazione del Piano saranno supervisionati periodicamente da un gruppo di lavoro apposito, del quale faranno parte anche persone che convivono con la demenza, familiari e care giver, e al quale sarà demandata anche la valutazione della qualità dei nuovi servizi realizzati al livello locale.
Lo sviluppo dei Piani di azione contro le demenze nei diversi Paesi sta creando, via via, un framework al livello internazionale e una base per il benchmark tra le diverse programmazioni nazionali progressivamente approvate ed implementate. Il punto di vista di pazienti, familiari e care giver, comunità scientifica e professionale, policy maker è ormai sostanzialmente allineato su una serie di strategie comuni, fatte salve le specificità dei modelli organizzativi dei sistemi sanitari dei singoli Paesi.
Sappiamo che se le persone ricevono una diagnosi precoce di demenza e hanno accesso a informazioni appropriate, supporto e assistenza possono contare su una buona qualità della vita. Diagnosi precoce e cure ed assistenza al momento giusto e nel posto giusto rappresentano, sempre di più, due capisaldi nella costruzione di politiche efficaci di contrasto alle demenze e al loro impatto sociale.
Sappiamo anche che la stragrande maggioranza delle persone che soffrono di demenza desiderano vivere vicino alla loro famiglia e ai loro familiari, e vogliono rimanere nella loro abitazione o in case di loro scelta. La sfida che la demenza ci impone va affrontata, quindi, all’interno delle comunità di appartenenza. Dobbiamo mettere chi fa i conti con una demenza nella condizione di vivere bene e di continuare ad essere parte della famiglia e della propria comunità.
Ma non basta. Le politiche più avvedute puntano decisamente sulla conservazione della indipendenza ed autonomia delle persone con demenza il più a lungo possibile. L’esigenza di guardare con la massima attenzione alla integrazione tra politiche sanitarie e sociali trova la propria ragion d’essere, al di là di argomentazioni teoriche ormai classiche e buone pratiche professionali, anche in queste considerazioni.
In attesa di ulteriori progressi della ricerca scientifica e tecnologica, quindi, le politiche per le demenze si avviano rapidamente a consolidare nuovi equilibri e sviluppano caratteristiche che hanno bisogno di poter contare su una consapevolezza diffusa da parte della opinione pubblica, in grado di superare i confini delle comunità di malati, familiari, care giver e addetti ai lavori. Una consapevolezza orientata a promuovere e sostenere una vita autonoma e indipendente di questi pazienti all’interno delle loro comunità.
Ciò che darebbe al termine friendly, sempre più di frequente accostato a comunità, quartieri, città e perfino nazioni in relazione alla demenza, maggiore spessore e consistenza, allontanandolo da qualunque retrogusto inutilmente retorico. Il Galles sembra aver impostato bene il proprio lavoro, anche da questo punto di vista.
Stefano A. Inglese
12 maggio 2018
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