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Sempre di meno gli investimenti in sanità. Ecco perché non è solo un problema di risorse

di Giorgio Giulio Santonocito

La prima motivazione risiede, certo, nel definanziamento relativo del SSN. Ma, forse, esiste una concausa, quasi un tecnicismo, che potrebbe avere modificato sensibilmente i comportamenti del management sanitario in termini di scelte di investimento ed aggiornamento tecnologico: disincentivandolo. Ed è un decreto del 2011...

26 SET - Le aziende sanitarie hanno smesso di investire: nell’ultimo quinquennio sembra essersi drasticamente ridotto l’investimento in aggiornamento tecnologico e in edilizia sanitaria. Fonti autorevoli hanno fotografato il fenomeno: uno per tutti il “Referto al Parlamento sulla gestione finanziaria dei servizi sanitari regionali - Esercizio 2016”, della Corte dei conti.
 
La prima azienda in Italia, per fatturato e per indotto ha smesso, almeno nella sua componente pubblica, di investire su se stessa, perché?

La risposta risiede, certo, nel definanziamento relativo del SSN, che quand’anche non veda meno risorse destinate, in valore assoluto, si trova comunque ad affrontare “i nuovi bisogni di salute” con risorse pressoché bloccate. Ma, forse, esiste una concausa, quasi un tecnicismo, che potrebbe avere modificato sensibilmente i comportamenti del management sanitario in termini di scelte di investimento ed aggiornamento tecnologico: disincentivandolo.
 
Dal 2011, progressivamente, l’ammortamento nel sistema contabile della sanità pubblica non esercita più il ruolo di procedimento amministrativo contabile con il quale un costo pluriennale viene ripartito tra gli esercizi di vita utile del bene, facendolo partecipare per quote alla determinazione del reddito dei singoli esercizi, ma si svuota della sua funzione finendo per far gravare sull’esercizio di acquisizione, integralmente, il costo di acquisto del bene stesso, se acquisito con risorse “proprie”.

Se un Direttore Generale, cioè, decide l’acquisto di una attrezzatura, o il suo rinnovo, la spesa, se non è coperta da specifico finanziamento, in “conto capitale”, cadrà esclusivamente sull’esercizio di acquisizione.

A deciderlo il Decreto Legislativo 23 giugno 2011, n. 118 che prevede: “I cespiti acquistati utilizzando contributi in conto esercizio, indipendentemente dal loro valore, devono essere interamente ammortizzati nell'esercizio di acquisizione.” Non tutti i cespiti, dunque, ma solo quelli acquisiti con fondi propri dell’Azienda. 

Con la nuova tecnica di ammortamento, tramonta l’utilizzo di una delle leve più importanti in mano ai Direttori Generali, la “leva investimenti”: per cui se un manager riesce a produrre nel proprio bilancio un surplus lo reinveste in aggiornamento tecnologico innescando così meccanismi virtuosi.
Il Decreto riporta, cioè, nell’alveo della totale discrezionalità tecnica delle Regioni le scelte di finanziamento prima e di acquisizione poi di attrezzature e lavori edili.

Non è per altro l’unica norma “centralista” del Decreto: pochi articoli più avanti in ordine alla valutazione dei rischi prevede che “lo stato dei rischi aziendali è valutato dalla regione, che verifica l'adeguatezza degli accantonamenti ai fondi rischi e oneri iscritti nei bilanci di esercizio degli enti.”
Sembra il definitivo ribaltamento dell’asse dell’autonomia: asse portante della riforma del 1992, oggi declassata a mera dichiarazione di principio.
 
Occorre, ovviamente, chiedersi se esista, una effettiva corrispondenza fra la norma e l’indiscussa contrazione degli investimenti degli ultimi anni.
Certamente se si confronta il tempo medio di obsolescenza di un’attrezzatura (8 anni) e l’orizzonte temporale di un mandato medio di un Direttore Generale (tre anni), la discrasia risulta evidente, e occorre chiedersi perché un manager dovrebbe investire (in assenza di finanziamenti dedicati) e deprimere il risultato economico della sua gestione a tutto vantaggio delle future gestioni.

Anche una Azienda con ingenti disponibilità liquide non sfugge alla legge della “competenza economica” e vedrà ridursi per effetto della applicazione del Decreto, il Risultato Economico di esercizio in caso dovesse utilizzare quelle disponibilità economiche per pagare gli investimenti.
L’obiettivo della norma è proprio quello di togliere la leva gestionale in mano al management accusato di averne abusato in passato provocando un ingiusto (e costoso) allungamento dei tempi di pagamento dei fornitori.

È vero, in effetti, che fino ad un recente passato molti Direttori hanno malamente sfruttato la “leva investimenti”, in assenza di disponibilità finanziarie, contando proprio sul meccanismo degli ammortamenti per spalmare la spesa su un orizzonte temporale più lungo, salvo poi dover pagare alla consegna, i fornitori cui, appunto, è toccato aspettare anche anni, il pagamento.
E’ quantomeno ragionevole pensare che la coincidenza fra la piena applicazione della norma e la flessione delle curve di investimento in Sanità, non possa essere casuale.

Per la prima volta la contabilità da strumento di rappresentazione della realtà aziendale diventa uno strumento in grado di modificare la realtà stessa.
Quali evoluzioni e prospettive dobbiamo attenderci nel prossimo futuro e quali aggiustamenti consentiranno agli investimenti in aggiornamento tecnologico di ripartire, se pure in un quadro armonico di equilibrio finanziario aziendale?

Il «Patto per la salute 2014-2016», se ne preoccupa: “… si sottolinea la necessità di avviare una riflessione sui meccanismi di ammortamento degli investimenti in innovazione …, attraverso una rimodulazione o una deroga, anche parziale, del Decreto Legge n. 118 del 2011”.

L’innovazione sta, cioè, cercando un percorso per uscire dalle pastoie burocratiche che le norme hanno stretto intorno alla sanità pubblica:
non si può non concludere che l’evoluzione dei sistemi contabili, sembra avere trovato il suo acme con il Decreto 118/2011, allorché “i sistemi contabili sono [divenuti] una forma di comunicazione che da un lato rappresenta la realtà, dall’altro costruisce tale realtà” (Broadbent and Guthrie 1992).

Solo una prospettiva storica può aiutare a comprendere le evoluzioni e le prospettive della Sanità Italiana e dei sistemi di contabilizzazione che, plasticamente, ad esse si adattano.
 
Leggi qui lo studio integrale.
 
Giorgio Giulio Santonocito 
Commissario dell’ARNAS Garibaldi di Catania

26 settembre 2018
© Riproduzione riservata


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