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Cancro al seno. Lo screening organizzato costa il 65% in meno di quello fai da te


È quanto emerge da un’indagine effettuata tra il 2009 e il 2011 in sei aziende sanitarie italiane. Il costo dell’esame per donna che accede tramite il programma di massa organizzato è in media di 55,5 euro contro i 91,7 euro degli screening ad accesso individuale spontaneo. Ecco lo studio.

07 MAR - I programmi di screening standardizzati organizzati dalle Asl, basati sull’invito sistemico della popolazione in età sensibile, sono più conveniente, dal punto di vista economico, ad un accesso spontaneo ed individuale agli esami diagnostici dove il servizio offre la disponibilità di molteplici e contemporanee prestazioni diagnostiche senza alcuna azione di filtro rispetto alla presenza o meno di sintomi. Lo dimostra un’indagine sugli screening alla mammella effettuata negli anni 2009-2011 in sei Aziende sanitarie italiane e ora pubblicato dall’Osservatorio nazionale screening.

L’indagine, coordinata da Paola Mantellini, è stata realizzata nell’ambito di un progetto finanziato con fondi del ministero della Salute relativi al Piano nazionale screening 2007-2009. Obiettivo: misurare l’efficienza dei programmi di screening mammografico attivi (con diverse modalità organizzative) in quattro regioni italiane (Veneto, Emilia-Romagna, Toscana e Basilicata, per un totale di sei centri partecipanti: Verona, Bussolengo, Forlì, Firenze, Arezzo, Potenza), confrontandoli contemporaneamente con l’efficienza dei sistemi di diagnosi precoce ad accesso spontaneo.

I risultati parlano chiaro: se il costo per donna esaminata dello screening organizzato nei sei programmi studiati mostra importanti differenze da Asl ad Asl (quasi il 50 % fra il migliore e il peggiore), tuttavia questa tipologia di programmi permettono comunque un risparmio di circa il 65% rispetto ai programmi di screening spontaneo. E questo, a prescindere dalle singole modalità organizzative, vale sia per il Nord che per il Sud d’Italia.

Nel dettaglio, infatti, il costo medio per una donna esaminata tramite programma organizzato è di 55,5 euro contro i 91,7 euro nelle attività ad accesso spontaneo). “Questo vale per quattro centri su cinque in cui è stato possibile eseguire il confronto”, si legge nel rapporto che illustra l’indagine, che precisa come “dove non esiste differenza (l’Ispo di Firenze) è perché in quella situazione si è adottato anche per le donne con accesso spontaneo un protocollo organizzativo simile a quello dello screening organizzato”.

Le indicazioni emerse dall’indagine, secondo Marco Zappa, direttore Osservatorio Nazionale Screening. “sono molto forti: in primo luogo che lo screening organizzato è in grado di essere più efficiente dell’accesso spontaneo. Poi che anche nell’accesso spontaneo la logica degli esami sequenziali, piuttosto che contemporanei, è più efficiente”. Indicazioni che “valgono per il decisore (nazionale, regionale o aziendale che sia), ma valgono anche per gli operatori che sono chiamati a organizzare il servizio”.

Nei Paesi occidentali il tumore della mammella è la neoplasia più frequente nel sesso femminile rappresentando circa un quarto di tutti i tumori che occorrono nelle donne. Nell’ultimo ventennio, a fronte di un aumento di incidenza che riconosce molteplici cause (diagnosi precoce, cambiamento degli stili di vita), si è osservata una riduzione di mortalità specifica di circa il 20% e alcune valutazioni basate su modelli statistici hanno evidenziato che la combinazione dello screening mammografico e del trattamento adiuvante ha giocato un ruolo cruciale.

Sulla base delle evidenze scientifiche, in Italia lo screening mammografico rivolto alle donne in fascia di età 50-69 anni è stato inserito tra i livelli essenziali di assistenza e le Raccomandazioni sugli screening oncologici emanate dal ministero della Salute nel 2006 si sono poste come obiettivo prioritario la completa estensione a tutto il territorio nazionale dei programmi di screening organizzato. Le Raccomandazioni hanno invece lasciato libertà di scelta alle Regioni in merito all’estensione del programma alle donne in fascia di età 40-49 anni e 70- 74 anni sulla base delle risorse disponibili e di valutazioni di costo efficacia.

In Italia il programma di screening organizzato prevede l’offerta di una mammografia a intervallo biennale: nel 2009 l’estensione effettiva è stata del 70,7%, mentre l’adesione è stata pari al 56%, con tassi di richiamo all’approfondimento diagnostico del 6% e tassi di identificazione per tumore del 5 per mille. Sia per quanto riguarda l’estensione che l’adesione si registra un gradiente Nord-Sud con valori più bassi nelle regioni meridionali. In questi ultimi anni si è osservato un progressivo aumento di adesione ai programmi di screening.

Secondo i dati riportati nello studio, in cui si sottolinea però come in Italia la disponibilità di informazioni su volumi e consistenza dello screening opportunistico “è stata sempre piuttosto frammentaria”, rilevano che il 61% delle donne tra i 40 e i 49 anni ha eseguito una mammografia di screening almeno una volta nella vita e che il 30% delle donne 50-69enni effettua, in deroga alle raccomandazioni, una mammografia preventiva una volta l’anno. “Seppur approssimativamente, si può quindi ipotizzare che una quota parte anche consistente di attività preventiva si realizzi al di fuori dei programmi di screening organizzato. La mancanza di queste valutazioni – secondo gli esperti che hanno lavorato all’indagine - ha quindi rappresentato una carenza rilevante, anche in considerazione della disponibilità limitata di risorse, per una appropriata pianificazione delle strategie sanitarie regionali e nazionali in tema di prevenzione del tumore della mammella e per la progettazione di studi epidemiologici di valutazione di impatto delle varie modalità organizzative”.

 

07 marzo 2012
© Riproduzione riservata


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