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Misure anti-Covid 19: una risposta all’invito di Massimo Giannini ad avanzare proposte concrete

di Roberto Polillo

Accettando l’invito del direttore de La Stampa colpito dal Covid a non limitarsi a criticare il governo provo ad avanzare alcune proposte che ci aiutino ad uscire dal contagio, con la premessa che qualora l’indice RT superasse il valore critico, come in questi giorni, saranno necessarie ampie misure di lockdown per il tempo necessario a riportare la situazione dei contagi a un livello in cui si può finalmente procedere a un contact tracing degno di questo nome

02 NOV - Il Direttore del quotidiano “La StampaMassimo Giannini, nel darci la sua toccante testimonianza sulla sua degenza in terapia intensiva perché affetto da Covid 19, ha anche proposto che per senso di responsabilità chiunque sollevasse delle critiche alle misure adottate dal governo, al fine del contenimento del contagio, dovrebbe sentire come obbligo morale quello di proporre delle soluzioni alternative.
 
Una proposta assolutamente condivisibile e che tuttavia per diventare un vero “lodo Giannini” dovrebbe essere integrato dal pari impegno della parte pubblica di dare risposta, dopo attenta valutazione, alle contromisure suggerite da tecnici e forze politiche non governative.
 
Un impegno che è mancato al Presidente Conte e purtroppo anche al viceministro della Salute Pier Paolo Sileri, di cui apprezzo serietà e competenza, nel ricevere una proposta di due eminenti scienziati il Prof. Antonio Crisanti, parassitologo dell’università di Padova, e il Prof. Massimo Galli, ordinario di Malattie infettive e primario dell’Ospedale Sacco in cui, come ampiamente noto, si suggeriva di portare il numero di tamponi a 400.000 per saggiare tutti i contatti di soggetti positivi, anche (e soprattutto) se asintomatici.
Una proposta, forse oggi superata dal precipitare dell’infezione, ma assolutamente valida e che dovrà essere ripresa in considerazione non appena di sarà riusciti a raffreddare la curva, ormai esponenziale dei contagi.
 
Nel “lodo Giannini”, l’impegno al senso di responsabilità, dovrebbe poi riguardare anche il contenuto di quanto esternato in occasioni pubbliche.
 
Gli scienziati dovrebbero rendersi conto che, in mancanza di dati vagliati da referee indipendenti come avviene nella pubblicazione di un paper scientifico, quanto si sostiene sui media rimane soltanto un’opinione personale che, sebbene autorevole, non fa certo dottrina ma che è in grado di influenzare i comportamenti degli ascoltatori.
 
Il governo dovrebbe evitare di fornire dati imprecisi, come ha fatto pochi giorni orsono il Commissario al COVID dott Domenico Arcuri sostenendo che il tasso degli asintomatici è pari all’80%, contraddicendo i dati dell’indagine Istat sulla prevalenza degli anticorpi nella popolazione italiana e quelli di ISS e CCD che fissano l’asticella al 40-50%. Altra cosa sono ovviamente i pauci-sintomatici a cui forse faceva impropriamente riferimento il Commissario
 
L’assunzione di misure atte al raffreddamento del contagio dovrebbe innanzitutto tenere conto delle specifiche modalità, ormai acclarate, con le quali il virus Sars Cov 2 si diffonde da soggetto a soggetto e che sono molto diverse sia quelle utilizzata dai virus a rapidissima diffusione come morbillo, varicella e sia da quelli a più lenta diffusione come gli influenzali.
 
Altrettanto importante definire i luoghi e le circostanze dove la seconda ondata, o meglio la coda della prima mai esaurita, ha tratto, con maggiore probabilità carburante per crescere. Aspetti epidemiologici su cui dobbiamo concentrare la nostra attenzione per predisporre misure efficaci a bloccare l’ulteriore crescita del contagio e che debbono tenere nel debito conto quanto adottato con successo in paesi come, Taiwan, Vietnam, Corea del Sud, Singapore, Australia, Nuova Zelanda e soprattutto Cina dove il contagio è stato arrestato. Per quanto riguarda quest’ultimo paese di grande interesse il “Newsdeck” di The Lancet vol 20 Novembre 2020 a firma di Talha Burki dal titolo “China’s successful control of COVID-19”).
 
Allo stato attuale, tenuto conto di quanto pubblicato sulla stampa scientifica internazionale, mi sembra che queste siano le evidenze finora emerse in tema di epidemiologia del contagio:
1) La diffusione del virus Sars Cov 2 avviene principalmente attraverso droplets respiratorie esalate da individui infetti. Queste goccioline sono di due tipi: quelle più grossolane cadono rapidamente sul terreno entro una distanza inferiore a 6 piedi (180 centimetri); quelle di dimensioni minori chiamate areosol rimangono presenti nell’ambiente per lungo tempo sia a corto raggio che a distanze maggiori decrescendo in concentrazione man a mano che si allontanano dalla fonte. Questi areosol in particolari condizioni ambientali (spazi ristretti e poco ventilati) o in presenza di attività che ne potenziano l’emissione (canto o esercizio fisico) sono in grado di trasmettere l’infezione a soggetti recettivi.
 
2) Le droplets esalate possono essere prodotte non solo con la tosse e gli starnuti, ma anche con il parlare e il semplice respiro; è stato dimostrato che un soggetto che parli ad alta voce è in grado di emettere più di 1000 virioni al minuto, in particelle di acqua e muco, assimilabili al particolato fine, che possono persistere a lungo in sospensione nell’aria in spazi limitati o poco ventilati.
 
3) La percentuale di soggetti infetti e asintomatici è nell’ordine del 40-45% del totale e questi soggetti sono in grado di trasmettere il virus e infettare altre persone. Tale modalità di contagio è responsabile del 50% circa di tutte le infezioni.
 
4) Un ruolo importante nella diffusione rivestono i cosiddetti super-spreader, soggetti asintomatici in grado di contagiare, a loro insaputa, decine e decine di persone.
 
5) La crescita dei contagi registratasi a partire dal mese di ottobre, secondo il Prof Roberto Battistin ha trovato origine dalla scuola che in sei regioni ha aperto i battenti il giorno 24 settembre e nelle altre regioni 9 giorni prima; giorni che diventano di fatto 4 a causa delle chiusure per le elezioni. Successivamente alla seconda settimana di apertura (del tutto corrispondente al periodo di incubazione di Sara COV 2) il ritmo di crescita dei contagi rispetto al resto della popolazione è stato estremamente più alto in ambiente scolastico: personale docente+200%; personale non docente + 167%; studenti+ 265%. Un incremento che senza opportune contromisure è destinato a crescere ulteriormente come dimostra il caso della città di Milano che in un solo giorno (30 ottobre) ha registrato 230 nuovi casi con 4000 persone in quarantena a fronte dei 249 casi registrati nell’arco di tutta la precedente settimana. Un dato non necessariamente legato solo all’ambiente scolastico ma alle attività peri-scolastiche come le modalità di raggiungimento della sede scolastica (mezzi di trasporto pubblico principalmente con la messa in moto di circa 8 milioni di persone) e agli assembramenti che questo comporta (ragazzi all’uscita della scuola e genitori in attesa dei bambini della scuola primaria).
 
6) La diffusione del contagio tra gli studenti è stata inevitabilmente riportata tra le mura domestiche con casi secondari nei parenti stretti e questo ha fatto sì che l’80% delle nuove infezioni avvenisse in ambito familiare.
 
7) La letalità da Covid 19 è direttamente legata all’età dei pazienti e alla presenza di malattie croniche: al 13 ottobre su 37.000 morti solo 409 avevano meno di 50 anni e solo 19 meno di 30. Di fatto nel nostro paese l’82% dei deceduti aveva più di 70 anni e il 94% più di 60.
 
8) Il termine più approvato per descrivere l’attuale situazione demica allora dovrebbe essere quello di “sindemia” come suggerito dall’autorevole rivista The Lancet che sottolinea come la storia di Covid 19 non è così semplice. Due categorie di malattie interagiscono all’interno di popolazioni specifiche: l’infezione con la sindrome respiratoria grave Coronavirus 2 e una serie di malattie non trasmissibili (NCD). Queste condizioni si raggruppano all’interno di gruppi sociali secondo modelli di diseguaglianza profondamente radicati nella nostra società” di cui bisogna tenere conto per politiche sanitarie efficaci (R. Horton, Lancet 26 settembre 2020).
 
Accettando dunque l’invito di Giannini a non limitarsi a criticare il governo, al quale si può purtroppo imputare di avere sprecato 4 mesi di tempo e di non avere preparato il paese alla inevitabile seconda ondata, provo ad avanzare alcune proposte che ci aiutino ad uscire dal contagio, con la premessa che qualora l’indice RT superasse il valore critico, come in questi giorni, saranno necessarie ampie misure di lockdown per il tempo necessario a riportare la situazione dei contagi a un livello in cui si può finalmente procedere a un contact tracing degno di questo nome.
 
E’ diretta conseguenza di quanto prima esposto che le azioni dovrebbero essere rivolte alla protezione delle fasce a rischio (anziani e soggetti con patologie croniche) all’interruzione della circolazione del virus nell’ambiente scolastico e domestico e all’immediata identificazione dei soggetti asintomatici o pre-sintomatici, essendo questo l’unico mezzo per interrompere la catena di trasmissione.
 
Azioni che non possono essere la semplice emanazioni di DPCM governativi, ma dovrebbero vedere la partecipazione attiva dei presidenti di regione e dei sindaci delle principali città dove peraltro il contagio è più diffuso. In città come Roma dovrebbero inoltre essere coinvolti anche i minisindaci, presidenti delle diverse circoscrizioni, alcune delle quali più estese della città di Bologna, specie per quanto riguarda la definizione di un “indice di affollamento” dei mezzi pubblici necessari al raggiungimento dei diversi istituti scolastici.
 
Per quanto riguarda il primo punto ritengo che la proposta di isolare gli anziani over 70 o 65 è, nei termini proposti da ISPI, irrealizzabile ed iniqua. Gli anziani vano protetti con una serie di azioni che non vadano nella direzione della ghettizzazione.
 
Si tratta allora di predisporre una serie di misure in parte già esistenti:
• Riattivare l’assistenza domiciliare ai soggetti fragili utilizzando quanto fatto contro le ondate di calore nelle città metropolitane (Milano, Genova, Roma o Palermo)
 
• Sensibilizzare i familiari nell’uso di mascherine anche tra le mura domestiche in caso di coabitazione con anziani
 
• Prevedere orari differenziati per l’accesso ai supermercati o alle farmacie
 
• Potenziare le strutture comunali dedicate all’ascolto delle persone fragili onde potere intervenire rapidamente
 
• Differenziare più nettamente ospedali COVID da non COVID onde non scoraggiare malati di altre patologie nel recarsi in ospedali in caso di necessità
 
• Riattivare le strutture ambulatoriali, oggi fortemente sottoutilizzate garantendo la massima protezione, oggi possibile, per medici e pazienti
 
Per quanto riguarda la scuola superato l’inevitabile periodo di lockdown è indispensabile adottare le soluzioni allo specifico contesto urbano:
• Distribuire le lezioni delle medie e superiori su due turni diversi: ante e postmeridiani onde evitare inutili assembramenti
 
• Prevedere in ogni classe l’utilizzo di apparecchi di ricircolo dell’aria con filtri HEPA (specie dove non sia possibile garantire un sufficiente richiamo di aria naturale)
 
• Fornire gli insegnanti di microfoni onde evitare che debbano alzare troppo la voce aumentando così l’emissione di areosol
 
• Prevedere l’utilizzo di autobus privati in convenzione per impedire, laddove necessario nelle grandi città, l’uso da parte degli studenti dei mezzi pubblici promiscui alleggerendo così il trasporto pubblico
 
Ultimo punto, di interesse strategico da riprendere con forza appena sarà abbattuta la curva del contagio, potenziare, ma forse sarebbe meglio attivare le procedure, finora inefficaci, di contact tracing. Tracciare i contatti significare identificare precocemente i soggetti che diventeranno sintomatici a distanza di qualche giorno o che resteranno asintomatici per tutto il corso della malattia.
 
Un tracciamento che ovviamente deve comportare l’immediata esecuzione di tamponi di tipo antigenico e di tipo molecolare, nel caso di positività del primo test, in numero sufficiente e nell’odine dei 400.000, come già proposto dal Prof Crisanti.
 
Per svolgere tale attività dovrebbe essere reclutato nuovo personale, essendo l’attualmente impiegato (circa 9000 persone) del tutto insufficiente e per fare questo dovrebbe essere utilizzato l’esercito, la protezione civile e medici volontari specie se non più giovani o con discipline diverse da quelle dell’emergenza-urgenza. Un grande piano di mobilitazione che cambierebbe significativamente la nostra capacità di isolare i positivi e di contenere da qui al 2022 (quando forse un vaccino riuscirà a garantire un’immunità di gregge), le inevitabili recrudescenze dell’infezione prima del suo sostanziale eradicammento.
 
Rimangono poi altri due aspetti da affrontare e relativi alla qualità dei dati disponibili e al potenziamento della risposta territoriale alla pandemia.
 
Per quanto riguarda i dati disponibili noi continuiamo a non conoscere in che proporzioni il virus sia presente nelle scuole, negli uffici pubblici, negli ospedali e tra gli utenti dei mezzi pubblici perché non è stato definito un campionamento in grado di dare un quadro statisticamente apprezzabile. Non si capisce perché non sia stato richiesto all’Istat, che con successo ha realizzato l’indagine campionaria sulla siero-prevalenza, di implementare nuovi modelli in grado di verificare la circolazione dl virus in tempi reali, oggi possibili con i tamponi antigenici o salivari. L’impressione è quello di un primitivismo epidemiologico che lascia sconcerti.
 
Per quanto riguarda il potenziamento delle cure territoriali basterebbe generalizzare quanto si sta realizzando a Parma dove sono attive delle squadre, anche queste costituite da MMG e medici riservisti, per la gestione domiciliare dei pazienti con COVOD paucisintomatico.
 
E’ evidente come la prassi seguita dalla stragrande maggioranza di MMG di limitarsi a consulenze telefoniche sia del tutto inutile e potenzialmente controproducente: non si può infatti formulare una diagnosi neanche di probabilità e non si riesce a disincentivare l’accesso del paziente al PS, unico luogo dove potere ricevere una diagnosi. Anche in questo campo bisognerebbe recuperare ritardi decennali e chiedere ai MMG di optare, una volta per tutte per una vera integrazione con il resto del personale, rinunciando alla loro storica e irragionevole separatezza da ogni conteso di cura.
 
Roberto Polillo
 
 
 

02 novembre 2020
© Riproduzione riservata


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