Diabete. Se i pazienti non si curano, la spesa sanitaria sale. Oltre 10 miliardi l’anno
Solo 7 su 10 misurano la glicemia ogni anno, il 64% fa il test per l'emoglobina glicata, meno di un terzo si sottopone agli screening per nefropatia, 4 su 10 seguono bene le terapie. Ma mentre la salute scende, la spesa e i ricoveri crescono. A dirlo uno studio italiano di 15 anni su 500mila pazienti.
29 MAG - Gli esperti la definiscono epidemia ormai da qualche tempo e quello dell’aumento del numero di diabetici è un trend che non accenna a diminuire. In Italia la malattia riguarda ormai circa 4 milioni di persone e il numero di pazienti è aumentato del 70 per cento negli ultimi quindici anni.
Tra i vari problemi che questo comporta, preoccupano in particolare i tanti casi di ipoglicemia: più di 130 persone al giorno finiscono in pronto soccorso con la glicemia troppo bassa, circa 8000 vengono ricoverati. Si tratta ogni anno 50mila malati. Il problema, secondo i dati della più recente ricerca dell'Osservatorio ARNO Diabete del Cineca, durato 15 anni e realizzato in collaborazione con la Società Italiana di Diabetologia (SID), è proprio nella cura: i pazienti non sono curati al meglio, solo il 70 per cento fa il test della glicemia almeno una volta all'anno, soltanto il 64 per cento controlla l'emoglobina glicata, neppure il 30 per cento si sottopone agli screening per la funzione renale. Ma nel frattempo, paradossalmente, continua a salire la spesa sanitaria per la malattia, che ha ormai sforato i dieci miliardi di euro all'anno. I dati sono stati presentati e discussi in occasione del 24° Congresso Nazionale della SID a Torino dal 23 al 26 maggio.
I dati sono stati raccolti dall'Osservatorio ARNO-Diabete su oltre 500 mila diabetici:il database dell'Osservatorio è stato ottenuto integrando i flussi sanitari (farmaci prescritti, ricoveri, accesso a prestazioni specialistiche) di ogni singolo paziente di una rete di 32 ASL, per un totale di quasi dieci milioni di italiani. I diabetici inclusi nell'Osservatorio sono appunto all’incirca 544.000, un campione ampio, che permette di scattare una fotografia molto precisa dell'assistenza ai diabetici e delle loro caratteristiche. “I dati raccolti dipingono il quadro di una malattia in continua crescita, con un gradiente crescente nord-sud e un incremento del numero dei casi pari al 70 per cento negli ultimi quindici anni”, ha spiegato
Stefano Del Prato, presidente eletto SID. “Nelle donne la prevalenza è cresciuta del 50 per cento e negli uomini di quasi il 90 per cento, tanto che oggi nel sesso maschile l'incidenza di nuovi diabetici è pari a 7 casi per anno ogni mille persone. Purtroppo i malati non vengono tuttora curati al meglio: solo il 64% esegue almeno una volta all'anno una misurazione dell'emoglobina glicata, prezioso indice dell'andamento e del grado di controllo della glicemia nel tempo. Lo screening della nefropatia diabetica, il più forte predittore di rischio cardiovascolare nei diabetici, viene effettuato una volta all'anno da meno di un terzo dei malati. Abbiamo stimato inoltre che l'aderenza alle cure arrivi al 30-40 per cento dei pazienti: non basta, dovremmo arrivare almeno al 70-80 per cento”.
Cure non ottimali vuol dire più complicazioni. Ecco perché tutto questo comporta rischi maggiori per i pazienti: nonostante si siano ridotti di circa il 40 per cento negli ultimi dieci anni, continuano a verificarsi numerosi casi di ipoglicemia e soprattutto al sud. “I nostri dati indicano che ogni anno circa 50mila diabetici vanno in pronto soccorso per un calo drastico della glicemia, circa 8000 devono essere ricoverati”, ha spiegato
Giulio Marchesini Reggiani, direttore della Struttura Dipartimentale di dietetica clinica del Policlinico Sant'Orsola di Bologna e responsabile dell'Osservatorio ARNO- Diabete per la SID. “L'ipoglicemia è una delle complicanze più temute del diabete, con un grosso impatto sulla qualità della vita dei pazienti. Quando, seguendo la terapia per abbassare la glicemia, ci si avvicina alla soglia di normalità fatalmente cresce il rischio di ‘esagerare’ nel verso opposto e andare incontro a cali eccessivi degli zuccheri nel sangue, che possono portare al coma o a perdite momentanee della coscienza che purtroppo hanno anche conseguenze gravi, se ad esempio avvengono mentre ci si trova alla guida.”
Gli esperti spiegano che i farmaci che aumentano maggiormente il rischio di crisi ipoglicemiche sono le cosiddette sulfoniluree che stimolano la produzione di insulina. Per ridurre i rischi esistono però oggi medicinali ‘intelligenti’, che inducono la sintesi dell'ormone solo quando la glicemia è alta, interrompendola quando si avvicina a valori normali. “Principi attivi di questo tipo sono già teoricamente disponibili (sono i farmaci incretinici di cui vi abbiamo già parlato
qualche giorno fa), ma il loro utilizzo è fortemente limitato per il costo più elevato. Così, per risparmiare un po’ sul bilancio dei farmaci, si spende molto di più in ricoveri facilmente evitabili”, ha spiegato Marchesini Reggiani.
I farmaci sono peraltro un'importante voce della spesa associata al diabete,in crescita esponenziale visto l'aumento vertiginoso e continuo dei casi: benché i medicinali rendano conto di meno di un terzo dei costi complessivi (la parte del leone la fanno complicanze e ricoveri), il Servizio Nazionale negli ultimi quindici anni ha visto crescere del 132 per cento la spesa per farmaci, con punte di incremento del 184 per cento nel caso degli analoghi dell'insulina, usati da circa il 20 per cento dei diabetici. “In realtà se usassimo meglio i farmaci potremmo ridurre le complicanze, che oggi drenano gran parte delle risorse economiche destinate al diabete: dei circa 2800 euro l'anno spesi per ogni diabetico, 1600 derivano dai ricoveri “, ha spiegato il medico. “Il tasso di ospedalizzazione è infatti del 31 %, circa l'80 % in più rispetto a chi non ha diabete. Per ridurre la frequenza e i costi di tali complicanze limitando al tempo stesso il loro impatto sulla qualità di vita dei diabetici occorre potenziare e razionalizzare l'assistenza diabetologica sul territorio, accorpando le competenze specialistiche in strutture in grado di curare i pazienti più complessi e di identificare le complicanze prima che diano segni clinici evidenti: così facendo si possono dimezzare i casi in cui le complicanze del diabete diventano di difficile gestione”.
29 maggio 2012
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