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Ma vogliamo parlare dei diritti di chi si è vaccinato?

di Enrico Rossi

Sarebbe inaccettabile che per seguire una minoranza no vax si finisse per deludere la maggioranza degli italiani che hanno scelto di vaccinarsi, venendo anche meno al dovere di tutelare un diritto fondamentale come quello della salute

10 SET - In certi momenti, a seguire il dibattito politico sui vaccini, viene da chiedere se ci sia veramente qualcuno che voglia assumersi la responsabilità di difendere i diritti di coloro che si sono sottoposti al vaccino, ai disagi e ai problemi di accesso ai centri di somministrazione, al malessere a volte conseguente alla iniezione, e ai rischi ben più gravi che, seppure in casi limitatissimi, non potevano essere esclusi.
 
La grande maggioranza del popolo italiano ha fatto questa scelta per difendere la propria salute e quella della collettività, in nome di un’ idea di solidarietà che il presidente Mattarella ha richiamato con tanta forza come dovere morale civico.
 
A mio avviso, solo la scelta di procedere all’obbligo vaccinale può essere coerente con questa impostazione.
Infatti la risposta di Draghi alla domanda su questo argomento è stata positiva e laconica, non avrebbe dovuto lasciare dubbi. Ma il giorno dopo, piuttosto che prendere spunto per sollecitare un’iniziativa legislativa, anche tra le forze politiche più responsabili sono cominciati i distinguo, rinviando l’obbligatorietà a valutazioni successive e ridando spazio a coloro che con ambiguità giocano sulla salute della gente per una manciata di voti.
 
Si perde tempo prezioso nella lotta contro la pandemia in una situazione in cui non possiamo avere certezze su quello che ci aspetta.
Antony Fauci, pochi giorni fa, sosteneva la necessità di vaccinare il maggior numero possibile di persone, di farlo velocemente per “tenere, in autunno, tutto sotto controllo” ed iniziare la distribuzione della terza dose.
 
Per la politica è il momento di parlare chiaro ai cittadini, di trattarli come adulti, scriveva Claudio Cerasa sul Foglio, facendo crescere la consapevolezza che se non è realistico pensare ad una fine imminente del Covid, si può tuttavia essere ottimisti nel contrastarlo e nell’impedire effetti devastanti in termini di mortalità e di tenuta del sistema sanitario, economico e sociale.
 
Procedure con il green pass con una gradualità estenuante, come stiamo facendo, rischia di rallentare gli interventi e di creare una serie di contraddizioni difficilmente sostenibili che fanno perdere credibilità alla stessa campagna di vaccinazione.
Come spiegare ai pendolari, per fare solo un esempio, che il green pass è obbligatorio per i treni dell’alta velocità e non per quelli regionali?
 
Soprattutto, come pensare di gestire gli accessi con il green pass attraverso controlli quotidiani, come avviene nelle scuole o in tante realtà lavorative dove per ora si entra liberamente ma si deve esibire il certificato per andare a mensa.
 
Tutto questo, contestualmente al fatto che la certificazione allargherà il suo ambito di applicazione, finirà per diventare di difficile gestione e per creare ulteriori disagi prima di tutto a coloro che responsabilmente si sono vaccinati.
 
Per questo, a mio avviso, è necessaria una legge quadro nazionale che, sulla base di regole ben definite consenta di utilizzare un’anagrafe nazionale per agevolare l’accesso dei vaccinati innanzitutto nei luoghi di lavoro e in altri spazi e servizi pubblici, fermo restando la possibilità e il dovere per i non vaccinati di esibire il tampone senza che la spesa sia a carico del SSN.
 
Questa legge sulla obbligatorietà vaccinale, per tutti coloro che hanno più di 12 anni e ad esclusione delle persone affette da patologie incompatibili, potrebbe poi avere gradualità nell’applicazione e coinvolgere le forze sociali a livello nazionale e locale con intese volte alla migliore gestione e alla tutela dei diritti delle persone.
 
In altre parole, deve esserci un momento in cui chi è vaccinato viene liberato dall’obbligo di esibire costantemente la certificazione e questo obbligo di esibire il tampone viene spostato sui non vaccinati, pena le dovute sanzioni.
 
Si tratta di pensare ad una iniziativa che colga il dato positivo della grande prova di responsabilità data dai cittadini e da tanti lavoratori, che si sono spontaneamente vaccinati, evitando che nella narrazione e nella considerazione abbiano predominio i no vax.
Per fortuna ci sono nel nostro Paese più cose positive di quanto si riesca ad immaginare.
 
È accaduto in Toscana nello stabilimento Prada dove il medico competente ha distribuito ai circa 2.400 lavoratori un questionario, ricevendo da oltre 2.100, una risposta immediata mentre ancora erano in corso le trattative tra sindacati e azienda. Per coloro che non sono vaccinati, l’azienda ha previsto di pagare il tampone. L’ effetto, mi diceva un sindacalista, è stato rilevato che soprattutto i giovani e le donne hanno scelto in gran numero di vaccinarsi e che nessun caso di discriminazione si è potuto finora rilevare.
 
Sarebbe inaccettabile che per seguire una minoranza si finisse per deludere la maggioranza e per non tutelare un diritto fondamentale come quello della salute.
 
Enrico Rossi

10 settembre 2021
© Riproduzione riservata


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