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Libera professione per i professionisti sanitari del comparto: da cambiamento rivoluzionario a diritto a scadenza?

24 OTT - Gentile Direttore,
il “Decreto Bollette” (DL 34/2023), convertito successivamente nella legge 56/2023, ha introdotto una significativa e attesa novità per i professionisti sanitari del comparto del Servizio Sanitario Nazionale (SSN): la possibilità di esercitare la libera professione al di fuori dell'orario di servizio. Questo provvedimento rappresenta un passo avanti importante, volto a colmare una disparità storica tra i dirigenti del SSN, già autorizzati alla libera professione da quasi trent’anni, e le altre 22 professioni sanitarie del comparto sanità ex l. 43/2006 (infermieri, fisioterapisti, tecnici sanitari, ostetriche, ecc.).

Il diritto di esercitare la libera professione offre non solo un'opportunità per migliorare le condizioni lavorative ed economiche di questi professionisti, ma anche un beneficio economico per lo Stato, grazie al maggior gettito fiscale derivante dalle prestazioni libero-professionali. In un momento in cui i fondi per il rinnovo del CCNL in ARAN sono scarsi e le risorse pubbliche limitate, la libera professione si presenta come una soluzione a costo zero per lo Stato per il riconoscimento e la valorizzazione di questi professionisti. Senza necessità di investimenti diretti, il sistema può beneficiare delle competenze già esistenti nel personale sanitario, migliorando sia l’efficienza che la qualità delle prestazioni offerte.

Tuttavia questa apertura normativa, sebbene sia un segnale di cambiamento, rischia di rimanere un’illusione temporanea; la sua portata, infatti, è limitata da due fattori che stanno compromettendo l’impatto a lungo termine:

1. Validità temporanea. Il diritto alla libera professione è limitato al 31 dicembre 2025, senza alcuna garanzia di proroga o stabilizzazione. Ciò crea incertezza per i professionisti, che non possono pianificare con sicurezza investimenti personali o professionali.

2. Mancata applicazione a livello aziendale. Nonostante l’accordo Stato-Regioni preveda una chiara applicazione di questa norma, molte Aziende Sanitarie stanno ritardando nel recepirla e applicarla, limitando di fatto la possibilità per i professionisti di avviare una libera professione.

A quasi un anno dalla scadenza prevista, né il Governo né il Parlamento hanno presentato proposte per estendere o rendere permanente questa disposizione. Il rischio concreto è che questa apertura, nata per risolvere una discriminazione professionale, finisca per essere una parentesi temporanea, senza il necessario impatto strutturale. In tal modo, si vanificherebbe l’occasione di riconoscere e valorizzare pienamente il ruolo di questi professionisti all’interno del SSN.

Le conseguenze di una mancata proroga e, soprattutto, stabilizzazione di questo diritto potrebbero essere gravi: si negherebbe a questi professionisti la possibilità di migliorare la propria condizione economica e lavorativa, a discapito di una già difficile attrattività delle carriere sanitarie, favorendo un esodo di competenze verso il settore privato, in un momento in cui il SSN soffre già di una grave carenza di personale qualificato. Una libera professione definitiva e meno restrittiva potrebbe anche contribuire a ridurre la pressione sui servizi sanitari pubblici e migliorare la qualità complessiva delle prestazioni offerte ai cittadini.

Per evitare che questa opportunità si trasformi in un'occasione persa, è indispensabile un intervento immediato da parte delle istituzioni politiche, delle organizzazioni sindacali e delle federazioni nazionali degli ordini professionali (FNOPI, FNOFI, FNO TSRM e PSTRP). Chiediamo ai parlamentari, in primis ai rappresentanti delle commissioni sanità, di presentare emendamenti per rendere permanente il diritto alla libera professione per i professionisti sanitari non dirigenti, eliminando i limiti temporali e burocratici attualmente in vigore. Ai sindacati e agli ordini professionali si richiede un’azione forte e decisa a tutela degli interessi delle categorie coinvolte.

È quindi fondamentale e urgente estendere la norma oltre il termine previsto del 31 dicembre 2025. Inoltre, la necessità di un’autorizzazione preventiva da parte delle direzioni aziendali rappresenta una barriera che rischia di rendere difficilmente praticabile l'esercizio della libera professione, in un contesto dove la discrezionalità amministrativa può soffocare ogni tentativo di iniziativa autonoma.
La possibilità di esercitare la libera professione è un diritto fondamentale per chi opera in sanità e non può più esser un privilegio riservato a pochi. In un contesto di scarsità di fondi e risorse, la libera professione è una strada efficace e sostenibile per riconoscere il valore di chi lavora nel settore sanitario e per garantire un futuro stabile e di qualità per il nostro SSN.

Il tempo stringe: il futuro delle professioni sanitarie e, di riflesso, quello del nostro sistema sanitario, è a rischio. È ora che la politica risponda in modo rapido e concreto, prima che sia troppo tardi.

Dott. Francesco Macrì
S.S. Dietologia e Nutrizione Clinica | Ambulatorio Centro Disturbi del Comportamento Alimentare
Azienda USL Valle d'Aosta




24 ottobre 2024
© Riproduzione riservata

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