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Inappropriatezza in medicina di laboratorio. Dopo 20 anni di lotta siamo ancora al 33%?

di Vincenza Truppo
11 MAR - Gentile direttore,
con piacere ho letto l’excursus sull’inappropriatezza in Medicina di Laboratorio e quali siano tuttora le strategie messe in atto per debellarla, a firma prof. Plebani ed altri. I primi studi risalgono alla fine degli anni 90 quando val Walraven C, Naylor CD  pubblicavano il  lavoro “Do we know what inappropriate Laboratory utilization is?”, Jama 1998: 280:550-8; che evidenziò al mondo della Medicina di Laboratorio che “avevamo i tubi che perdevano”.
 
Il prof. Plebani ed altri evidenziano che per valutare l’efficacia di una terapia o esame diagnostico si devono analizzare gli effetti in termini di salute per il paziente e di sostenibilità economica per il SSN. Conosco lo sforzo proprio del prof. Plebani in questi due decenni, come affermano. Mi chiedo però: E’ stato fatto uno studio che evidenzi l’efficacia di questa “cura” in atto? Spero. Tutte queste energie mentali, economiche, fisiche hanno prodotto aumento di appropriatezza in questi 20 anni?
 
Spero di sì, anche se è stato pubblicato nulla in merito. Il prof. Plebani ed altri dichiarano chel’inappropriatezza oggi ha un tasso medio del 33%, uguale a quello che avevano trovato i ricercatori valWalraven e Naylor nel 1998. Se è così, la terapia non funziona da 20 anni. Chiedo perciò al prof. Plebani, direttore del Dipartimento strutturale di Medicina di Laboratorio e Presidente della  prestigiosa facoltà di Medicina di Padova, il perché insista ancora dopo 20 anni solo con queste “terapie” se la “malattia” resta uguale. In Medicina se un farmaco o trattamento non serve a curare “la malattia”, lo si sostituisce o lo si affianca con un altro di cui si è testata la maggiore efficacia o che amplifichi l’effetto del primo. Se ciò non è possibile, si dichiara la malattia incurabile, ad oggi.
 
La ricerca in questo senso è sempre chiara ed attiva. So che le moderne tecnologie ci consentirebbero di “evolverci” anche nella lotta all’inappropriatezza in Medicina di Laboratorio. Stranamente però, ci si interstardisce a riproporre sempre la stessa “minestra riscaldata” e in maniera, questa sì, surrettizia, si tacciono le novità. Fatto ancora più grave, a mio avviso, non si incentivano o allestiscono ricerche per cercare nuove vie e verificare se tutto quello che si fa sia utile. Non vorrei che allo spreco per l’inappropriatezza si aggiunga anche lo spreco per vani convegni, relazioni o altro. Vogliamo o no combatterla questa guerra? Non vogliamo farlo?
 
Bene. Per favore, però, non prendiamoci in giro facendo finta di combatterla solo con mezzi che per la maggior parte non sono indirizzati e distribuiti pedissequamente ai destinatari giusti. Da decenni riusciamo solo a  “parlaci addosso”. Chiediamoci: ai congressi ed iniziative sull’inappropriatezza Sibioc o similari quanti medici prescrittori hanno partecipato in questi 20 anni? Non lo so. Mi piacerebbe saperlo. I medici in Italia sono 270.000.
 
Quanti sono stati “informati o formati” dalle Università sul tema? Dovrebbero esserlo tutti oramai, visto che il prof. Plebani ci racconta che tra le strategie in questi 20 anni ci sono corsi educativi (universitari, spero). Nel mio lavoro quotidiano, purtroppo, verifico lo stesso tasso di inappropriatezza, che siano più o meno giovani i prescrittori. Lo sforzo di divulgare conoscenza ex post trova il tempo che trova. Dopo 20 anni ci sono profili proteici richiesti a bambini,  marker tumorali usati come test di screening.
 
Ci affidiamo alla speranza cheil prescrittore sia un Pico della Mirandola. Se vogliamo continuare così, meglio non parlare più di appropriatezza perché ormai siamo quasi a livello di far ridere i polli. Vogliamo combattere invece questa guerra? Benissimo. Le armi vere non sono sporadici editoriali o relazioni, costruiti carpendo qua e là notizie e dati, limitandosi a scriverli in un corretto italiano. Ci vogliono mezzi ed idee innovative, con studi che analizzino l’efficacia e l’efficienza delle strategie adottate.
 
Non da ultimo,  dedicando un ramo delle nostre ricerche  in questo senso, nelle Università. Il 33% di inappropriatezza in Medicina di Laboratorio produce 732 milioni di € di spreco, guadagno per le aziende produttrici e lavoro nostro che non serve a curare. Potremmo impiegare questo tempo e denaro per cose più utili ai cittadini. Siamo co-responsabili della sopravvivenza di un SSN come il nostro. Dobbiamo dar conto del nostro fare medico. Dare alla politica le motivazioni per continuare a sostenere la spesa aiutandola a contenere i costi, in maniera intelligente, efficiente ed efficace. Noi  siamo “gli idraulici che devono sostituire i tubi forati”. Il nostro lavoro rende il nostro SSN eccellenza mondiale, da anni. Dobbiamo prendercene cura, sul serio, perché continui ad esserlo.
 
Vincenza Truppo
Dirigente medico UOC Medicina di Laboratorio – Ospedale di Rovigo

11 marzo 2019
© Riproduzione riservata

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