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Coronavirus. Anaao, Nursing Up e Cimo chiedono più attenzione alla salute del personale sanitario

A causa sopratuttto della carenza di dispositivi di protezione, il contagio si diffonde tra gli operatori sanitari. Il rientro al lavoro del personale sanitario asintomatico ma potenzialmente positivo rappresenta un ulteriore rischio. Per Benazzato (Anaao), “lo stato di salute del personale sanitario andava verificato prima e poi costantemente censito”. Leoni (Cimo): ’ "La sicurezza degli operatori sanitari è prioritaria a tutti i livelli”. Intanto, denuncia il Nursing Up, “per il timore di essere stati infettati, gli operatori sanitari sono stati costretti ad allontanare le proprie famiglie”.

di Endrius Salvalaggio
23 MAR - “In caso di epidemie una delle prime cose da fare è quella di mettere in sicurezza il personale sanitario ed a ruota tutto il personale della macchina amministrativa. Questo perché come sta accadendo proprio in questi giorni, a contrasto dell’infezione ci sono da una parte gli operatori sanitari che curano i contagiati e dall’altra tutte quelle persone che sono addette ai controlli, come ad esempio le forze dell’ordine, piuttosto che tutte quelle persone addette a fare andare avanti la macchina amministrativa dello Stato”. Evidenzia il Segretario regionale Veneto Annao, Adriano Benazzato, riferendosi all’elevato contagio di coronavirus, che in questi giorni sta coinvolgendo molti operatori sanitari e non solo.
 
Per mettere in sicurezza tutti i “dipendenti della macchina statale” è necessario che il datore di lavoro dia a chi lavora le dotazioni necessarie dei dispositivi di protezione individuali, oltre che tenere monitorato lo stato di salute di tutti gli operatori sanitari e non sanitari, tramite un costante censimento sistemico di tamponi. “Siamo ancora fermi – continua il Segretario Benazzato - ad oggi non è stato fatto alcun passo avanti: non sono stati fatti tamponi agli operatori sanitari e con i DPI siamo ancora carenti. E’ evidente che di questo passo i contagiati, fra il personale sanitario, è destinato a crescere”.
 
Se nei prossimi giorni, come garantisce il Governo regionale, dovrebbero distribuire i DPI tra il personale sanitario e dovrebbero iniziare il censimento degli operatori sanitari tramite i tamponi, secondo Anaao del Veneto e Cimo Veneto resta ancora uno scoglio da superare. La stessa Annao Assomed del Veneto ha inviato una lettera ad Azienda Zero e al Direttore Generale dell’Area Sanità e Sociale alla luce della nuova disposizione che ha tolto la norma di mettere in quarantena gli operatori sanitari. “Il combinato disposto assenza o carenza di Dispositivi Individuali di Protezione (DIP) nei nostri ospedali e sul territorio, in particolare maschere FFP2 e FFP3, con la norma pretesa dalla Regione Veneto sul rientro al lavoro del personale sanitario asintomatico in isolamento fiduciario domiciliare e il mantenimento in servizio dei “contatti stretti” asintomatici, senza prevedere almeno un isolamento fiduciario di 3 o 4 giorni con esecuzione di tampone dirimente (positivo/negativo), prima di farlo rientrare in servizio attivo, rischia di creare una paradossale condizione di diffusione del contagio tra gli operatori sanitari ed i cittadini utenti all’interno degli ospedali.
 
Per l’Anaao Assomed, prima di chiedere la modifica della norma, sul rientro al lavoro del personale sanitario che è stato a contatto con i positivi, bisognava in prima istanza fare i tamponi periodicamente a tutti gl operatori sanitari negli ospedali/ ambulatori e agli operatori sociosanitari che lavorano nelle case di riposo e soltanto dopo fare rientrare le persone che erano state a contatto con i malati di coronavirus seppur in buone condizioni”. Conclude il Segretario Benazzato.
 
Anche il presidente del sindacato degli infermieri Nursing Up, Antonio De Palma commenta che le dichiarazioni del governatore Luca Zaia intervistato da Uno Mattina su Rai1 sulla questione tamponi: “In Veneto tutti gli operatori sanitari verrebbero in queste ore sottoposti al test. Peccato che alcuni colleghi veneti interpellati sulla questione lo sconfessino. Non solo, sembrerebbe che agli infermieri impiegati da giorni nell’operazione di tamponare la popolazione non sia stato neanche proposto di farlo e, proprio per il timore di essere stati infettati, gli operatori sanitari vivono nella difficile condizione di aver allontanato le famiglie per cautelarle.”.
 
Sul tema sorveglianza sanitaria anche Giovanni Leoni - Segretario Regionale CIMO Veneto, è molto preoccupato sul fatto che ad essere sprovvisti di protezione non sono solo gli ospedalieri ma tutti medici del territorio come ad esempio i medici di MMG. “E’ prioritario avere la sicurezza sugli operatori sanitari a tutti i livelli. Con grande difficoltà e anche con molte lacune stanno arrivando i dispositivi di sicurezza per la protezione individuale. E’ determinante che i DPI arrivino anche in maniera adeguata nei medici nel territorio per evitare che i medici di MMG possano essere contagiati e quindi contagiare altre persone. Sul tema dei controlli a mezzo dei tamponi è anche in questo caso prioritario farli a tutto il personale sanitario se non si vuole trasformare un ospedale ad un punto di contagio. Sulla norma che è stata appena aggiornata e quindi di fare tornare al lavoro gli operatori sanitari non positivi, che sono venuti in qualche modo a contatto con malati positivi al coronavirus, non siamo sicuri se un operatore sia veramente negativo. Il tampone viene fatto ogni quarant’otto ore per due settimane. Se dai tamponi si scopre che nell’arco delle due settimane uno si positivizza è chiaro che se è al lavoro infetta gli altri. Tutto questo non succederebbe se un operatore è invece a casa in quarantena. Lo studio sull’isolamento di Vò Euganeo insegna che l’isolamento deve essere uguale per tutti ed a tutti livelli”.
 
Endrius Salvalaggio

23 marzo 2020
© Riproduzione riservata

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