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Liste d’attesa. In Veneto oltre 400.000 prestazioni ospedaliere da recuperare

Con lo stanziamento di 41 milioni di euro la Regione si è prefissata di recuperare tutte le prestazioni ospedaliere sospese a causa della pandemia entro il 31 dicembre 2021. Bigon (Pd): “Sentendo gli addetti ai lavori, è pura fantascienza”. Cimo: “Visto la carenza di personale, le ore straordinarie già svolte, sarà necessario di rivedere alcuni parametri sul programma temporale di recupero delle prestazioni”

di Endrius Salvalaggio
07 OTT - A seguito della sospensione delle prestazioni ospedaliere a causa della pandemia, le Ulss venete avevano al 30 aprile 2021 oltre 500mila prestazioni da smaltire. Alla data di oggi, ne mancano all’appello ancora 400mila. Con il nuovo Piano Operativo regionale, approvato ad agosto, la Regione Veneto ha stanziato 29 milioni di euro e con l’approvazione di una nuova delibera regionale di ottobre, la Giunta ha destinato ulteriori 12 milioni di euro, per quelle Aziende sanitarie che dimostrino di aver superato, entro il corrente esercizio, l'intero valore delle prestazioni erogate nel 2019. L’obiettivo è recuperare tutte le prestazioni sospese entro dicembre 2021.

Per consentire il recupero delle prestazioni non erogate nel periodo emergenziale, le strutture ospedaliere saranno aperte anche nelle ore serali e durante il fine settimana con l’utilizzo delle grandi apparecchiature di diagnostica per immagini. Aziende ULSS, Aziende ospedaliere e presidi ospedalieri accreditati privati assicurano ordinariamente i servizi ambulatoriali attraverso l’apertura delle strutture fino alle ore 23.00, per almeno tre giorni alla settimana, e dalle ore 8.00 alle 12.00 la domenica ed i giorni festivi. Mentre la programmazione dell’attività delle apparecchiature diagnostiche, devono prevedere il loro utilizzo minimo per dodici ore al giorno per almeno sei giorni alla settimana.

Per il personale sanitario, la Regione Veneto ha previsto delle prestazioni aggiuntive con un aumento della tariffa oraria oltre al reclutamento di personale, attraverso assunzioni a tempo determinato o attraverso forme di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, nonché l’impiego anche delle figure professionali previste in incremento.

Ma il progetto della Regione non convince. “E’ vero che le liste di attesa in Veneto sono aumentate a causa della pandemia – spiega il segretario del Sindacato dei pensionati (Spi) Cgil Veneto, Renato Bressan  – ma dobbiamo anche dire che le predette liste sono sempre esistite e senza mai conteggiare i numeri reali delle liste di galleggiamento. Verosimilmente, quando un paziente prenota ai CUP gli viene detto che sarà richiamato da lì a qualche giorno o in settimana, di fatto ‘parcheggiandolo’ in una lista così detta di galleggiamento. Il numero delle prestazioni non erogate sono di gran lunga maggiori se consideriamo le liste temporanee di galleggiamento”.

Sulle oltre 400mila prestazioni da recuperare da ottobre a dicembre si pronuncia, con scetticismo, anche la vicepresidente della commissione Sanità e consigliera regionale del Partito Democratico, Anna Maria Bigon: “Adesso che, finalmente, la Regione Veneto ha stanziato i fondi per il nuovo Piano Operativo, la speranza è che i piani di rientro prendano forma e non restino sulla carta. Ci sono molti veneti che attendono di curarsi e l’ipotesi che tutte le prestazioni siano recuperate entro l’anno, sentendo gli addetti ai lavori, è pura fantascienza. Infine, la regione ci dovrebbe dire se da maggio a settembre sono state veramente recuperate le oltre 160mila prestazioni. Abbiamo avuto segnalazioni da parte dei cittadini che non riescono nemmeno accedere ai Cup”.

Secondo il Sindacato dei pensionati Cgil Veneto e la vicepresidente della commissione Sanità la situazione nella regione è grave ed è difficile pensare che in soli tre mesi si possano recuperare un numero così imponente di prestazioni. “Con liste di attesa del genere, sarà inevitabile - sostengono Bressan e Bigon - rivolgersi al privato, non solo per la visite ma anche per gli interventi chirurgici. E chi non può permetterselo, ha una sola alternativa: smettere di curarsi”.

Sul tema anche CIMO Veneto, attraverso il segretario Giovanni Leoni, fa le proprie considerazioni. “Il numero del personale a disposizione 2019 - 2021 tra assunzioni e pensionamenti - argomenta Leoni- necessario per assolvere questo compito. Le ore straordinarie finora necessarie per svolgere solo gli impegni istituzionali dall'inizio dell'anno per AULSS e reparti, date le note carenze di medici ed altro personale sanitario rispetto alla piante organiche originali. Il dato allo stato non aggiornato, ma che già nel dicembre 2018 mancavano in Veneto 1300 medici dipendenti. Restano pochissimi mesi di tempo a disposizione per completare il programma di recupero delle prestazioni con necessità di ore aggiuntive, considerando il periodo di dicembre che sono previste le ferie natalizie, da concedere o da negare. Su questa cornice, per Cimo Veneto questi sembrano i presupposti che necessitano di rivedere alcuni parametri, sul programma temporale di recupero delle prestazioni”.

Endrius Salvalaggio

07 ottobre 2021
© Riproduzione riservata

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