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Mercoledì 31 LUGLIO 2013
Concorsi e idoneità incondizionata. Via obbligata per non mandare in tilt il Ssn



Gentile direttore,
la lettera del dottor Emiliano Boi relativo all’idoneità incondizionata richiesta agli infermieri merita, a mio avviso, alcune precisazioni. Tralascio ogni commento sul fatto che il professionista sanitario infermiere, in quanto “autonomo nell’esercizio di funzioni preventive e di educazione sanitaria”, abbia necessariamente ambito professionale (e competenze?) affini alla medicina del lavoro.  Osservo solo che ogni professionista che intenda affermare la propria competenza ha l’obbligo deontologico di rispettare l’altrui competenza e autonomia professionale. Del resto non è possibile escludere che la sua scarsa considerazione della medicina del lavoro dipenda dai medici del lavoro con cui ha avuto a che fare.
 
Nel merito osservo, in primo luogo, che l’idoneità incondizionata non è certo richiesta per accedere alla professione di infermiere ma, più limitatamente, per essere assunto da una Azienda Sanitaria. Tale condizione, vorrei rassicurarlo, è richiesta a tutti gli operatori del SSN e non solo agli infermieri.
Faccio notare, in secondo luogo, che l’ “idoneità incondizionata” non è un concetto particolarmente nuovo in quanto si ritrova sin nel D P R 3 maggio 1957, n. 686 relativo alle assunzioni dei pubblici dipendenti. Per quanto riguarda specificamente i dipendenti del SSN l’ idoneità senza limitazioni è richiesta dal D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761.
 
Non mi pare sia necessario dilungarsi sul fatto che possano esistere, in sanità, situazioni lavorative in cui non è comunque possibile azzerare il rischio e quindi non essere obbligati a porre limitazioni all’esposizione dei lavoratori. Non tutti i pazienti possono essere in ogni circostanza movimentati con ausili meccanici evitando qualsiasi sforzo agli operatori che li assistono. Ma il problema non è evidentemente solo quello della movimentazione dei pazienti. Esistono le posture fisse prolungate, il lavoro a turni, il lavoro notturno, le radiazioni ionizzanti, le situazioni di particolar stress o impegno emotivo, il lavoro in emergenza, l’impegno visivo elevato. Per ognuno di questi fattori di rischio (non eliminabili con l’ uso di DPI o sollevatori meccanici) esistono numerose condizioni patologiche che richiedono limitazioni dell’esposizione. Non è inutile riflettere sul fatto che la limitazione è, in generale, motivata dalla necessità di tutelare la salute dell’operatore stesso e dei pazienti a lui affidati e non può essere vissuta sempre e solo come odiosa discriminazione.
 
Il problema che si pone è quindi quello di valutare se sia giusto negare l’assunzione ai soggetti (infermieri o meno) portatori di patologie che ne limitano l’idoneità lavorativa
In pura linea teorica è evidente che un infermiere con patologie della colonna lombare è collocabile in attività che non comportino il rischio (per i medici il problema è più grave, perché la flessibilità di utilizzo è minore: un traumatologo difficilmente potrà fare l’oculista).
 
In pratica, nelle attuali condizioni del personale del SSN, se un infermiere viene assunto con limitazioni sarà impossibile rispettare le limitazioni di un infermiere con molti anni di attività lavorativa sulle spalle. La riduzione del turnover degli operatori sanitari (aumento dell’età del pensionamento, riduzione delle assunzioni, riduzione degli organici, aumento dell’età media), e l’aumento del turnover dei pazienti (maggiori carichi di lavoro) si sommano nel generare disallineamento tra richieste del lavoro e capacità di lavoro degli operatori.
L’assunzione di operatori con idoneità limitata “ab origine” rischia di portare il sistema al collasso e di danneggiare gli operatori con idoneità limitata già presenti in azienda, nonché i pazienti cui non verrebbe garantita una assistenza adeguata
Si tratta, come spero di avere illustrato, di una situazione di reale conflitto tra interessi legittimi che merita una attenta e meno baldanzosa riflessione.
 
Dr. Carlo Mantovani
Medico del lavoro  

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