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Giovedì 22 DICEMBRE 2011
Canada. Cancro al seno e infarto? Colpa degli stessi geni

I geni BRCA1 e BRCA2 che sono implicati nello sviluppo di neoplasie alla mammella e all’ovaio, sembrano essere collegate anche ad un rischio maggiore di andare incontro a problemi cardiocircolatori. Lo spiegano due ricerche su Nature Communications e Journal of Biological Chemistry.

Che i geni mutati BRCA1 e BRCA2 avessero un ruolo nello sviluppo del cancro al seno e alle ovaie era risaputo da tempo: la maggior parte delle donne che hanno una storia familiare di questo tipo di tumori e che li sviluppano, presentano una di queste due variazioni genetiche, che normalmente agiscono per impedire la nascita di tali neoplasie. Ma un team di ricerca del St. Michael’s Hospital di Toronto ha appena fatto una scoperta allarmante: questi geni potrebbero essere collegati anche alla corretta funzione cardiaca, quindi una loro mutazione potrebbe aumentare il rischio di problemi cardiovascolari.
 
Secondo le recenti ricerche del team canadese, pubblicate su Nature Communications e su Journal of Biological Chemistry, topi che presentano una versione mutata di BRCA 1 presentavano un rischio dalle tre alle cinque volte maggiore di morire per attacchi cardiaci, e questi risultavano essere due volte più gravi che nei topi senza la mutazione. Anche nel caso che i topi fossero trattati con un particolare antibiotico ad azione antitumorale (doxorubicina), il rischio di infarto raddoppiava.
“I nostri risultati dimostrano che le persone a maggior rischio di sviluppo di cancro al seno, potrebbero correre anche un pericolo maggiore di andare incontro a malattie cardiache, anche se non gli sono mai stati diagnosticati problemi in questo ambito”, ha spiegato Subodh Verma, cardiochirurgo nell’ospedale canadese. “Abbiamo dimostrato che due tra le principali cause di morte per le donne, il tumore al seno e gli attacchi cardiaci, hanno basi biologiche comuni, nascono dallo stesso problema”. I ricercatori pensano infatti che siano proprio i geni BRCA1 e 2 a favorire la riparazione del Dna nelle cellule del muscolo cardiaco danneggiato.
 
La ricerca potrebbe aiutare le pazienti non solo perché svela un fattore di rischio e dunque aiuta la prevenzione, ma anche perché dagli studi emerge anche un’indicazione su come usare alcuni farmaci. “Le donne che presentano la mutazione sembrano essere particolarmente sensibili alla tossicità della doxorubicina”, ha spiegato Christine Brezden-Masley, specialista in oncologia al St. Michael’s. “Ciò significa che se una delle mie pazienti presenta questa mutazione, dovrò valutare se dargli il farmaco e in che dosi, oppure se scegliere una terapia alternativa”.
 
Laura Berardi

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