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Martedì 22 FEBBRAIO 2022
La pandemia e l’ospedalità privata. Ricoveri no Covid crollano del 21%, interventi chirurgici programmati saltati nel 70% dei casi

Presentato il 19° rapporto Aiop-Ermeneia. Il blocco delle prestazioni ordinarie ha interessato il 50% dei pazienti non Covid, con una punta del 71,5% per gli interventi chirurgici programmati. Ma vanno tutelati anche i pazienti con il Long covid, il 56,2% di quelli colpiti dal virus. Per l’Aiop bisogna ottimizzare i servizi mettendo “a sistema” l’attività degli ospedali pubblici e del privato accreditati. LA SINTESI DEL RAPPORTO

Prestazioni ordinarie off limits per il 50% dei pazienti non Covid nel 2020, con una punta del 71,5% per gli interventi chirurgici programmati. Una contrazione del 21%, tra il 2019 e il 2020, dei ricoveri ospedalieri e un Mezzogiorno ancor più penalizzato (-23,9%) specialmente in Puglia (-28,1%) e in Calabria (-30,6%). Prestazioni specialistiche diminuite, nei primi 9 mesi del 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019, del 30,3%, con valori più alti in Lombardia (-51,9%), nella Provincia di Bolzano (-48,8%), Marche (-38,3%) e Calabria (-39,2%).
 
E se lo tsunami pandemico ha sbarrato l’accesso alle prestazioni sanitarie per i pazienti non Covid, il Long Covid ha messo in ginocchio quanti non sono riusciti a sfuggire al virus. Per la stragrande maggioranza dei contagiati la malattia è stata infatti un’esperienza “pesante”, ma il 56,2% ha dovuto fronteggiare i problemi di long Covid, il 18,9% con conseguenze “serie”. Non solo, se dati sull’andamento delle liste d’attesa stanno piano piano diminuendo per la popolazione, tra il 2020 e il 2021, sono invece in forte espansione (da 3,8 a 8,3 volte in più nel 2020 e di circa 5 volte di più nel 2021) per i pazienti Covid.

Questo il quadro tracciato dal 19° Rapporto “Ospedali & Salute/2021”, promosso dall’Aiop, l’Associazione Italiana Ospedalità Privata e realizzato dalla società Ermeneia, Studi & Strategie di Sistema di Roma diretto da Nadio Delai, e presentato questa mattina all’Auditorium del Ministero della Salute. Attraverso un’analisi dettagliata dei servizi sanitari, dell’evoluzione del settore, dei costi, delle difficoltà di accesso e della qualità percepita dai cittadini, la ricerca scatta una fotografia del sistema ospedaliero italiano, nelle sue componenti di diritto pubblico e privato del Ssn, ai tempi della pandemia.
 
Un Rapporto che ha sondato anche gli umori della popolazione rispetto a vaccinazione e Green pass. Tra il 2020 e il 2021 è emerso un graduale processo di socializzazione alla pandemia, con posizioni che però tendono a polarizzarsi. In particolare, nel caso dei pazienti ex Covid risulta un livello consistente di dissenso, tra il 26% e il 32%, specialmente sull’opportunità di estendere la vaccinazione e di sostenerla per ragioni di solidarietà collettiva. Per il Green pass, invece, il livello di consenso sia da parte della popolazione che da parte degli ex pazienti Covid tende a superare il 70%.
 
Insomma, il tema della resilienza del modello ospedaliero ai tempi del Covid ha permeato questo nuovo Rapporto nella convinzione che, sottolinea Aiop, “l’esperienza dei cittadini-utenti e l’analisi di impatto dell’evento pandemico sull’erogazione di prestazioni urgenti e programmate debbano costituire il punto di partenza di ogni successiva programmazione, che sappia non solo rispondere alle nuove esigenze ma, anche, recuperare rispetto a servizi rinviati e non garantiti”.
 
Per l’Ospedalità privata c’è quindi la necessità di ribilanciare le prestazioni tra pazienti Covid e pazienti non-Covid e l’esigenza di ottimizzare i servizi mettendo “a sistema” l’attività degli istituti ospedalieri di diritto pubblico e di quelli di diritto privato accreditati. Urgente, inoltre, riorganizzare, anche sotto il profilo tecnico-gestionale, il Ssn, con un effettivo rifinanziamento del Ssn che riporti il rapporto tra spesa sanitaria e PIL verso un’incidenza più prossima rispetto a quella dei Paesi dell’Ocse e del G7. E dare spazio ad un apporto più largo da parte del settore privato.
 
Ma vediamo in sintesi alcuni dei dati del Rapporto
Il Rapporto 2021 si articola in quattro Parti. Nella prima si riprendono i temi-chiave dell’intreccio tra fenomeni attinenti all’evoluzione ordinaria del sistema e i fenomeni generati dall’impatto della pandemia sui pazienti e sulle strutture sanitarie. La seconda parte presenta i risultati di una indagine nazionale sulle esperienze dei pazienti Covid. La terza parte punta i riflettori sulle difficoltà di accesso alle prestazioni ordinari, con il coinvolgimento di 4mila cittadini rappresentativi della popolazione adulta. Infine, la Parte quarta dà conto dell’evoluzione del sistema ospedaliero ordinario, con l’aggiunta di alcuni indicatori relativi alle quattro “ondate” del virus nel corso del biennio 2020-2021 e di quelli relativi alle prestazioni mancate dei pazienti non-Covid.

Già nel periodo pre-pandemico, sottolinea il Rapporto si registrava una situazione di fatto caratterizzata dall’esistenza di 21 Servizi Sanitari Regionali diversi e con un’aggiunta di differenziazioni al loro stesso interno. Un Ssn non unitario che ha alimentato fenomeni crescenti di mobilità sanitaria interregionale e, non di rado, di rinuncia alle cure da parte dei pazienti.
 
Uno scenario con molte ombre dilatate dalla pandemia. Il Ssn ha dovuto far fronte, da un lato all’assistenza straordinaria dei pazienti Covid via via che si sono andate manifestando le diverse “ondate” del virus, e dall’altro, ha dovuto bloccare le prestazioni ordinarie richieste dai pazienti non-Covid così come è avvenuto nel corso dell’ultimo biennio. Eequesto si è verificato, nell’anno 2020, per circa il 50% dei pazienti non-Covid, con riferimento alle principali prestazioni, ma con una punta, ad esempio, del 71,5% per ciò che riguarda gli interventi chirurgici programmati, fermo restando che tale fenomeno si è manifestato – sia pure in maniera lievemente inferiore – anche per l’anno 2021.
 
I dati oggettivi forniti dalle strutture sanitarie sulla contrazione delle prestazioni nei confronti dei pazienti non-Covid sono del -21,0% tra il 2019 e il 2020 per quanto riguarda i ricoveri ospedalieri, ma diventano del -23,9% per il Mezzogiorno e si acuiscono ulteriormente in alcune Regioni come ad esempio in Puglia (-28,1%) o in Calabria (-30,6%). Mentre le prestazioni specialistiche sono diminuite, nei primi 9 mesi del 2020 rispetto al corrispondente periodo del 2019, nella misura del -30,3% medio nazionale, ma con valori ben più elevati in alcune Regioni come la Lombardia (-51,9%), la Provincia di Bolzano (-48,8%), le Marche (-38,3%) e la Calabria (-39,2%).

 
Long Covid. L’esperienza dei pazienti Covid intervistati si è rivelata decisamente impegnativa sia nella fase del contagio sia in quella del post-contagio a causa delle conseguenze manifestatesi (long Covid) ed è stata accompagnata da una “esplosione” della domanda di prestazioni sanitarie ordinarie, mentre si è verificata una contrazione più che significativa della domanda da parte dei pazienti non-Covid, con il relativo impatto sulla salute di questi ultimi.
 
Il 65,6% degli ex pazienti Covid ammette che il percorso di uscita dal contagio si è rivelato essere stato “molto e/o abbastanza lungo” e, parallelamente, il 63,2% ha ammesso che si è trattato anche di un’esperienza “molto e/o abbastanza pesante”: incrociando poi i due giudizi, si è visto come l’87,8% di coloro che hanno dichiarato un’esperienza lunga ha sofferto anche di conseguenze pesanti;
Inoltre il 56,2% dei contagiati ha registrato anche dei problemi di long Covid, di cui un terzo (il 18,9%) di tipo “serio” e, se questo è avvenuto, la quasi totalità del suddetto 18,9% ha vissuto delle conseguenze non solo “serie” bensì anche “lunghe” (fermo restando che anche l’eventuale long Covid “leggero” si è fatto sentire comunque a lungo per quasi 3/4 degli interessati);
 
Infine l’esperienza Covid ha trascinato con sé anche una domanda straordinaria di prestazioni sanitarie ordinarie, in larga parte probabilmente per i disagi derivanti dal long Covid, mentre la popolazione ha espresso una domanda decrescente di prestazioni sia per il blocco/rimando delle medesime sia per la rinuncia spesso avvenuta per il timore di potersi contagiare entrando nelle strutture sanitarie: infatti i dati sull’andamento delle liste di attesa risultano in contrazione per la popolazione, tra il 2020 e il 2021, mentre si sono rivelati in forte espansione (da 3,8 a 8,3 volte in più nel 2020 e di circa 5 volte di più nel 2021) per i pazienti Covid.
 
 

 
Conclusioni. Per l’Aiop ci sono tre esigenze di fondo da affrontare. La prima è quella di affrontare il rapporto tra pazienti Covid e pazienti non-Covid in maniera più attiva e consapevole, visto che non si può ipotizzare un semplice, ulteriore rimando delle prestazioni ordinarie rivolte ai secondi, salvo ipotecare seriamente le loro condizioni di salute specie se affetti da malattie croniche e/o gravi che richiedono screening, assistenza continuativa e/o interventi ospedalieri urgenti.
 
La seconda esigenza (conseguente) è quella di giocare sempre meglio “a sistema” tra istituti ospedalieri di diritto pubblico e istituti ospedalieri di diritto privato (strutture accreditate), al fine di recuperare il pregresso cioè le prestazioni mancate e, nel caso servisse, di ripetere l’esperienza collaborativa tra le due tipologie di istituti come è avvenuto nel corso dell’anno 2020: anche perché il rischio della quarta “ondata” del virus che appare essere meno letale ma estremamente contagioso potrebbe portare in ospedale comunque un numero significativo di pazienti Covid non vaccinati a cui si aggiungerebbe la quota di vaccinati ma non più sufficientemente coperti dalle dose ricevute. Mentre continuerebbe a restare inevasa una quota troppo consistente della domanda di prestazione da parte dei pazienti non-Covid.
 
C’è infine una terza esigenza, quella di innescare un processo di effettivo ri-finanziamento del Ssn che risente ancora oggi in maniera pesante degli effetti della spending review di dieci anni fa, i quali hanno contribuito a far prevalere - come è stata a suo tempo definita dal Rapporto Ospedali & Salute - la “Sanità Finanziaria” (cioè quella del taglio dei costi ma senza una corrispondente riorganizzazione dei servizi) a scapito della “Sanità Reale” (quella costituita da pazienti, famiglie e operatori).
 
Servirebbe perciò, sottolinea il Rapporto, un ri-finanziamento di tipo funzionale che riporti il rapporto tra spesa sanitaria e PIL verso un’incidenza più prossima rispetto a quella dei Paesi dell’Ocse e del G7. E questo a prescindere dagli eventuali investimenti straordinari derivanti dal Pnrr, anche perché questi ultimi corrono il rischio di generare una “sottrazione” di risorse qualora si tenga conto che l’istituzione della lunga serie di nuove strutture previste implica, a sua volta, un più che significativo ampliamento del personale insieme ad un aumento considerevole dei costi di gestione riferiti alle suddette strutture.
 
Resta inoltre aperto il tema di fondo di una riorganizzazione maggiormente efficiente dei servizi dedicati alla salute, siano essi di tipo ordinario o di tipo straordinario in quanto derivante dagli investimenti del Pnrr. E proprio in tal senso sarebbe il caso di aprire con decisione ad un più largo apporto di tipo privato per quanto riguarda molti aspetti organizzativi, tecnici e gestionali dell’ambito sanitario.
 
Insomma, nel ripensamento del Ssn va ritrovato un migliore e più efficace equilibrio tra le funzioni di tutela pubblica della salute (espletata da istituti di diritto pubblico e da istituti di diritto privato-accreditato) e funzioni che più opportuna-mente possono far capo ad aziende specializzate private (o privato-pubbliche), al fine di migliorare l’efficienza e l’efficacia delle risposte ai pazienti e ai cittadini: applicando così al ben noto principio “lo Stato quando si deve, il mercato quando si può”, ma con un intento fortemente collaborativo in funzione di spostare verso l’alto l’asticella delle prestazioni complessive del sistema sanitario.
 
E.M.
 

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