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Martedì 21 FEBBRAIO 2023
La crisi della sanità pubblica italiana, tra quello che ci dice l’Ocse e ciò che va fatto per salvarla

Siamo nel bel mezzo di una crisi economica. A noi servono it et nunc dei soldi l’unico modo per averli e cercarli laddove ci sono. Oggi l’unico posto dove ci sono i soldi per noi è la spesa storica. Cioè una spesa a quantità date come invarianti ma che proprio perché c’è la crisi andrebbe redistribuita in un modo diverso dal passato dal momento che la spesa sanitaria complessiva sia quella pubblica che privata è comunque a carico tutta dello Stato. Io propongo, proprio perché c’è una crisi, in via straordinaria, semplicemente a parità di spesa storica di dare di meno al privato e di dare di più al pubblico

“Health care financing in times of high inflation” è il titolo del documento Ocse (organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo) egregiamente commentato da C. Fassari (QS 19 febbraio 2023).

Un documento non burocraticamente riducibile
Un documento, secondo me, molto importante ma non perché, come ha scritto Maffei, (QS 20 febbraio 2023) banalizzando e burocratizzando il discorso, l’Ocse ci suggerisce le “ricette” per risolvere i problemi della sanità, ma perché l’Ocse, prende atto, che c’è una crisi e, mette al centro del discorso, la contraddizione tutta politica tra questa crisi e la sanità.

Quindi, tanto per cambiare, non mi ritrovo con la consueta lettura burocratica del documento che ne fa Maffei, perché trovo paradossale che, in una crisi, si ragioni come se la crisi non ci fosse cioè che la risposta alla crisi non riesca ad andare oltre le nostre abitudini mentali. In una crisi si deve ragionare in modo diverso dal solito. Altrimenti che crisi è?

Quali le “ricette”? Non quelle che servirebbero a risolvere il conflitto tra sanità e crisi economica, perché alla fine di questo si tratta ma quelle che Maffei normalmente e legittimamente sia chiaro preferisce di più e che funzionerebbero (ammesso che funzionino) comunque in tempi normali cioè oltre i tempi aggressivi della crisi.

A queste si devono aggiungere altre ricette richiamate da Maffei riferendosi a Gimbe e al mio caro amico Palumbo ecc. Tutte ricette non implausibili perché sbagliate (ci mancherebbe) ma implausibili solo perché pensate non nel regime dell’emergenza imposto dalla crisi ma in quelle delle consuetudini ordinarie di tutti i giorni come se la crisi pur essendo un maglio non ci battesse in testa.

Al contrario la crisi implica che si ragioni nella logica dell’emergenza dell’urgenza e dell’immanenza cioè la falla allo scafo va riparata ora e subito. Intervenire sulla crisi proponendo interventi tecnici utili e opportuni ma con i tempi burocratici e politici dei riordini non ha senso.

E’ un errore comune scambiare i problemi con le contraddizioni
L’Ocse ha detto sostanzialmente una cosa sola: la crisi economica non sta facendo altro che esasperare la vecchia contraddizione risorse-sanità ma questa volta mettendo in pericolo la sopravvivenza dei sistemi sanitari.

Cioè i sistemi sanitari, almeno il nostro, a tirare la cinghia sono abituati ma questa volta essi a causa della crisi, corrono dei rischi in più che poi sono tutti quelli legati alla sopravvivenza soprattutto della sanità pubblica.

Ma se è così allora ci si deve rassegnare a due verità elementari:

Il discorso politico dell’Ocse
L’Ocse sul conflitto tra crisi e sanità fa prima di tutto un discorso politico non tecnico:

Il quadro nazionale
Il quadro descritto dall’Ocse è del tutto sovrapponibile al quello del nostro paese:

Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria
Se l’analisi dell’Ocse è giusta allora prima di affrontare i problemi per me bisognerebbe prima rimuovere le contraddizioni. I problemi della sanità non si risolvono a contraddizioni invarianti. Solo i burocrati pensano il contrario. IL PNRR ne è l’esempio più significativo. Per rimuovere le contraddizioni bisogna riformare. Ma per riformare la logica del problem solving, quella preferita dai burocrati, non basta.

La contraddizione tra crisi economica e rifinanziamento dei sistemi sanitari denunciata dall’Ocse è solo l’ultima in ordine di tempo.

Io, per rimuovere le contraddizioni, contro il ragionamento riduttivo del burocrate propongo il ragionamento del riformatore quindi il ragionamento politico del cambiamento. Il resto viene ovviamente dopo. E’ ovvio che ci sono delle tecnicalità da agire ma dopo aver deciso il senso del cambiamento.

Ma quale cambiamento? Proprio perché sono convinto della gravità della crisi di cui parla l’Ocse io continuo a pensare che serva, come il pane, una “quarta riforma” ma nello stesso tempo anche io sento la necessità di rapportare questa proposta con la crisi che c’è. Non posso aspettare di fare la quarta riforma per rispondere alle sfide di cui parla l’Ocse. Quindi ho bisogno di inventarmi qualcosa di intermedio.

Quelli della mia generazione si ricorderanno che, all’indomani della riforma del ‘78, più o meno ogni anno, c’era un provvedimento del governo con questo titolo “misure urgenti in tema di spesa sanitaria”

Io penso che oggi serva una “quarta riforma” ma da subito servano misure urgenti per difendere it et nunc la sanità. Queste misure non ci sono.

Marx
Io so per esperienza che se davanti al quadro descritto dall’Ocse non faremo niente, come è probabile che accadrà, soprattutto con questo governo e con questo ministro, e ci limiteremo a “cucinare” le solite ricette di sempre facendo al massimo un po’ di compatibilità in più, qualche pugnetta sull’appropriatezza, sui lea, sul DM 70 e magari pure un po’ di spending review a tempo perso, noi in poco tempo perderemo la sanità pubblica.

Ricordatevi la lezione di Marx sui rapporti tra struttura economica e sovrastruttura sociale. Se ha ragione l’Ocse, cioè se è vero che oggi i finanziamenti non crescono ma i costi della sanità sì, se è vero che i tagli lineari per i governi sono quasi obbligatori, se è vero che la sanità per il paese non è più una priorità politica, se è vero che per i governi si restringono le opzioni politiche, allora miei cari signori, sappiate che sarà marxianamente l’economia a far fuori la sanità.

Già ora il governo Meloni considera la sanità una palla al piede figuratevi che fine farebbe la sanità se il “times of high inflation” cioè la crisi economica perdurerà nel tempo.

La sanità pubblica, direbbe il vecchio Marx, creperà a causa della contraddizione economiche quelle non riducibili al ragionamento burocratico del problem solver.

E ora parliamo di sciocchezze
L’articolo di Maffei sul rapporto Ocse citato prima si chiude con degli apprezzamenti che mi riguardano e che io, deontologia a parte, considero delle vere e proprie sciocchezze. Sono gli stessi che Weber definiva “giudizi di valore” quelli che ti dicono molto su chi giudica ma molto poco sulla cosa giudicata. Cioè sciocchezze.

Maffei dice che il rapporto Ocse è una cosa “utile” mentre sarebbero “inutili” gli approcci “ad anatema” in cui si propone la messa al bando di qualcosa o qualcuno che eserciterebbe un insopportabile peso sul Ssn.(…) Il principale bersaglio di questi anatemi è sicuramente il privato, definito .. la grande marchetta”

Siccome “anatema” per i cattolici è una scomunica lanciata contro gli eretici Maffei mi ha indirettamente definito un eretico solo perché ho osato criticare la “grande marchetta” cioè il rapporto privato pubblico, ma quel che è più importante ha definito la mia proposta di ripensare la spesa storica, quindi la suddivisione dei costi tra pubblico e privato, una eresia.

Ma siamo proprio sicuri che in una crisi l’eretico vero non sia qualcun altro?

E ora parliamo di cose serie
L’Ocse ci dice che oggi it et nunc dobbiamo difendere la sanità pubblica dalla crisi economica. Cioè ora. E che per questo dovremmo adottare subito misure straordinarie senza le quali non è possibile rifinanziare la sanità e senza le quali ogni incremento di spesa è praticamente impossibile perché privo di coperture finanziarie

Cioè l’Ocse dice signori oggi con la crisi non c’è trippa per gatti.

Queste la situazione. Coraggio fuori le proposte. Perché mentre la sanità muore a chiacchiere e a parlar male degli altri sono tutti bravi.

Vorrei riassumere a beneficio dei gatti rimasti senza trippa il mio ragionamento eretico.

Siamo nel bel mezzo di una crisi economica. A noi servono it et nunc dei soldi l’unico modo per averli e cercarli laddove ci sono. Oggi l’unico posto dove ci sono i soldi per noi è la spesa storica. Cioè una spesa a quantità date come invarianti ma che proprio perché c’è la crisi andrebbe redistribuita in un modo diverso dal passato dal momento che la spesa sanitaria complessiva sia quella pubblica che privata è comunque a carico tutta dello Stato.

Io propongo, proprio perché c’è una crisi, in via straordinaria, semplicemente a parità di spesa storica di dare di meno al privato e di dare di più al pubblico.

Cioè io propongo di ri-pubblicizzare subito il pubblico non solo perché il pubblico è meglio del privato da ogni punto di vista ma anche perché un sistema più pubblico, alla Meloni costerebbe meno di quanto le costa finanziarie la “grande marchetta”.

Ho anche proposto di ricorrere it et nunc ad una specie di partita di giro cioè di togliere gli incentivi fiscali (soldi nostri quindi di tutti) cioè i privilegi accordati alla sanità privata e di usarli per finanziare il superamento dei tetti alle assunzioni. Una operazione che vale più o meno 5 mld.

Io credo che la “grande marchetta” oggi con la crisi che c’è se ieri era giustificata da un mucchio di ragioni tutte a mio parere molto democristiane e molto neoliberiste, oggi non lo è più. Oggi è la crisi che ci dice che la grande marchetta è la contraddizione sulla quale intervenire. Se questa contraddizione riusciamo a rimuoverla avremmo salvato la sanità pubblica. Se questa contraddizione sussisterà come dice Marx avremmo fatto fuori la sanità pubblica per mano della crisi economia.

Conclusioni
Ma anche il buon Maffei più attento ai problemi che alle contraddizioni alla fine finisce anche lui in una contraddizione grossa davvero come una casa.

Maffei dice che le ricette dell’Ocse sono più “utili” dei miei “anatemi” ma allora come mai nelle ricette Ocse si prevede anche se “a lungo termine”, “un nuovo equilibrio tra pubblico e privato”

Scrive l’Ocse “un dibattito sulla rivalutazione dei confini tra pubblico e privato in sanità sarà inevitabile avviarlo in molti paesi” perché “in presenza di budget limitati non tutti gli interventi potranno continuare a essere finanziati dalla spesa pubblica” Cioè l’Ocse dice che in futuro le grandi marchette non si potranno più fare.

L’Ocse, immagino piena a sua volta di eretici, non definisce questa idea un anatema ma una “discussione strategica”.

Io sono d’accordo con l’Ocse ma non sul “lungo termine”. Nel lungo termine proprio a causa della “grande marchetta” la sanità pubblica non ci sarà più.

Ivan Cavicchi

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