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Lunedì 18 DICEMBRE 2023
Quale psichiatria per quali pazienti?



Gentile Direttore,
leggo un articolo della Prof.ssa Liliana Dell’Osso, neo presidente eletto della Società Italiana di Psichiatria, uscito sul Corriere della Salute dello 04.12.2023 e l’articolo di Massimo Cozza uscito su QS del 13.12.2023.

Mi sembra che siano espressione di mondi diversi. Il primo esordisce con una difesa d’ufficio della psichiatria così come concepita in molta parte delle strutture territoriali e a livello accademico; già il titolo è fuorviante in quanto recita “Riconoscere la sofferenza psichica” mentre in realtà sembra dis-conoscerla in quanto sofferenza e attribuirla a malattia. Si legge nella parte introduttiva: “E’ pericoloso (sic!) inquadrare le patologie psichiatriche come non meglio specificati “disagi”.

L’esclusione del disturbo mentale dal campo della medicina non combatte il pregiudizio ma, paradossalmente lo abbraccia”…“La psichiatria ha invece mosso enormi passi avanti sul fronte della cura (?), della diagnosi precoce e soprattutto della prevenzione…” e pertanto è ingiustificata una critica del concetto stesso di malattia mentale (ecco il termine che secondo la Dell’Osso sostituisce il termine generico di disagio). Infatti: “…non riconoscere la sofferenza come condizione patologica sottesa da una specifica (dimostrata) alterazione biologica sensibile al trattamento equivale di fatto a una rinuncia alla cura”. E’ opportuno leggere l’intero articolo al quale rimando perché è concreto il rischio, estrapolando solo alcuni passaggi, di tradire il pensiero dell’autrice. La necessità di sintesi mi impedisce una più argomentata critica ad altri concetti espressi dall’articolo che mi sembrano assai discutibili. Viene citata la proposta (da chi?) di morte assistita per malattia mentale (mai sentito parlarne dopo il Terzo Reich, ma allora non si trattava di suicidio assistito bensì di eliminazione dei soggetti giudicati non degni di vivere). Diverso, e senza dubbio a mio avviso molto discutibile, è il caso del suicidio per patologie che compromettono un vivere dignitoso. Anche molto discutibile il mai risolto, forse non risolvibile (almeno nella cultura occidentale) dualismo mente corpo (cervello) che, sempre seguendo Dell’Osso, le neuroscienze avrebbero risolto. In tal modo si può assimilare il disturbo mentale a una patologia internistica evitando la discriminazione tra persona affetta da disturbo mentale e cardiopatico…

Di un altro mondo sembra parlare Cozza nell’articolo dal titolo “L’Europa traccia la via giusta da seguire” comparso su QS del 13.12.2023 dove viene citata a più riprese l’OMS (non una filiazione di Psichiatria Democratica o delle correnti antipsichiatriche, anche se oggi si parla di “sopravvissuti” e della rinascita dell’antipsichiatria).

Riporto alcune affermazioni tratte dall’articolo che sostanzialmente riprede le raccomandazioni dell’OMS in tema di salute mentale.

“Si riconosce (da parte dell’OMS ndr) la validità dell’approccio bio-psico-sociale correlando i problemi della salute mentale ai determinanti della salute (accesso all’assistenza sanitaria, alimentazione e attività fisica, consumi di alcol, tabacco e droghe illecite) e ai determinanti ambientali, urbanistici, climatici, sociali, culturali, economici e commerciali”.

Personalmente ritengo che l’approccio bio-psico-sociale (Engel 1977) che dovrebbe mettere d’accordo tutti sia una formulazione interessante e ancora valida, anche se datata. Rischia però di mettere sullo stesso piano approcci e impostazioni diverse. E’ come dire che (oggi) siamo tutti basagliani e freudiani. Non è così e questo articolo lo dimostra.

Ancora Cozza che riprende le raccomandazioni dell’OMS:

“Possono migliorare la salute mentale lo sport e l’esercizio fisico come anche la partecipazione ad attività culturali.

La salute mentale e la salute fisica sono fondamentalmente interconnesse e le persone che vivono con un grave problema di salute mentale sono maggiormente esposte al rischio di essere affette da un’ampia gamma di patologie fisiche croniche ed hanno un’aspettativa di vita inferiore di 10-20 anni rispetto alla popolazione generale”. Sono queste le conquiste della “cura” proposte dalla Dell’Osso che sottintendono che la cura sia sostanzialmente psicofarmacologica?

“Più in generale il Consiglio invita gli Stati membri a dare priorità a politiche e servizi integrati in materia di salute mentale, riconoscendo i determinanti sociali, ambientali ed economici”.

“In considerazione del prossimo centenario della nascita di Franco Basaglia dell’11 marzo 2024, possiamo senz’altro affermare che l’Europa sta portando avanti un percorso già ben delineato in Italia con la chiusura dei manicomi, centrato sulla dignità e sui diritti di cittadinanza delle persone con disturbi mentali”.

“Un approccio ormai condiviso in Europa, e dalla stessa OMS, che necessita di più investimenti non solo in termini di risorse ma di cultura, di formazione e di politiche sociali.”

In conclusione mi sembra che si possa confermare una divaricazione, che al momento mi sembra purtroppo insanabile, fra una psichiatria con impronta fortemente (neuro) biologica e una concezione del disturbo (non parliamo di disagio, ma forse questi termini vanno meglio precisati) mentale che, pur non escludendo le effettive conquiste delle neuroscienze, non trascurino i determinanti psicosociali della salute che sono in primo piano nel determinare sofferenza, disagio e vere e proprie patologie siano esse psichiatriche e non psichiatriche.

Mi piacerebbe che altri psichiatri fossero sollecitati a esprimersi da queste note.


Dott. Renato Ventura
Psichiatra e psicoanalista SPI
Presidente Associazione La Tartavela ODV

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