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Lunedì 11 FEBBRAIO 2013
Fecondazione assistita. Corte Ue boccia il ricorso del Governo italiano su legge 40

I giudici di Strasburgo respingono il ricorso presentato dal Governo e confermano la bocciatura della legge 40 come nella sentenza di agosto. Il caso emerso dalla denuncia di una coppia portatrice sana di fibrosi cistica che per la legge italiana è impossibilitata ad accedere alla diagnosi preimpianto degli embrioni. Corte Ue: “Norma incoerente con impianto legislativo”

La Corte europea dei diritti dell’uomo, come si apprende da alcuni lanci di agenzia, ha deciso di non accettare il ricorso presentato dal Governo italiano in cui si chiedeva il riesame della sentenza dello scorso 28 agosto in cui la Corte di Strasburgo aveva dato ragione ad una coppia italiana portatrice sana di fibrosi cistica che per la legge 40 è impossibilitata ad accedere alla diagnosi preimpianto degli embrioni.
Per la Corte, si leggeva nella sentenza di agosto, la norma è “incoerente” perché viola l’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione europea dei diritti sull’uomo.
Il caso.
Nello specifico i giudici, all’unanimità, avevano dato ragione ad una coppia fertile, Rosetta Costa e Walter Pavan, portatrice sana di fibrosi cistica che aveva fatto ricorso più di un anno fa perché impossibilitata dalla normativa italiana ad accedere alla diagnosi reimpianto degli embrioni. La legge 40 infatti consente questa pratica solo alle coppie sterili o a quelle in cui il partner maschile abbia una malattia sessualmente trasmissibile, come l'Aids. 
 
La Corte Ue, specificava nella sentenza di agosto come “il sistema legislativo italiano in materia di diagnosi preimpianto degli embrioni è incoerente”. Per i giudici ciò era dovuto al fatto che, se da un lato la legge non consente la diagnosi preimpianto, allo stesso tempo un'altra norma consente alla coppia di accedere a un aborto terapeutico in caso che il feto venga trovato affetto da fibrosi cistica. Questa la ragione per cui i giudici di Strasburgo hanno sentenziato ad agosto e confermato oggi che cosi com'è formulata, la legge 40 viola il diritto al rispetto della vita privata e familiare (articolo 8 Convenzione dei diritti dell’uomo) di Rosetta Costa e Walter Pavan, per cui lo Stato dovrà versare 15mila euro per danni morali e 2.500 per le spese legali. 

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