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Pma. Governo chiede riesame sentenza europea contro Legge 40. "Non è una scelta di merito"


Impugnata la sentenza di Stasburgo del 28 agosto. Nell'ultimo giorno utile chiesto il riesame alla Grande Camera della Corte europea per i diritti dell'uomo a "salvaguardia dell’integrità e della validità del sistema giudiziario nazionale". Ma il ricorso "non riguarda il merito delle scelte normative adottate dal Parlamento né eventuali nuovi interventi legislativi".

28 NOV - A fine agosto l'Europa bocciava la nostra legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita. La sentenza veniva dalla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo e la motivazione stava nella constatazione che la legge italiana si pone in contrasto con l’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione europea dei diritti sull’uomo.
 
Nello specifico i giudici, all’unanimità, avevano dato ragione ad una coppia fertile, Rosetta Costa e Walter Pavan, portatrice sana di fibrosi cistica che aveva fatto ricorso perché impossibilitata dalla normativa italiana ad accedere alla diagnosi preimpianto degli embrioni. La legge 40 infatti consente questa pratica solo alle coppie sterili o a quelle in cui il partner maschile abbia una malattia sessualmente trasmissibile, come l'Aids. 
 
Per diventare definitiva la sentenza UE non doveva però essere impugnata dal Governo italiano entro i primi tre mesi dalla data di emanazione. Quindi entro oggi. E fino ad oggi in molti speravano nella rinuncia di Monti a ricorrere in Europa.

Invece l'Italia ha deciso oggi di chiedere il riesame della sentenza alla Grande Camera della Corte europea per i diritti dell'uomo, come annunciato da Palazzo Chigi con la seguente nota:
 
"Il Governo italiano ha depositato presso la Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo, quale Giudice di seconda istanza, la domanda per il riesame della sentenza 28 agosto 2012 con cui era stato accolto, in relazione all’articolo 8 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo, il ricorso n. 54270/2010. La decisione italiana di presentare la domanda di rinvio alla Grande Chambre della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo si fonda sulla necessità di salvaguardare l’integrità e la validità del sistema giudiziario nazionale, e non riguarda il merito delle scelte normative adottate dal Parlamento né eventuali nuovi interventi legislativi.

La domanda di rinvio, infatti, si è resa necessaria in quanto l’originaria istanza è stata avanzata direttamente alla Corte europea per i diritti dell’uomo senza avere prima esperito – come richiede la Convenzione – tutte le vie di ricorso interne e senza tenere nella necessaria considerazione il margine di apprezzamento che ogni Stato conserva nell’adottare la propria legislazione, soprattutto rispetto a criteri di coerenza interni allo stesso ordinamento.

La Corte ha deciso di non rispettare la regola del previo esaurimento dei ricorsi interni, ritenendo che il sistema giudiziario italiano non offrisse sufficienti garanzie".
 

28 novembre 2012
© Riproduzione riservata

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