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QS Edizioni - sabato 27 aprile 2024

Lettere al Direttore - Abruzzo

Se le ricette le fa la segretaria

di Florindo Lalla
Gentile Direttore,
il servizio giornalistico trasmesso il 20.12.2018 dalla rete televisiva Canale5 sull’andamento di un anonimo studio di medicina generale impone una riflessione sull’attività della segretaria di studio che, molto spesso, esegue compiti d’esclusiva pertinenza medica che possono configurare in capo ad essa ipotesi del reato di esercizio abusivo della professione medica e, in capo al medico, altri reati, quali: favoreggiamento dell’esercizio abusivo della professione medica, falso ideologico in atto pubblico per certificati di malattia rilasciati senza visita, sostituzione di persona, mancata adozione di misure adeguate di protezione di dati sensibili, illecita diffusione degli stessi, etc., senza contare il danno al decoro professionale che costituisce violazione del codice deontologico.  

Probabilmente il servizio televisivo mostra un caso limite contro la maggioranza di gestioni di studio oculate e regolamentate. C’è, tuttavia, il fondato sospetto che quanto rappresentato potrebbe essere la punta di un iceberg atteso che, nella quotidiana pratica della medicina generale, la tentazione di usare in modo improprio la segretaria di studio è molto forte, specie laddove si voglia assecondare l’assistito e fargli “guadagnare tempo” ma, soprattutto, quando si ignorano le mansioni che essa può assolvere e solo su mandato scritto del medico titolare.

L’Ordine dei medici di Firenze le individua in poche ed essenziali: “Il personale di segreteria deve limitare l’accesso solo ai dati necessari per svolgere il proprio lavoro, per cui potrà sicuramente accedere ai dati personali degli assistiti (es. indirizzo e numero di telefono) ma non ha titolo per accedere ai dati sanitari. Anche in questo caso è necessario che l’accesso al computer sia effettuato con un nome utente e una password dedicata al personale di segreteria, in modo che il sistema faccia accedere ai dati comuni e non a quelli sanitari”.            

La corrente giurisprudenza censura il medico che demanda a terzi sue specifiche competenze ben evidenziate nel servizio televisivo, quali:

1) la ripetizione di prescrizioni di farmaci per patologie croniche ipotizzando la non necessità del controllo medico o, addirittura, perché atto “non clinico” e, quindi, delegabile a personale non medico (Cassazione penale, sez. VI, sentenza 31/03/2011 n° 13315);    

2) la certificazione di malattia redatta senza visita al malato od a seguito di richiesta telefonica o di altro mezzo di comunicazione (Cassazione penale, sez. V, sentenza n. 18687 15/05/2012 n° 18687);  

3) l’uso di password altrui di accesso a sistemi telematici sanitari (Provvedimento del Garante della privacy n° 335 del 22/05/2018).   
 
Bisognerebbe chiedersi il motivo per cui, nonostante le normative e la giurisprudenza cercano di salvaguardare la centralità del medico connotata da un costante contatto con l’assistito per ogni sua esigenza di salute (diagnosi, cura e prevenzione), si assiste passivamente ad una deriva comportamentale finalizzata a ridurre, sino ad abolirla, ogni forma di incontro medico-malato. Prova ne sia il proliferare di indirizzi telematici di studi di medicina generale che invitano gli assistiti a registrarsi per usufruire di richieste di prescrizioni di farmaci per terapie, anche non croniche, vagliate non si sa da chi, trasformate poi in ricette dematerializzate “disponibili in studio” talvolta lasciate in luoghi privi di custodia e di decoro umano ancorché professionale.
 
A censurare od impedire il verificarsi di tali comportamenti da parte di chi è istituzionalmente tenuto alla salvaguardia della deontologia professione, sarebbe sufficiente il mancato rispetto della dichiarazione del Garante della privacy, fatta nella relazione annuale al Senato della Repubblica del 28 giugno 2016, che non ammette letture diverse proprio a voler ribadire la centralità del medico ed il necessario e costante incontro con il malato: “L’unica modalità attualmente legittima affinché il paziente usufruisca del promemoria e possa ritirare i farmaci prescritti con ricetta DEM è la consegna da parte del medico prescrittore del promemoria cartaceo al paziente e la consegna da parte del paziente del promemoria cartaceo alla farmacia”.
 
Infine, va fatto pubblico riconoscimento al rappresentate sindacale FIMMG che, nei concisi tempi televisivi, ha stigmatizzato la singolare e diversificata attività dell’anonima segretaria ragioniera con perentori “NO”. Per questa esposta e giusta presa di posizione, propria del suo ruolo istituzionale, lo invitiamo a voler far revocare o decadere indicazioni regionali in contrasto con la dichiarazione del Garante dianzi riportata, come quella della Regione Veneto che, nelle Linee guida del 04.07.2014, prevede: “la possibilità che la ricetta sia predisposta da una persona incaricata dal medico titolare che sarà identificata tramite l’accesso con credenziali al software di scheda sanitaria individuale…” divenuta non più praticabile dopo un pronunciamento di carattere nazionale che, non individuando nessun’altra persona oltre al medico per la consegna della ricetta figurarsi per la sua predisposizione.    
 
Florindo Lalla
TDMe Abruzzo
9 gennaio 2019
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