"Appare necessario anche ai fini di una corretta informazione, in attesa della stesura della motivazione della sentenza, tenere doverosamente distinti i profili del movente di gelosia, dal delirio di gelosia, quale situazione patologica da cui consegue una radicale disconnessione dalla realtà, tale da comportare uno stato di infermità che esclude, in ragione elementare principio di civiltà giuridica, l'imputabilità".
Lo scrive in una nota il tribunale ordinario di Brescia dopo la sentenza di assoluzione per
Antonio Guzzini, che ha ucciso la moglie
Cristina Maioli ed è stato prosciolto perché ritenuto incapace di intendere e volere.
Ieri l'uomo è stato prosciolto perché ritenuto "incapace di intendere e volere". Il tribunale ha quindi ricordato che il movente di gelosia è "ben noto alla Corte di Assise di Brescia che proprio in ragione di tale concezione distorta del rapporto di coppia nel recente passato ha irrogato in due occasioni la pena dell'ergastolo".
Per l'assoluzione di Gozzini, nel corso delle indagini preliminari, i consulenti del pubblico ministero della difesa hanno concluso concordemente, sostenendo che "la patologia delirante di cui era ed è tuttora portatore Gozzini escludeva ed esclude in radice la capacità di intendere e volere con specifico riferimento al fatto commesso". Da qui la sentenza di assoluzione che ha spinto il Ministero della Giustizia ad inviare gli ispettori per accertamenti.