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QS Edizioni - domenica 16 giugno 2024

Lettere al Direttore

L’Enpam e la svolta liberista

di Ivan Cavicchi
immagine 6 maggio - La mia impressione è che la professione  medica sia un po' come quella famosa  pulzella che, a forza di andare a letto con  chi capita, a mano a mano perde le sue virtù. Senza capire che per i medici perdere le virtù significa perdere l’onore, la credibilità, la fiducia, l’affidabilità. Cioè uno status. Quindi tirarsi la zappa sui piedi.
immagine 6 maggio - Gentile direttore,
abbiamo letto che l’Enpam l’ente previdenziale dei medici, nonché fondazione, ai fini di finanziarie le loro prestazioni previdenziali, ha comprato, delle azioni da Garofalo Health Care cioè una tra le più importanti S.p.A. che opera nella sanità privata quotata in Borsa e grazie alle quali ha acquisito un titolo di partecipazione alla sua proprietà.

Mercato e professione
Questo strana combinazione tra interessi così diversi tra di loro quindi tra professione e mercato, non avviene a caso ma coincide in un momento in cui:
- la “questione medica” pur abbandonata dalla Fnomceo viaggia verso un epilogo non più tanto ignoto e neanche tanto roseo e purtroppo neanche tanto glorioso e che gli inglesi chiamano in senso figurato downgrading, cioè lo scendere di gradino nella classificazione sociale
- il diritto alla salute (art 32) con le controriforme fatte da diritto fondamentale è diventato un diritto potestativo e per giunta subordinato al mercato e all’aziendalismo
- la privatizzazione della sanità pubblica è diventata il grande scopo del nostro capitalismo nostrano che, come dimostrano le grandi “ holding ” della sanità privata (Rotelli, De Benedetti, Rocca, Garofalo, Miraglia, Angelucci, Sansavini ecc) sta investendo sulla marginalizzazione del servizio pubblico con l’ambizione di prenderne il posto.

Mi viene il dubbio che se una professione anziché seguire gli insegnamenti di Ippocrate segue quelli di Adam Smith può farsi male, cioè perdere il suo impareggiabile senso e significato sociale ma facendo male anche al malato. Cioè al suo fiduciante.

Art 4
Nel codice deontologico dei medici (art 4) è scritto con grande chiarezza che la libertà l’indipendenza l’autonomia e la responsabilità” della professione medica sono principi “fondanti” in ragione dei quali la professione medica non può “sottostare a interessi, imposizioni o condizionamenti di qualsiasi natura”.

Un articolo, per me, che non è riducibile semplicemente a un conflitto tra interessi economici di vario tipo quindi di natura solo utilitaristica, ma è più profondo e si ricollega alla idea a me cara della medicina quale “scienza impareggiabile” cioè di una scienza che deve essere per forza più autonoma più indipendente e più libera ma per essere la più adeguata al gradiente di complessità dei suoi malati e della sua società .Pena la sua delegittimazione sociale.

La questione del giudizio
Riprendendo Marco Bobbio (Giuro di esercitare la medicina in libertà e indipendenza. Medici e industria 2004)il conflitto di interessi si verifica quando un professionista "si trova in una condizione dove il giudizio relativo a un interesse primario tende a essere influenzato da un interesse secondario, quale guadagno economico o altro vantaggio personale".

Ma se il “giudizio” del medico è condizionato “dall’interesse secondario” per esempio del mercato il medico cessa di essere medico, cioè cambia la natura ippocratica della professione, perché dice l’art 4 l’unico condizionamento che gli è deontologicamente concesso è l’interesse del malato. Altri generi di condizionamenti dice sempre l’art 4 non sono ammessi

Il problema se parliamo di “giudizio” allora prima di riguardare la sfera degli interessi riguarda quella della conoscenza quindi è euristico e gnoseologico. Se il medico nelle complessità date non è libero di conoscere e di giudicare rischia di tradire il suo malato come persona e cittadino ledendone i diritti fondamentali. Quindi non solo di entrare in conflitto con lui ma di truffarlo.

Truffa o conflitto?
Se il medico truffa per ragioni di mercato il suo malato cioè il suo fiduciante siamo ben oltre il conflitto di interesse perché egli ridurrebbe il malato, come direbbe certa letteratura marxista, ad una “merce” e niente di più. In una “società della mercificazione” per citare un bel libro di Roberto Caso, la truffa al malato da parte di un medico, sarebbe non un reato contro il patrimonio ma contro i suoi diritti con la conseguenza di trasformare fatalmente il medico in un trafficante di diritti .

Il minimo che possa capitare a un medico del genere è il downgrading.

Pecunia non olet
Naturalmente non mi è difficile immaginare in contrapposizione a questo ragionamento l’obiezione scontata dell’Enpam e della Fnomceo e cioè “pecunia non olet”.

Se è vero come sosteneva Vespasiano mentre tassava la pipì dei romani che il denaro è solo denaro quindi non ha odore, anche se trattandosi di pipì è evidentemente una tesi implausibile, allora si dovrebbe ammettere che per i medici il denaro è solo un mezzo che non determina le loro intenzioni del tutto indipendente dalla sua deontologia. In fin dei conti si tratta di prestazioni previdenziali e nulla di più. Che problema c’è se l’Enpam quindi il medico è azionista di un colosso della sanità privata come GHC ?

Il punto è che le intenzioni del medico quindi il suo giudizio di fatto in un mercato privato della sanità sono molto condizionate dalle regole di mercato soprattutto se convenzionato .

Vorrei ricordare che prima del “progetto mattoni” (decreti 21 novembre 2005 e 18 dicembre 2008) le strutture private come GHC erano incentivate ad allungare al massimo le degenze, visto che venivano pagate secondo i giorni di ricovero. Ora con i DRG l’obiettivo è di minimizzare le degenze ad ogni costo e massimizzare i casi trattati ma anche curare i malati ai costi più bassi. E questo normalmente non avviene quasi mai a vantaggio del malato ma il contrario. Sui DRG è stato scritto molto. In particolare Nonis (2007/2009). Insomma con i DRG e i Rod è proprio difficile dire che “pecunia non olet” e che il denaro non condiziona i giudizi e la conoscenza dei medici. I Drg “puzzano” esattamente come la pipì dei romani per questo essi sono stati abbandonati dai loro inventori gli americani a favore degli health care budget o dei clinical budget.

Adattare la deontologia agli interessi di mercato
Per tutte queste considerazioni siamo sicuri che l’ingresso dell’Enpam in GHC non tradisca delle contraddizioni e delle pesanti aporie deontologiche ma anche strategiche?

In fin dei conti finanziare le pensioni dei medici attraverso la sanità privata pone gli stessi problemi morali di finanziare le stesse pensioni attraverso l’industria bellica . Non ha senso finanziare le pensioni dei medici producendo cannoni bombe e mine.

Le pensioni dei medici non dovrebbero essere finanziate da ciò che è in contraddizione con l’art 32 della costituzione perché se così fosse esse sarebbero fatalmente in contraddizione con gli scopi fondamentali della professione.

Il rischio che la professione corre, mentre è in atto un robusto processo di privatizzazione della sanità e la professione è di fatto in caduta libera, è che per rimuovere la contraddizione tra professione e mercato si sia tentati di cambiare la deontologia . Cioè di adattare la professione al mercato. Ma siamo sicuri che questa sorta di deontologia di mercato per i medici sia la strada giusta da prendere?

Imperativi categorici
Per adattare la professione medica al mercato è necessario eliminare ciò che rende la professione impareggiabile vale a dire gli imperativi categorici. Quindi l’art 4 .

Se, come è stato fino ad ora, l’imperativo categorico è l’interesse del malato tutto quanto è in contraddizione con esso per esempio i DRG, dovrebbe essere per i medici deontologicamente sconveniente

L’imperativo categorico come è noto è il principio portante dell'etica deontologica moderna Esso potrebbe essere definito, seguendo Kant, come lo standard della razionalità da cui tutte le esigenze morali della professione medica derivano. Cioè una precisa relazione vincolante per il medico tra razionalità e moralità. Ma il DRG come ha dimostrato la letteratura spesso è la negazione dell’imperativo categorico. I DRG non sono stati fatti per ragioni morali ma per ragioni economiche. Essi permettono di classificare i malati in gruppi omogenei in base alle risorse impegnate per la loro cura. Cioè in classi di costo. Le strutture private per stare nelle tariffe ed essere rimborsate sono costrette molto spesso a ignorare l’imperativo categorico.

Questo vuol dire che l’ingresso dell’Enpam nel cda di GHC per ragioni di coerenza è una grave lesione alla deontologia.

Commistioni
Secondo me il problema non è tanto la contiguità degli interessi tra la GHC e l’Enpam che nel suo statuto non esclude praticamente niente, ma sono le commistioni che sussistono tra interessi economici, interessi politici, e interessi professionali. Non va dimenticato che l’attuale presidente di GHC è un eurodeputato della lega che ha fondato Alternativa per l'Italia (Api), movimento politico sovranista ed euroscettico che chiede l'uscita dell'Italia dall'Unione monetaria europea Come non vanno dimenticate le campagne elettorali e le “serate di gala” (documentate da alcuni interessanti video) che GHC ha probabilmente finanziato soprattutto nelle regioni nelle quali ha forti interessi ,compreso l’insospettabile Emilia Romagna, dove la GHC ha rispetto ad altre regioni il più alto numero di strutture cliniche e ambulatoriali e ospedali privati (Domus nova, ospedale S Francesco, ospedali privati riuniti)

Ma a parte le commistioni che negano l’art 4 la cosa che secondo me tanto per la Fnomceo che per l’Enpam è imbarazzante perché nega platealmente l’art 4 è la partecipazione dell’Enpam alla gestione diretta degli interessi privati della GHC.

Il presidente Oliveti con comprensibile orgoglio ha annunciato che l’Enpam entrerà come azionista indipendente (sic!)nel cda con una quota pari al 5%.

La svolta “liberista” dell’Enpam in ragione del principio “culo e camicia” immagino sia avvenuta con la benedizione della Fnomceo e di tutto il sindacalismo medico che è bene ricordare è quello che in modo decisamente pansindacalista decide sia la leaderschip dell’Enpam che quella della Fnomceo. I sindacati che hanno fatto di tutto per entrare in Enpam e godere dei suoi generosi compensi non hanno detto una parola. Pecunia non olet, per l’appunto.

Tutti costoro sembrano interpretare a loro modo la massima di S. Agostino “Dilige et fac quod vis” (ama e fa quello che vuoi) in modo parecchio discutibile e che rischia di portare la professione medica, sul terreno paludoso quanto meno dell’opportunismo

“Dilige et quod vis fac” non può esser equivocato ne dall’Enpam ne dalla Fnomceo perché l’amore per il malato è un imperativo implicito nell ‘art 4 che non può essere ridotto a opportunismo. E’ quanto meno imbarazzante che un medico per avere la pensione non esiti a sfruttare il mercato che a sua volta non esita a sfruttare il malato riducendolo a merce .

“Dilige et fac quod vis” vuol dire il contrario di ciò che pensa l’Enpam e la Fnomceo e tutti i sindacati compiacenti. “ Fa quello che vuoi” come ci spiegano gli esegeti agostiniani è una conseguenza del dilige, (ama). Cioè una conseguenza dell’imperativo categorico. Quindi amare significa fare esattamente il contrario di ciò che ha fatto l’Enpam entrando in GHC. Amare non è speculare. Ma speculare non è amare.

Se l’Enpam partecipa alla gestione attiva del mercato privato della sanità quindi alla riduzione del malato ad una merce allora essa da ente previdenziale dei medici diventa un ente previdenziale dei trafficanti di diritti. A questo punto i medici non si devono lamentare del downgrading e del conflitto sociale che sempre più vasto cresce contro di loro.

Conclusione
La mia impressione è che la professione medica sia un po' come quella famosa pulzella che, a forza di andare a letto con chi capita, a mano a mano perde le sue virtù. Senza capire che per i medici perdere le virtù significa perdere l’onore, la credibilità, la fiducia, l’affidabilità. Cioè uno status. Quindi tirarsi la zappa sui piedi.

Per i malati gli imperativi categorici dei medici restano la prima garanzia. Senza di essi non ci sarebbe scienza impareggiabile e il medico non sarebbe altri che un trafficante di diritti.

Per cui non se l’abbia a male il presidente dell’Enpam che andai a trovare nel 2018 a piazza Vittorio, per spiegargli la “questione medica” che ricordo proprio in quella occasione appoggiò con grande convinzione, ma io nell’interesse sia del medico che del malato ad Adam Smith continuo a preferire Immanuel Kant.

Ivan Cavicchi
6 maggio 2024
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