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QS Edizioni - lunedì 17 giugno 2024

Studi e Analisi

Nhs e Ssn, due sistemi sanitari, universalistici e... “anziani”

di G. Banchieri; A. Vannucci
immagine 10 maggio - Lo scorso anno, in occasione della ricorrenza del suo 75° anno, una commissione di esperti, su mandato del BMJ, ha studiato lo stato dell’NHS UK, le sue manifeste criticità ma anche i perduranti punti di forza e le misure per salvarli. Molte osservazioni ed argomentazioni assomigliano a quelle del dibattito in corso sul nostro SSN (46 anni dalla sua istituzione) e le sue sorti. Ci sembra interessante riportarle e confrontarle con aspetti simili, e non, della nostra attuale realtà

Le crisi parallele del NHS e dei SSR Italiani
IL NHS non è mai stato in una crisi più profonda e, sebbene i problemi possano sembrare insolubili, la Commissione BMJ scrive: “crediamo che valga la pena lottare per la premessa centrale dell'NHS – un servizio sanitario gratuito presso il punto di cura per tutta la popolazione. È possibile creare una visione per una società che dia priorità ai risultati relativi alla salute e al benessere con il NHS al centro?”

Una domanda e delle risposte che anche noi ci poniamo e che cerchiamo di trovare.

Nel Regno Unito, così come in Italia, ci sono più persone: politici, tecnici e cittadini che sono disposte a vedere la distruzione del sistema sanitario nazionale come lo conosciamo, per essere sostituito da una maggiore privatizzazione o da un sistema basato sulle assicurazioni.
Entrambi questi approcci amplieranno ulteriormente le diseguaglianze già esistenti.

Erodere un servizio pubblico universalista?
In un mondo impegnato nella copertura sanitaria universale, in particolare se leggiamo il recente Briefing Paper “Achieving universal health coverage” del European Observatory of Health Systems and Policicies - European Commission erodere quello che abbiamo ottenuto attraverso un servizio pubblico sembra un passo indietro incomprensibile.

Se guardiamo agli Stati Uniti c’è una lezione da imparare: più soldi non sono necessariamente la risposta per risolvere le crisi ma è solo spendere di più e lasciare indietro chi non può farlo.
È vero che in Italia il fondo sanitario nazionale in % di PIL è il più basso rispetto alle nazioni più a noi simili (a parte il debito pubblico!).
Più disponibilità finanziaria potrebbe risolvere alcuni aspetti della crisi attuale. Le liste d’attesa, ad esempio; un punto molto sensibile per i cittadini.
Più soldi, nel medio periodo potrebbero dare anche la possibilità di migliori retribuzioni per i professionisti sanitari ma ricordiamo anche che tutte le evidenze internazionali in tema di misure per reclutare e trattenere il personale nei servizi sanitari pubblici non lo considerano il principale fattore chiave e comunque con effetto solo nel breve periodo.

Gli investimenti veri, quelli che daranno a lungo termine un ritorno significativo, sono la prevenzione e un sostanziale riassetto delle cure primarie integrate con le risorse dedicate all’assistenza sociale. Queste produrranno i migliori ritorni sanitari ed economici.

Lo sappiamo tutti, è ora di provare.

Invecchiamento delle popolazioni e bisogni di salute
Nella recente survey che ha visto la partecipazione di un selezionato comitato internazionale di esperti e stakeholder: EuroHealthNet The future of public health in Europe” si mette in risalto il ruolo svolto dall'aumento dell'invecchiamento della popolazione e dal conseguente, ma di entità tutta da definire, aumento delle malattie croniche come minaccia per la sostenibilità della salute e dei sistemi di protezione.

Tuttavia ci sono anche due fattori da considerare:

  • Tecnologie emergenti, digitalizzazione e progressi biomedici offriranno nuove opportunità per migliorare la salute della popolazione, ma anche tra cui il rischio di un divario digitale;
  • È calcolato che la metà dell’intera spesa per curarsi avviene nell’ultimo anno di vita e questa è una condizione indipendente dall’aumentare della lunghezza della stessa. Cure appropriate, non futilmente rivolte a guarigioni impossibili, ma ad accompagnare le persone alle fine della vita in modo dignitoso ed attento al sollievo dei sintomi possono risultare di grande valore, proprio nei termini del rapporto costo/benefici.

C’è poi l’indiscussa realtà del cambiamento del clima e il suo impatto sulla salute pubblica.
Qui va previsto un approccio olistico, che coinvolga l'intera società per lavorare insieme a perseguire la salute planetaria e garantire che gli impatti ambientali non aggravino disuguaglianze sociali e sanitarie.

La promozione della salute e la prevenzione delle malattie devono essere al centro di questi cambiamenti per garantire l'uso più efficiente ed equo delle limitate risorse sanitarie. Inoltre, le nuove quadri strategici che affrontano la salute.

Le transizioni delle nostre società e le risposte politiche correlate richiedono per la salute pubblica la sinergia di stakeholder lungimiranti nel prevedere e pianificare a lungo termine e stabilire una base per un'azione che possa consentire società più sane.

È necessario capire la sostenibilità per noi “umani” e per il pianeta con 8 miliardi di abitanti del modello di mercato globale.

Nelle Università americane e cinesi si studiano punti di forza e di debolezza dei modelli realizzati nei vari Paesi per trovare, tramite un approccio di verifica e contaminazione culturale e scientifica, come prefigurare nuovi modelli di sviluppo sostenibili per l’ecosistema, per la nostra specie, per le altre specie, per i vai Paesi. Si ritorna a parlare del ruolo dello Stato, del “pubblico” per regolare l’economia e proteggerla dalle sue pulsioni autodistruttive;


Fonte: EuroHealthNet The future of public health in Europe

One-health” vuol dire innanzitutto renderci conto che siamo tutti sulla “stessa barca” e per uscirne dobbiamo decidere tutti insieme da che parte remare.
Non è facile, ma la realtà dei fatti e le condizioni di vita che stanno cambiando per tutti vanno inevitabilmente verso una crescita della consapevolezza collettiva della posta in gioco.
Le politiche di rinvio potranno protrarsi ancora per poco perché la realtà fattuale ci farà toccare con mano le vere priorità da affrontare, le scelte da afre, i prezzi da pagare.

Dagli ultimi decenni del secolo scorso si sono verificati enormi cambiamenti nelle cure.
L'aumento delle condizioni a lungo termine, insieme al passaggio a servizi più personalizzati, significano che gran parte dell'assistenza sanitaria deve essere a lungo termine e relazionale, non transazionale ed episodica.

Nonostante ciò, l'NHS UK e SSN ITA utilizzano ancora modelli di servizio basati su ospedali ed episodi di cura, progettati per le diverse esigenze di una popolazione più giovane (più malattie infettive, traumi e malattie acute).

Usare un modello del 20° secolo per affrontare i problemi del 21° secolo è la principale fonte di inefficienza e sorprende leggere come da più parti si invochi un aumento dei letti ospedalieri.

I letti ospedalieri nei due ultimi decenni sono diminuiti perché la domanda ed il loro uso si è modificato. Andare a riaumentarne il numero non sarebbe saggio.
Inoltre, ormai sappiamo come la maggior parte dei problemi di salute può essere collegata a cause esterne (povertà, alloggio, istruzione, nutrizione e altre) e questo richiede interventi diversi.
Una nuova attenzione da parte della società in generale e un rinnovato impegno dei sistemi sanitari pubblici sulla prevenzione delle malattie e sulla creazione di salute.

I valori portanti anche nel 2035 per la salute pubblica europea
Ancora leggendo “The future of public health in Europe” del EuroHealthNet si riflette sul fatto che i valori più importanti che continueranno a essere centrali per la salute pubblica in Europa nel 2035, identificati dagli intervistati, sono:

  • Equità e inclusività;
  • Trasparenza e affidabilità;
  • Promozione della salute e prevenzione;
  • Efficacia e approccio basato sull'evidenza;
  • Coinvolgimento e collaborazione con la comunità;
  • Sostenibilità e responsabilità.

È questo il quadro di riferimento con cui guardare al futuro senza ricorrere a soluzioni e schemi mentali che appartengono ad un passato che non è più.

I Governi dei Paesi che hanno un sistema sanitario pubblico devono essere onesti sulla portata dei problemi, sui vincoli finanziari, sul personale e sulla lunghezza del tempo e degli sforzi che saranno necessari.
Tutto il dibattito politico dovrebbe essere all’altezza di queste sfide e non correre dietro a soluzioni non serie ed inutili, ma magari suggestive per il senso comune. Che, ricordiamolo, non corrisponde necessariamente al buon senso.

Affrontare il nodo ambiente, salute, sanità, sviluppo, sostenibilità comporta ripensarci in una logica di comunità e di responsabilità collettiva, di “nuovi valori”, di nuove compatibilità, di una nuova idea di sviluppo possibile.
Se non si afferma un approccio collettivo, olistico e sistemico e si continua la deriva del tutto e subito, dell’individualismo, dell’edonismo, del consumismo sfrenato il prezzo che dovremo pagare rischia di essere altissimo … lo stiamo già pagando in giro per il pianeta … in specie i Paesi meno sviluppati e colpiti da siccità e manifestazioni naturali estreme … Incominciamo a pagarlo anche nei cosiddetti Paesi sviluppati, oggi obiettivamente in declino economico e sociale.

Ridare centralità ad una vera autonomia del sistema e a strutture “terze
Adesso che c’è crisi ci rendiamo conto che la regionalizzazione della sanità italiana è un ostacolo per quella che sarebbe una misura necessaria (che anche la commissione BMJ per il salvataggio del NHS invoca): istituire un Ufficio per la Politica e la Responsabilità di Bilancio del Sistema Sanitario per fornire una valutazione indipendente ed esperta dei piani e delle politiche del sistema stesso, che contribuirebbe a proteggerlo da pressioni politiche a breve termine e politiche mal pensate.

Questo approccio è difficile, ma non impossibile.
In Italia potrebbe richiedere un ruolo autorevolmente attribuito ad AGENAS, ad esempio, e poi un sistema di finanziamento sostanzialmente pay for value per prevenire suggestioni sconsideratamente autonomistiche.

Certo che se si guarda ai programmi del Governo in termini di autonomie regionali forse non è il momento più favorevole.
Allo stesso modo, il sistema sanitario dovrebbe dare priorità all'affrontare le disuguaglianze nell'accesso e nei risultati.
E anche in questo caso estendere al massimo l’uso degli indicatori del Piano Nazionale Esiti - per farne uno dei principali strumenti di pianificazione e controllo -diventa una necessità.

“Copertura universale” o “universalità selettiva”
I governi che si sono succeduti - in Inghilterra e in Italia - hanno introdotto politiche per gestire le tensioni tra la fornitura di un servizio completo e la sua gratuità nel momento del bisogno.

Questi includono:

  • Esenzioni di tipologie di prestazioni a target di popolazione tipo pensionati, persone con disabilità o malattie a lungo termine, donne incinte, neomamme e coloro che ricevono determinate prestazioni.
  • Disposizioni nazionali e regionali per la definizione delle priorità, che a volte sono in conflitto, e che consentono lo sviluppo di liste d'attesa per razionare e ritardare l'accesso.
  • Gestire le risorse attraverso pratiche e protocolli basati sull'evidenza e introdurre nuove tecnologie in gran parte attraverso la formazione professionale e Agenzia Nazionali di riferimento quali il National Institute for Health and Care Excellence (NICE) in UK e AGENAS in Italia.

Questi dovrebbero fornire un quadro politico. Tuttavia, l'NHS e SSN/SSR e i loro medici e manager dovrebbero costantemente adattarsi alla situazione sul campo, formulare giudizi e gestire la politica e le aspettative dei loro pazienti.

Inoltre la più grande anomalia del sistema NHS, come per altro del SSN/SSR è che l’assistenza sociale, da cui dipende gran parte dell’assistenza sanitaria, è di responsabilità delle autorità locali, è per lo più valutata in termini di risorse e varia enormemente da una zona all’altra.
Per la sostenibilità del sistema salute dei due Paesi è fondamentale integrare le reti sanitarie e quelle sociali.

L’Italia e il Regno Unito sostengono - ancora e per ora - la politica per la copertura sanitaria universale a livello di popolazione, in modo che tutti abbiano accesso all'assistenza sanitaria ovunque, ma i sistemi sanitari dei due Paesi sono in crisi, così come altri nell'Europa occidentale.
L'alternativa ad un servizio completo è quella di limitare i servizi a una determinata fascia disponibile per tutti e/o di limitarli a una parte della popolazione.

È comparso così nel dibattito pubblico un termine contradittorio, praticamente un ossimoro: l’”universalità selettiva”. Ciò sarebbe tipico, ad esempio, di una polizza assicurativa che prevede una serie definita di prestazioni fornite solo ai suoi assicurati.

Le persone dovrebbero quindi pagare per eventuali servizi aggiuntivi direttamente o attraverso un ulteriore sistema assicurativo, se possono permetterselo, o farne a meno.

Un approccio incomprensibile per un sistema pubblico così come i cittadini lo conoscono.

Un sistema a “benefici definiti “presenta diversi inconvenienti. Il pacchetto di prestazioni può essere eroso nel tempo per diventare una rete minima di sicurezza dei servizi.
I Governi a corto di liquidità potrebbero esercitare pressioni per ridurre i benefici (l'austerità è un esempio recente) e gli interessi commerciali potrebbero promuovere opzioni più costose come alternative al pacchetto di base.

È probabile che un servizio di rete di sicurezza porti alla stagnazione e a servizi scadenti man mano che l'innovazione, lo sviluppo e gli investimenti si spostano in altre aree con una maggiore redditività.
È probabile che la disuguaglianza aumenti perché le persone più povere non possono pagare per servizi aggiuntivi e la qualità dei servizi e i risultati sanitari possono risentirne se vengono soddisfatte solo alcune esigenze.

Un sistema globale, al contrario, promuove l’innovazione nei servizi disponibili a tutti.

Noi pensiamo che un servizio completo debba rimanere un’aspirazione vitale che costringerà costantemente politici e tecnici a considerare il modo migliore per realizzarlo. È uno stimolo al progresso, ma funzionerà solo quando ci sarà trasparenza e fiducia.

Considerazioni finali

  • Ripensare la Riforma del Titolo V della Carta Costituzionale, che così come è cristallizza le differenze dei SSR e parcellizza il diritto alla salute;
  • Evitare una Autonomia differenziata che accentuerebbe solo diseguaglianze e diversità di salute;
  • Ripensare il processo di aziendalizzazione in sanità garantendo gli strumenti necessari ai manager pubblici per agire gestioni efficaci e efficienti anche in deroga con la normativa vigente, come in permanenza della pandemia;
  • Coinvolgere tutti gli attori delle filiere assistenziali in Piani di salute delle popolazioni in cui ricomporre e riconoscere gli interessi dei singoli erogatori in una logica, però, di “agenzie di salute pubbliche” e di governo integrato dei processi;
  • Affermare una governance del sistema salute del nostro Paese in cui le policy sanitarie, sociosanitarie e sociali e di salute siano agite dal lato della lettura dei bisogni delle popolazioni e non dal lato della riproduzione nel tempo di una offerta che spesso ne induce la domanda, ma non sempre, anzi spesso, la distorce e non ne segue l’evoluzione;
  • Coinvolgere fortemente le comunità, i cittadini, i pazienti, l’associazionismo e il Terzo Settore, come attori dei processi assistenziali e garanti della qualità delle prestazioni erogate.

Giorgio Banchieri
Segretario Nazionale ASIQUAS, Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche della Università “Sapienza” di Roma, Docente LUISS Business School Roma.
Andrea Vannucci
Socio ASIQUAS, Professore a contratto DISM Università di Siena, socio Accademia Nazionale di Medicina, Genova.

10 maggio 2024
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