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QS Edizioni - venerdì 26 aprile 2024

Regioni e Asl - Calabria

Calabria. La Consulta boccia la legge del 2019 per la proroga dei contratti scaduti e le stabilizzazioni

immagine 4 dicembre - Per i giudici la legge 34/2019 della Giunta, impugnata dal Governo, è illegittima perché non adduce esigenze eccezionali che giustifichino il rinnovo fino al 31 dicembre 2019 dei contratti flessibili del personale sanitario (perfino quelli già cessati) e non tiene conto delle disposizioni statali in materia anche laddove autorizza le aziende a procedre con le assunzioni a tempo indeterminato e le internalizzazione. A questo si aggiunge l'assenza di elementi sulla dedotta invarianza di spesa per il bilancio regionale. LA SENTENZA
La Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità della legge 34 del 4 ottobre 2019 con cui la Regione Calabria stabiliva il rinnovo al 31 dicembre 2029 dei contratti a tempo determinato e flessibili in scadenza o già scaduti, autorizzando anche le aziende a procedere, entro il 31 dicembre 2019, sulla base dei fabbisogni di personale, a concludere le procedure già avviate per l’assunzione a tempo indeterminato, nonché a procedere allo scorrimento delle graduatorie in corso di validità fino al loro esaurimento, così come a concludere le procedure di internalizzazione. Una legge impugnata dal Consiglio dei ministri che contestava anzitutto alla Calabria di interferire con le funzioni del commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro dai disavanzi sanitari.

Per il Governo, inoltre, il provvedimento calabrese, nel disporre il rinnovo fino al 31 dicembre 2019 del contratto a tempo determinato flessibile del personale che presta servizio presso le aziende sanitarie ospedaliere regionali, compresi i rapporti di lavoro cessati nell’ultimo periodo, invadeva la competenza statale in materia di “ordinamento civile”, contrastando con le previsioni dell’art. 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), in materia di rapporto di lavoro flessibile nelle pubbliche amministrazioni.

Infine, l’art. 2 e 3 della legge sull’assunzione e la stabilizzazione del personale precario violavano gli artt. 81 e 117, terzo comma, Cost., in riferimento ai principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica.

Osservazioni in buona parte recepite dalla Corte, per i quali “risulta evidente la violazione da parte della disposizione regionale della competenza statale in materia di ordinamento civile. In particolare, la disposizione impugnata, nel disporre il rinnovo fino al 31 dicembre 2019 dei contratti flessibili del personale sanitario e perfino la reviviscenza di rapporti di lavoro già cessati, non correla, come previsto dalla disposizione statale, il ricorso ai contratti flessibili a reali esigenze eccezionali e straordinarie. In questo modo il ricorso alle tipologie contrattuali in esame si risolve in una modalità volta a sopperire a carenze di organico del settore sanitario, alle quali, invece, si deve far fronte attraverso le forme di reclutamento di personale previste dal legislatore nazionale per la pubblica amministrazione”).

Per i giudici della Consulta “parimenti fondata è la questione promossa in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., per lesione dei principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, nei confronti delle disposizioni recate dagli artt. 2 e 3 della impugnata legge reg. Calabria n. 34 del 2019, concernenti, rispettivamente, la conclusione da parte delle aziende sanitarie e ospedaliere regionali delle procedure di assunzione di personale a tempo indeterminato e di quelle di internalizzazione del personale precario del comparto. Come rilevato dalla difesa statale, gli artt. 2 e 3 della legge impugnata non prevedono il puntuale rispetto delle disposizioni statali in materia, poiché nell’art. 2 manca in proposito qualsiasi riferimento, mentre l’art. 3 si limita a un generico e insoddisfacente richiamo «al rispetto della normativa vigente in materi”.

“In ogni caso - osserva la Corte - gli interventi previsti dalle disposizioni della legge regionale impugnata ledono il parametro dell’art. 81 Cost., stante la inidoneità della clausola finanziaria complessivamente posta dall’art. 4 della legge regionale, secondo cui dalla sua attuazione ‘non derivano nuovi o maggiori oneri finanziari a carico del bilancio regionale’. Difatti, la previsione dell’art. 4 della legge regionale impugnata, nel risultare meramente assertiva e apodittica, si risolve in una clausola di stile. Invero, le misure previste comportano, ex se, effetti finanziari in termini di spesa per il personale, mentre mancano elementi dimostrativi della dedotta invarianza di spesa per il bilancio regionale. Del resto, il ricorrente ha rappresentato che i tavoli di monitoraggio per la verifica del piano di rientro dal disavanzo finanziario del settore sanitario regionale hanno confermato la presenza di un deficit non coperto per l’anno 2018 e prospettato anche per l’anno 2019 una grave situazione di disavanzo.”

Dunque, “l’acclarata illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Calabria n. 34 del 2019 per violazione della competenza statale in materia di ‘ordinamento civile' e degli artt. 2 e 3 per incoerenza con i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica e per assenza di idonea copertura finanziaria, nel comportare l’assorbimento della censura sollevata in riferimento all’art. 120, secondo comma, Cost., conduce a dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’intera legge impugnata”.
4 dicembre 2020
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