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QS Edizioni - lunedì 29 aprile 2024

Cronache

Consulta. Incostituzionali tagli a maxi-stipendi pubblico impiego. "Sono discriminatori"

immagine 11 ottobre - La sentenza fa riferimento ai tagli sulle retribuzioni superiori ai 90mila euro previsti per i soli dipendenti del pubblico impiego (compresa la sanità), dal Dl n. 78 del 2010. Sancita in particolare l'illegittimità dell'articolo 9, per la Corte “il tributo imposto determina un irragionevole effetto discriminatorio”. La sentenza.
No ai tagli previsti dalla manovra economica del 2010 decreto per i dipendenti pubblici con stipendi superiori ai 90 mila euro. È quanto deciso dalla Corte costituzionale nella sentenza 223/2012, dove viene sancita in particolare l'illegittimità dell'articolo 9 del decreto legge 78/2010 (convertito con la legge 122/2010), nella parte in cui dispone che a decorrere dal primo gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 “i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, previsti dai rispettivi ordinamenti, delle amministrazioni pubbliche, siano ridotti del 5% per la parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonché del 10% per la parte eccedente 150.000 euro”. Per la Consulta, “il tributo imposto determina un irragionevole effetto discriminatorio”.
 
Nella sentenza viene sottolineato come le disposizioni governative si pongono in evidente contrasto con gli articoli 3 e 53 della Carta costituzionale. “L'introduzione di una imposta speciale – si legge -  in relazione soltanto ai redditi di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione víola, infatti, il principio della parità di prelievo a parità di presupposto d'imposta economicamente rilevante”.
 
“Da un lato, a parità di reddito lavorativo, il prelievo è ingiustificatamente limitato ai soli dipendenti pubblici – prosegue la sentenza - d'altro lato, il legislatore, pur avendo richiesto (con l'art. 2 del d.l. n. 138 del 2011) il contributo di solidarietà (di indubbia natura tributaria) del 3% sui redditi annui superiori a 300.000,00 euro, al fine di reperire risorse per la stabilizzazione finanziaria, ha inopinatamente scelto di imporre ai soli dipendenti pubblici, per la medesima finalità, l'ulteriore speciale prelievo tributario oggetto di censura”.
 
Nel caso in esame, dunque, come spiega la Consulta, “l'irragionevolezza non risiede nell'entità del prelievo denunciato, ma nella ingiustificata limitazione della platea dei soggetti passivi”.
La Corte costituzionale, al contempo, ha riconosciuto “l’eccezionalità della situazione economica che lo Stato deve affrontare”, che è “suscettibile di consentire al legislatore anche il ricorso a strumenti eccezionali, nel difficile compito di contemperare il soddisfacimento degli interessi finanziari e di garantire i servizi e la protezione di cui tutti cittadini necessitano”.
 
Tuttavia, viene sancito come “compito dello Stato”, anche in queste condizioni, “garantire il rispetto dei principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale, il quale, certo, non è indifferente alla realtà economica e finanziaria, ma con altrettanta certezza non può consentire deroghe al principio di uguaglianza, sul quale è fondato l'ordinamento costituzionale. In conclusione, il tributo imposto determina un irragionevole effetto discriminatorio”.
11 ottobre 2012
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