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QS Edizioni - mercoledì 8 maggio 2024

Il punto sulla riorganizzazione della rete ospedaliera

28 maggio - L'assistenza ospedaliera ha subito un significativo cambiamento negli ultimi anni, riconducibile alla generale tendenza alla diminuzione della degenza per acuti, cui hanno contribuito sia modelli incentrati su percorsi assistenziali condivisi, sia l’evoluzione di tecniche diagnostiche, terapeutiche e, soprattutto, chirurgiche, che hanno consentito  di ridurre il rischio nell'erogazione delle procedure ovvero la loro invasività. Il percorso attivato non ha ottenuto in tutte le realtà territoriali un soddisfacente livello di sviluppo. Le Regioni, soprattutto quelle in forte difficoltà economica, sono oggi impegnate a razionalizzare le reti ospedaliere secondo principi di appropriatezza dell'offerta, adeguamento qualitativo della stessa, efficienza gestionale e congruità dimensionale. In questo quadro, prospettato stamane al Senato dalla Corte dei Conti nel suo ‘Rapporto 2013 sul coordinamento della finanza pubblica', risulta fondamentale l’attività volta ad integrare tra loro la rete ospedaliera, la rete dell'emergenza urgenza e le reti socio-sanitaria, territoriale e di prevenzione, cosicché l'erogazione delle prestazioni sanitarie trovi collocazione all'interno di percorsi strutturati che si svolgono nell'ambito di reti cliniche.
A tale cambiamento, anche per le resistenze delle comunità locali, non sono state affiancate in modo uniforme sul territorio nazionale azioni di riorganizzazione totale della rete ospedaliera, con il risultato di mantenere strutture ospedaliere di piccole dimensioni e conseguente frammentazione e duplicazione dell'offerta ospedaliera. Ciò comporta sia problemi sul campo della sicurezza, sia limiti alla qualità dell'assistenza erogabile. La necessità di proseguire sul piano delle riconversioni dei posti letto ospedalieri diventa però un'opportunità non solo per la riduzione del numero delle strutture di piccole dimensioni che erogano prestazioni per acuti, ma anche per esigenze di compatibilità economica, in quanto si possono assicurare le stesse prestazioni in regimi assistenziali differenti ma con un impatto economico complessivo più basso.

Un passo importante nel ridisegno della rete ospedaliera nazionale è legato alla ridefinizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera. La conclusione della legislatura, ma anche contrasti tra Stato e Regioni, hanno impedito l’approvazione in Conferenza Stato Regione di una proposta di regolamento che definisce le condizioni necessarie per garantire livelli di assistenza ospedaliera omogenei nell’intero territorio nazionale, sia in termini di adeguatezza delle strutture, sia in termini di risorse umane impiegate in rapporto al numero di pazienti serviti e al livello di complessità della struttura. La proposta interveniva prevedendo una classificazione delle strutture ospedaliere secondo livelli gerarchici di complessità e bacini di utenza, standard minimi e massimi di strutture per singola disciplina, mirati ad offrire una buona qualità delle prestazioni attraverso una concentrazione in un numero limitato di presidi con un ampio bacino di utenza, previsione di standard generali di qualità per l’autorizzazione e l’accreditamento e standard specifici per l’alta specialità.

Venivano, inoltre, definite le caratteristiche delle reti per patologia con l’obiettivo di integrare l’attività ospedaliera con quella territoriale. Il provvedimento intendeva aprire nuovi spazi per accompagnare la riorganizzazione delle rete ospedaliera con il potenziamento delle strutture territoriali. La rimodulazione dell'offerta ospedaliera e le progressive contrazioni del numero di posti letto per abitante dovevano accompagnarsi, infatti, ad interventi che spostassero in regimi diversi da quelli del ricovero la diagnosi, cura e riabilitazione di specifiche patologie attraverso l'attivazione di processi di "continuità assistenziale" che colleghino fortemente l'assistenza ospedaliera a quella territoriale. Tale processo si sarebbe dovuto accompagnare, in altre parole, al potenziamento di strutture di degenza post acuta e di residenzialità, ad uno sviluppo dell'assistenza territoriale che agevolasse la dimissione al fine di minimizzare la degenza non necessaria, favorendo contemporaneamente il precoce reinserimento nell'ambiente di vita al fine di migliorare la qualità dell'assistenza.

L’individuazione di interventi sulla rete dei servizi per l'assistenza e la cura delle persone non autosufficienti, in particolare anziani e disabili, è probabilmente uno degli aspetti più urgenti e al contempo complessi che si dovrà affrontare nel prossimo Piano Il ritardo nella definizione di una adeguata offerta di servizi rappresenta, in un rilevate numero di realtà territoriali, il nodo più problematico. In numerose regioni il monitoraggio mette in evidenza livelli di assistenza insoddisfacenti.

L'aumento della durata della vita e, conseguentemente, delle patologie croniche correlate all'invecchiamento, l'aumento dell'indice di dipendenza, per lo squilibrio tra natalità e mortalità, e l'aumento della durata della vita delle persone con handicap gravi ed esiti di patologie invalidanti incidono sempre più sul livello delle cure da garantire. Il ruolo delle famiglie nella gestione di questi problemi è stato fino ad ora rilevante.

Le diverse caratteristiche dell'intervento pubblico e la complessiva insufficienza dell'offerta richiedono l’individuazione di misure innovative e la definizione di un nuovo approccio integrato alle politiche per la non autosufficienza, che coinvolga competenze e culture diverse, le diverse istituzioni pubbliche e i soggetti sociali, le diverse politiche (dell'immigrazione, dell'abitare, della mobilità, della formazione, oltre ovviamente a quelle sociali e sanitarie). In questo quadro occorre anche rivedere le forme di sostegno finanziario alle famiglie che svolgono attività di cura, integrando gli istituti regionali e locali (assegni di cura e contributi) con quelli nazionali (assegno di accompagnamento) e garantendo l'integrazione e l'apporto complessivo di tutti i soggetti. Le ridotte disponibilità economiche delle famiglie, accentuate dalla crisi economica, e l’allungamento della vita lavorativa rendono, infatti, urgente la definizione di un modello nuovo di intervento.

Parte importante ma non esclusiva di questo percorso è la definizione di un quadro di riferimento normativo più omogeneo di quello assicurato dall'attuazione delle disposizioni vigenti (normativa sui LEA socio-sanitari). Non va trascurato che la effettiva realizzazione di un sistema integrato di lunga assistenza e cura per le persone non autosufficienti, diffuso omogeneamente su tutto il territorio nazionale, oltre a costituire un elemento di equità e coesione sociale, rappresenta anche una precondizione indispensabile per il riorientamento e la riorganizzazione di importanti funzioni sanitarie, a partire dall'assistenza ospedaliera.
 
28 maggio 2013
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