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QS Edizioni - martedì 30 aprile 2024

Governo e Parlamento

Nel 2021 prosegue il calo delle nascite. Si partorisce in media a 33 anni ed è sempre alto il numero dei cesarei. Il nuovo Rapporto Cedap

immagine 7 ottobre - Pubblicato dal Ministero della Salute il rapporto annuale sull’evento nascita. Otto mamme su dieci partoriscono in Istituti di cura pubblici ed equiparati, Il 62,8% dei parti si svolge in strutture con almeno mille parti annui, il 7,1% in strutture con meno di 500 parti annui. Il tasso di natimortalità è pari a 2,68 nati morti ogni mille nati IL RAPPORTO

Prosegue insesorabile il calo delle nascite in tutte le aree del Paese, e anche tra le cittadine straniere che finora hanno compensato lo squilibrio strutturale, il trend di nascite rallenta. Comunque le donne continuano a privilegiare gli istituti di cura pubblici ed equiparati dove partorisce l’88% delle donne. Il 62,8% dei parti si svolge in strutture con alti volumi di attività (sopra i mille parti annui). L’età media delle mamme italiane è di 33,1 anni e di 31 quella delle straniere e se le donne italiane partoriscono il primo figlio mediamente dopo i 31 anni, in quasi in tutte le Regioni, tra le donne straniere l’età si abbassa, intorno ai 29,2 anni. In 2,9 gravidanze ogni 100, le donne hanno fatto ricorso alla Pma e la  tecnica più utilizzata è stata la Fivet. Si conferma il ricorso eccessivo al parto cesareo anche se ci sono segnali di rallentamento.

Questa la fotografia scattata dal Certificato di Assistenza al Parto (CeDAP), il Rapporto annuale sull’evento nascita relativo al 2021, pubblicato dal ministero della Salute. In totale sono stati 364 i punti nascita passati al setaccio.

Vediamo i risultati in sintesi
Nel corso del 2021 prosegue il calo delle nascite, in tutte le aree del Paese. Il fenomeno è in larga misura l’effetto della modificazione della struttura per età della popolazione femminile ed in parte dipende dalla diminuzione della propensione ad avere figli. Le cittadine straniere hanno finora compensato questo squilibrio strutturale; negli ultimi anni si nota, tuttavia, una diminuzione della fecondità delle donne straniere. Il tasso di natalità varia da 5,2 nati per mille donne in età fertile in Sardegna a 9,7 nella Provincia Autonoma di Bolzano rispetto ad una media nazionale del 6,8. Le Regioni del Centro presentano tutte un tasso di natalità con valori inferiori alla media nazionale. Nelle Regioni del Sud, i tassi di natalità più elevati sono quelli di Campania, Calabria e Sicilia che presentano valori superiori alla media nazionale.

La fecondità si mantiene pressoché costante rispetto agli anni precedenti: nel 2021 il numero medio di figli per donna è pari a 1,25 (rispetto a 1,46 del 2010). I livelli più elevati di fecondità sono al Nord nelle Province Autonome di Trento e Bolzano e nel Mezzogiorno in Campania e Sicilia. Le regioni in assoluto meno prolifiche sono invece Sardegna e Molise.

Il tasso di mortalità infantile, che misura la mortalità nel primo anno di vita, è pari nel 2018 a 2,88 bambini ogni mille nati vivi. Negli ultimi 10 anni tale tasso ha continuato a diminuire su tutto il territorio italiano, anche se negli anni più recenti si assiste ad un rallentamento di questo trend. Permangono, inoltre, notevoli differenze territoriali.

Il tasso di mortalità neonatale rappresenta la mortalità entro il primo mese di vita e contribuisce per oltre il 70% alla mortalità infantile. I decessi nel primo mese di vita sono dovuti principalmente a cause cosiddette endogene, legate alle condizioni della gravidanza e del parto o a malformazioni congenite del bambino. 

Dove partoriscono le donne. L’88 % dei parti è avvenuto negli Istituti di cura pubblici ed equiparati, l’11,4% nelle case di cura e solo lo 0,2% in altra struttura di assistenza, al domicilio, etc. Naturalmente nelle Regioni dove strutture private accreditate fanno la parte del leone rispetto alle pubbliche, le percentuali sono sostanzialmente diverse.

Il 62,8% dei parti si svolge in strutture con almeno mille parti annui, ossia in 140 strutture che rappresentano il 35,1% dei punti nascita totali. Solo il 7,1% dei parti ha luogo invece in strutture con meno di 500 parti annui.

Le caratteristiche delle madri: provenienza, età e livello di istruzione. Nel 2021, circa il 19,9% dei parti è relativo a madri di cittadinanza non italiana, un fenomeno è più diffuso nelle aree del Paese con maggiore presenza straniera, ovvero al Centro-Nord, dove più del 26% dei parti avviene da madri non italiane; in particolare, in Emilia Romagna, Liguria e Marche oltre il 30% delle nascite è riferito a madri straniere. Le aree geografiche di provenienza più rappresentate, sono quella dell’Africa (28,0%) e dell’Unione Europea (21,4%). Le madri di origine Asiatica e Sud Americana costituiscono rispettivamente il 19,0% ed l’8,7% delle madri straniere.

L’età media delle mamme italiane è di 33,1 anni, mentre scende a 31 anni per le cittadine straniere. I valori mediani sono invece di 33,7 anni per le italiane e 31,5 anni per le straniere. L’età media al primo figlio è per le donne italiane, quasi in tutte le Regioni, superiore a 31 anni, con variazioni sensibili tra le regioni del Nord e quelle del Sud. Le donne straniere partoriscono il primo figlio in media a 29,2 anni.

Delle donne che hanno partorito nel 2021, il 42,4% ha una scolarità medio alta, il 23,4% medio bassa ed il 34,2% ha conseguito la laurea. Fra le straniere prevale invece una scolarità medio bassa (42,4%). E ancora, il 57,7% delle madri lavora, il 25,8% sono casalinghe ed il 16,5% sono disoccupate o in cerca di prima occupazione. Il 51,4% delle donne straniere sono casalinghe a fronte del 64,9% delle donne italiane che hanno invece un’occupazione lavorativa.

La gravidanza. Nel 91% delle gravidanze il numero di visite ostetriche effettuate è superiore a 4 mentre nel 75,9% delle gravidanze si effettuano più di 3 ecografie. La percentuale di donne italiane che effettuano la prima visita oltre il primo trimestre di gravidanza è dell’1,9% mentre la percentuale sale al 10,2% per le donne straniere.

Le donne con scolarità medio-bassa effettuano la prima visita più tardi: la percentuale di donne con titolo di studio elementare o senza nessun titolo che effettuano la prima visita dopo l’11° settimana di gestazione è pari al 11,7% mentre per le donne con scolarità alta, la percentuale è del 2,0%. Anche la giovane età della donna, in particolare nelle madri al di sotto dei 20 anni, risulta associata ad un maggior rischio di controlli assenti (2,7%) o tardivi (1° visita effettuata oltre l’undicesima settimana di gestazione nel 12,0% dei casi).

Nell’ambito delle tecniche diagnostiche prenatali invasive sono state effettuate in media 3,4 amniocentesi ogni 100 parti. A livello nazionale alle madri con più di 40 anni il prelievo del liquido amniotico è stato effettuato nell’ 8,68% dei casi denotando un trend decrescente nell’ultimo triennio.

Il parto. La donna ha accanto a sé al momento del parto (esclusi i cesarei) nel 95,4% dei casi il padre del bambino, nel 3,4% un familiare e nell’1,2% un’altra persona di fiducia. La presenza di una persona di fiducia piuttosto che di un’altra risulta essere influenzata dall’area geografica.

Si conferma il ricorso eccessivo al parto cesareo. In media, nel 2021 il 31,2% dei parti è avvenuto con taglio cesareo, con notevoli differenze regionali che comunque evidenziano che in Italia vi è un ricorso eccessivo all’espletamento del parto per via chirurgica. In ogni caso qualcosa si muove con una tendenza alla diminuzione in linea con le indicazioni delle “Linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo”.

Il taglio cesareo la fa da padrone nelle case di cura accreditate. I cesarei sono il 44,6% dei parti contro il 29,5% negli ospedali pubblici. Il parto cesareo è più frequente tra le italiane rispetto alle straniere: si ricorre al taglio cesareo nel 27,4% dei parti di madri straniere e nel 32% dei parti di madri italiane.

I Neonati. Lo 0,8% dei nati ha un peso inferiore a 1.500 grammi ed il 6,0% tra 1.500 e 2.500 grammi. Nei test di valutazione della vitalità del neonato tramite indice di Apgar, il 98,6% dei nati ha riportato un punteggio a 5 minuti dalla nascita compreso tra 7 e 10.

Sono stati rilevati 1.076 nati morti corrispondenti ad un tasso di natimortalità, pari a 2,68 nati morti ogni 1.000 nati, e registrati 4.486 casi di malformazioni diagnosticate alla nascita. L’indicazione della diagnosi è presente rispettivamente solo nel 36,6% dei casi di natimortalità e nel 99,2% di nati con malformazioni.

Il ricorso ad una tecnica di procreazione medicalmente assistita (PMA) risulta effettuato in media in 2,9 gravidanze ogni 100. La tecnica più utilizzata è stata la fecondazione in vitro con successivo trasferimento di embrioni nell’utero (FIVET), seguita dal metodo di fecondazione in vitro tramite iniezione di spermatozoo in citoplasma (ICSI).

I parti classificabili secondo Robson sono complessivamente pari a livello nazionale a 325.082 corrispondenti al 98,3% del totale dei parti avvenuti nei punti nascita pubblici, equiparati e privati accreditati. Le classi più rappresentate sono quelle delle madri primipare a termine, con presentazione cefalica (classe 1) e delle madri pluripare a termine, con presentazione cefalica e che non hanno avuto cesarei precedenti (classe 3); queste due classi corrispondono complessivamente al 49,9% dei parti classificati che si sono verificati a livello nazionale nell’anno 2021.

Si evidenzia inoltre che i parti nella classe 5, relativa alle madri con pregresso parto cesareo, rappresentano il 12,0% dei parti totali classificati a livello nazionale. L’analisi del ricorso al taglio cesareo nelle classi di Robson evidenzia un’ampia variabilità regionale nelle classi a minor rischio, che includono in tutte le Regioni una percentuale molto elevata delle nascite, confermando la possibilità di significativi miglioramenti delle prassi organizzative e cliniche adottate nelle diverse realtà.

7 ottobre 2022
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