Da un punto di vista “strettamente farmacologico - in
particolare - mi preme ribadire, come più volte affermato, che non
sollevo alcun problema al suo uso in modalità terapeutica e di
conseguenza, non nutro alcun dubbio sul suo effetto curativo. Da qui
però ad arrivare ad altro, la strada è molto lunga anche perché nel
nostro Paese, intorno al suo uso, da decenni, si combatte una
battaglia sul piano culturale”. È questa la posizione della ministra della Salute,
Beatrice Lorenzin, espressa in un messaggio inviato al convegno sulla
cannabis promosso dalle associazioni “A buon diritto” e “Luca
Coscioni”.
Lorenzin è stata dunque chiara: apertura per l'uso
terapeutico della cannabis, ma assolutamente contraria a liberalizzazione tout court. La ministra ha poi sottolineato che la questione
della cannabis “può essere affrontata da due distinti punti di vista:
quello farmacologico e quello di semplice consumo”.
“Quello che però mi dispiace – ha aggiunto la responsabile della Salute – è che intorno
a questi argomenti non si riesca ad aprire un dibattito di stampo
realmente laico senza essere trascinati a concentrare la discussione
sulla questione 'liberalizzazione sì liberalizzazione no', su cui
sono assolutamente contraria. Per questa ragione non riesco ancora a
comprendere come sia possibile parlare di liberalizzazione
tout court”.
“Ritengo – ha concluso – che questi siano messaggi negativi anche sul piano culturale.
Rischiamo di far passare un'idea di sottovalutazione del problema o
peggio di normalizzazione”.
Il convegno ha sviluppato il dibattito intorno al tema: “La cannabis fa bene, la cannabis fa male. Una proposta di legge per l’accesso ai medicinali cannabinoidi”, e nel corso dei lavori è stato presentato un dossier sull’uso dei medicinali cannabinoidi in Italia. “Il documento – ha spiegato il senatore
Luigi Manconi del Pd e organizzatore del Convegno – cerca di misurare, attraverso la viva voce dei malati e il racconto delle loro sofferenze, quanto sia ampia la distanza tra ciò che la norma consente e ciò che la sordità delle istituzioni, la macchinosità delle procedure e l’insensatezza dei vincoli determinano”.