toggle menu
QS Edizioni - giovedì 2 maggio 2024

Governo e Parlamento

Coronavirus. Intervista a Ricciardi: “Fase 2 non partirà allo stesso modo in tutta Italia. Prima le regioni a basso rischio poi le altre”. La prima a riaprire? “Potrebbe essere la Basilicata”

di Giovanni Rodriquez
immagine 19 aprile - "In alcune aree del Paese la circolazione del virus è talmente intensa che, riaprendo, non si farebbe altro che ripropagare il virus in una maniera talmente forte che di fatto ci potremmo ritrovare in 2-3 settimane in una condizione molto simile a quella di febbraio". "Attenzione anche ad anziani e pazienti con comorbidità: per loro servirà più prudenza e minore libertà di movimento". "La fine del lockdown dovrà coincidere anche con la ripresa delle normali attività sanitarie, non possiamo permetterci di trascurare ancora le altre malattie"
Si avvicina la scadenza del 3 maggio. Per una possibile graduale riapertura delle attività, si dovrà ragionare su base regionale. Le prime a riaprire dovrebbero essere le regioni con nuovi contagi zero, come ad esempio, stante ai dati attuali, la Basilicata. Nelle zone del Nord dove la circolazione del virus è più intensa che si rischierebbe una nuova propagazione talmente forte da poter tornare in 2-3 settimane ad una condizione simile a quella di febbraio.
 
Il pilastro sul quale costruire l'intera struttura delle fase 2 è rappresentata dai test e dal monitoraggio tecnologico. Solo in questo modo si potranno individuare tempestivamente nuovi casi sul territorio, isolarli, ed evitare l'insorgenza di nuovi focolai. A spiegarlo in quest'intervista a Quotidiano Sanità è Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute e membro italiano del Consiglio esecutivo dell’Oms.
 
Professor Ricciardi, a che punto siamo con i test sierologici? Serviranno solo a fini epidemiologici per fare stime di sieroprevalenza o anche per dare patentini di immunità?
Quelli utilizzati dal Governo saranno finalizzati ad uno studio di sieroprevalenza. L'iter è già stato avviato con il mandato al commissario Arcuri per la gara di acquisto di 150.000 test che noi vogliamo siano affidabili sia sotto il profilo della sensibilità che della specificità. Cosa che verrà valutata attentamente da un'apposita commissione. Questi test serviranno a darci un quadro sull'interazione avuta in questi mesi tra virus e popolazione italiana dal momento che si prenderà in considerazione un campione rappresentativo per età, sesso e distribuzione geografica. Sarà uno studio fondamentale in termini di sanità pubblica perché ci darà una fotografia di quello che è successo nei passati mesi. 
 
Altro discorso è l’utilizzazione di test sierologici a scopo individuale. In questo caso va preso in considerazione un elemento di insidiosità rappresentato dalla numerosità di test presenti oggi sul mercato. Ad oggi, per accedere al mercato  questi test necessitano solo di una certificazione europea da parte di organismi notificati sulla loro sicurezza.
 
Proprio a proposito dell'attendibilità di questi test c'è stata un polemica tra alcune società scientifiche e il Ministro Boccia. Lei che ne pensa?
Possiamo appunto dire che, sulla base del regolamento comunitario, questi test sono oggi sul mercato con una certificazione riguardante la loro sicurezza ma non la loro efficacia in termini di sensibilità e specificità. I risultati potrebbero quindi non essere pienamente affidabili, generando un certo numero di falsi positivi e falsi negativi.  
 
Nei giorni scorsi dall'Iss si è ipotizzato che circa il 10% degli italiani potrebbero aver già sviluppati anticorpi al coronavirus. Se così fosse vorrebbe dire che i casi di contagio da considerare al momento sarebbero circa 6milioni e non gli attuali 176.000 certificati da tampone. Con questi dati, il tasso di letalità scenderebbe addirittura intorno allo 0,4%. È plausibile?
Sì è plausibile anche se questo quadro può essere confermato solo da uno studio di sieroprevalenza. Ma se consideriamo i modelli matematici, sia italiani che internazionali, queste sono le stime di prevaenza del contagio. È certo che, quando i dati verranno in qualche modo confermati da studi ad hoc e avremo dati più attendibili sul denominatore dei contagi, il tasso di letalità scenderà. Probabilmente non a quello 0,4 che risulterebbe oggi dalle stime appena formulate dall'Iss ma certamente molto più basso dell'attuale.
 
Quanto più basso?
Secondo me potrebbe attestarsi intorno al 2%.

Esiste un identikit dei nuovi contagiati post lockdown?
Posso dirle qual è la mia opinione personale in quanto non abbiamo ancora dati certi in proposito. Credo che, soprattutto nelle regioni ad alta circolazione del virus, i nuovi contagi possano essere attribuiti soprattutto al contagio intrafamiliare, al ritorno in circolazione di persone guarite clinicamente, nel senso di non avere più sintomatologia Covid, ma ancora contagiose e poi al contagio intraospedaliero e a quello all'interno delle residenze sanitarie assistenziali.
 
Tutto questo non può suonare come un preoccupante campanello d'allarme in vista di una possibile Fase 2?
Più che un rischio diventerà una certezza nel caso di aperture troppo accelerate in regioni in cui la circolazione del virus è ancora intensa.
 
Sappiamo che date certe non si possono fare. Ma immaginiamo che l'ora X della riapertura sia scattata. Cosa dobbiamo aspettarci? Riaprirà tutto oppure no?
Intanto dobbiamo accettare il fatto che il processo di riapertura avverrà in funzione dell’area geografica di riferimento. Questo perché in alcune aree la circolazione del virus è talmente intensa che, riaprendo, non si farebbe altro che ripropagare il virus in una maniera talmente forte che di fatto ci potremmo ritrovare in 2-3 settimane in una condizione molto simile a quella di febbraio. In altre Regioni, invece, si potrebbe iniziare a fare un discorso diverso.
 
Possiamo fare qualche esempio concreto? Qual è l'identikit della Regione tipo in grado di sostenere la fine del lockdown?
La Basilicata. Secondo le nostre stime, potrebbe essere questa la prima regione ad uscire dalle restrizioni in quanto già oggi è vicina alla soglia dei contagi "zero".
 
E come?
La popolazione potrà ricominciare ad andare a lavorare, stando però attenta ai trasporti e incoraggiando quindi trasporti sicuri. Potranno essere riaperte le fabbriche, stando sempre attenti al rispetto delle distanze di sicurezza e all'uso di DPI. Si potranno poi riaprire alcuni esercizi commerciali meno essenziali, ma sempre tenendo alta l'attenzione riguardo lo spazio di queste attività. Si dovranno garantire condizioni tali che permettano di evitare affollamenti.
 
Ma solo in Basilicata?
Ovvio che no. Pian piano che i casi andranno ad azzerarsi anche nelle altre regioni, sarà possibile anche lì avviare graduali aperture. Il tutto ponendo una grande attenzione alla mobilità. Questa deve essere assolutamente controllata e su questo sarà cruciale il tracking. Senza il tracciamento tecnologico non si potrà tornare ad una condizione di normalità perché fino a quando non arriverà un vaccino avremo comunque una continuità di casi, anche se probabilmente sporadici. Il tracciamento sarà perciò fondamentale per poter isolare tempestivamente i soggetti positivi, individuare i contatti più stretti e lasciare una certa libertà al resto della popolazione.
 
Ma si potrà andare in vacanza? 
Saranno sicuramente vacanze diverse dall'ordinario. Si dovranno evitare assembramenti, contatti troppo stretti. Quindi saranno vacanze con la necessità di un'accortezza comportamentale molto diversa rispetto al passato. Più che stare su spiagge affollate, staremo in spiagge dove dovrà essere garantita la distanza tra le persone, gli stessi viaggi dovranno essere fatti in maniera più sicura evitando ambienti affollati. Purtroppo questa è la triste realtà.
 
Si potrebbe prospettare un possibile stop&go per le nuove aperture?
Molto probabilmente sarà così. Dovremmo intervenire tempestivamente intercettando i casi isolati, evitando così che possano ingenerarsi possibili focolai epidemici e che questi diventino epidemia. Per questo la strategia del testing dovrà essere correlata strettamente con quella del tracking, A mio modo di vedere questo è un pilastro ineludibile. 

Si considererà anche l'età delle persone e la presenza di comorbidità?
Sicuramente gli anziani e i soggetti con un carico di malattie croniche restano a rischio e la loro mobilità dovrà essere ridotta quanto più possibile. Anche un caso sporadico potrebbe essere letale per loro. Però il discorso resta sempre legato al tracciamento individuale. Dal momento che abbiamo un anziano immunizzato, con uno stato certificato sul suo smartphone, e sappiamo che presumibilmente, come per tutti i virus, sarà immune per un certo periodo di tempo, questa persona potrà circolare senza troppi problemi. Per questo io insisto molto sul più tracciamento tecnologico che su ragionamenti per fasce d'età, sesso o altro.
 
Secondo un recente report di Altems la sanità italiana sembra essersi divisa anche nella risposta all'epidemia. Chi ha puntato molto sull'ospedale chi su una risposta mista ospedale/territorio
È vero, è esattamente ciò che è avvenuto. Del resto la competrenza sulla sanità è essenzialmente regionale. A volte si dice che in Italia ci sono 20 modelli sanitari diversi. A mio modo di vedere, in realtà, ne esistono molti di più dal momento che anche all'interno delle stesse regioni possiamo trovare modelli diversi anche tra singole Asl o Aziende ospedaliere. Questa è una governance che produce una grande variabilità e disuguaglianza. Dovremmo ripensarla prima o poi...
 
Terapie intensive. Dopo la grande paura di una carenza di posti letto con tanto di triage di guerra per la selezione dei apzienti l'allarme sembra rientrato probabilmente anche grazie all'incremento di letti in TI  realizzato in tempi record (e con qualche inveitabile polemica, vedi Fiera di Milano). Ma finita l'epidemia serviranno tutti questi letti?
Sì, perché oggi, al di là di qualsiasi polemica, siamo arrivati ad avere finalmente un livello adeguato di posti letto di terapia intensiva sul territorio nazionale. Non c’è dubbio che quando arriverà la nuova stagione invernale tutto quello che abbiamo realizzato ora ci tornerà utile. Non dimentichiamo che il "ritorno" del coronavirus, atteso comunque nel prossimo autunno/inverno, coinciderà stavolta con l'influenza stagionale e questo potrebbe creare dei grossi problemi di sovraffolamento ospedaliero. Quei posti letto in più di TI ci saranno molto utili, anche se la cosa più importante, proprio per la coincidenza tra Covid e influenza stagionale, sarà quella di effettuare una campagna di vaccinazione antinfluenzale il più estesa possibile per limitare al massimo i casi influenzali ed evitare le ricadute in termini di sovraccarico per il sistema sanitario determinate dalla sommatoria delle due patologie.
 
Professor Ricciardi, con il Covid tutte le altre malattie di cui siamo comunque affetti sembrano dimenticate...
Negli ultimi 2 mesi c'è stata certamente una focalizzazione quasi esclusiva su Covid e su poche altre emergenze non rinviabili. Si dovrà tornare a trattare tutti in maniera adeguata, nei modi e tempi giusti. Il tracciamento servirà anche per questo, e cioè per inquadrare i pazienti nelle loro necessità. È poi molto importante anche la proposta del ministro Speranza di differenziare sempre di più gli ospedali dedicati al Covid dagli altri. Si tratta di una riorganizzazione necessaria, propedeutica proprio ad una necessaria ripresa delle normali attività. Diciamo che un'interruzione di 2 mesi nei trattamenti non urgenti per le altre patologie non dovrebbe lasciare pesanti strascichi. Ma se si dovessero fermare per 6-7 mesi tutte le altre attività, comprese quelle di screening, le ripercussioni potrebbero essere importanti. E questo non possiamo certo permettere che accada.
 
Giovanni Rodriquez
19 aprile 2020
© QS Edizioni - Riproduzione riservata