Esistono davvero appigli legali in base ai quali contestare l'operato della Pfizer per il ritardo delle consegne dovuto ai lavori nell'impianto belga di Puurs al fine di incrementare la produzione di vaccini? Da quanto emerso dalle carte a disposizione dell’Avvocatura dello Stato anticipate oggi dal
Corriere della Sera sembrerebbe di no per diversi motivi.
Andiamo per ordine. Innanzitutto, come anticipato nei giorni scorsi, il contratto con l'azienda farmaceutica riguarda il numero di dosi acquistate a livello centrale europeo, non si parla mai di fiale. A partire dall'8 di gennaio si ha poi il via libera da parte dell'Ema sulla possibilità di ricavare la sesta dose da ogni fiala. Da quel momento in poi, dunque, ogni fiale verrà conteggiata non più per 5 ma per 6 dosi. Di conseguenza, verrà inviato un numero inferiore di fiale pur mantenendo intalterato quello delle dosi.
Il 15 gennaio Pfizer comunica ufficialmente a tutti i referenti europei — per l’Italia il commissario Domenico Arcuri — che "a partire dal 18 gennaio 2021 ogni vassoio spedito conterrà 1.170 dosi e non più 975, con una riduzione del 20% del numero di fiale".
Andiamo oltre. Nel contratto le penali "sono esclusivamente sulle forniture trimestrali e non su quelle settimanali". Di conseguenza, non potranno esserci contestazioni fino al prossimo 31 marzo. Il contratto fissa inoltre "una penale del 20% del valore delle dosi non consegnate" che aumenta in base ai giorni di ritardo. Ma chiarisce che "l’applicazione delle penali non è automatica": alla fine del primo trimestre deve inizialmente essere esplorata la strada per un "rimedio" alla inadempienza. Tra le possibilità ci sono: il diritto al rimborso, la cessazione del contratto e, solo alla fine, l’applicazione della penale.
Appare quindi complicata la via annunciata dal Commissario Arcuri prima, e dal premier Conte poi, di un possibile ricorso per il ritardo settimanale delle consegne dei vaccini.
Giovanni Rodriquez