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QS Edizioni - sabato 18 maggio 2024

Lavoro e Professioni

XIV Congresso AIIC. Intervista al presidente Leogrande: “La sanità? Andrebbe un po’ ingegnerizzata”

di Luciano Fassari
immagine 3 aprile - Si apre oggi a Venezia il XIV Convengo nazionale dell’Associazione italiana ingegneri clinici. Per fare il punto su quelle che saranno le tematiche al centro della tre giorni veneta abbiamo intervistato il presidente dell’Associazione che conta più di 1.300 iscritti. “Le tecnologie avanzano e il problema della sostenibilità economica rende sempre più urgente una visione organica del problema”. IL PROGRAMMA
“Tecnologie in sanità: una pianificazione attenta alla gestione”. Questo il titolo del XIV Convengo nazionale dell’Associazione italiana ingegneri clinici (Aiic) che si svolge dal 3 al 5 aprile a Venezia. Ma a spiegarci il ruolo e le prospettive di una professione in crescita esponenziale è il presidente dell’Associazione Lorenzo Leogrande che in questa intervista affronta a 360° i temi legati al progresso tecnologico in sanità e di come il nostro sistema può afferrarlo senza per questo andare in default economico.
 
Presidente Leogrande, quali saranno i temi al centro del vostro XIV Convegno?
Le due direttrici entro cui volgiamo muoverci in questa edizione sono la Programmazione e la Gestione che rappresentano il punto di partenza nel governo delle tecnologie. In questo senso il tema dell’assise vuole confermare il valore che gli ingegneri clinici possono generare nei processi gestionali delle aziende sanitarie, anche in un contesto di revisione della spesa.
 
In quest’ottica qual è il vostro ruolo in questa fase?
Il nostro profilo professionale nasce negli anni ’70 negli Usa di pari passo con l’inserimento in sanità di nuove tecnologie. Un percorso che negli ultimi anni è accelerato a dismisura e ha visto anche crescere la nostra presenza nelle strutture proprio perché per la gestione di tutti i dispositivi, apparecchiature e tecnologie necessita di figure ad hoc e formate per questo. Una crescita importante anche per la nostra Associazione che è arrivata ad avere più di 1.300 iscritti, quasi il triplo rispetto a solo 5 anni fa. E poi anche a livello universitario vi sono 15 atenei in Italia che propongono corsi in ingegneria biomedica/ingegneria clinica. Questa professione, tra l’altro, fa riferimento ad un settore, quello biomedico, con potenziali sbocchi lavorativi anche perché al suo interno prevede lo sviluppo di competenze su svariate discipline  (elettronica, meccanica, bio materiali, informatica, telecomunicazioni,  per esempio), le quali sono sempre più oggetto di innovazione. Mi faccia dire però evidenziare che nonostante la nostra presenza negli ospedali sia ampia, dal punto di vista normativo manca ancora una misura che renda obbligatoria la nostra presenza nelle strutture sanitarie.
 
Innovazione tecnologica e sostenibilità economica. Come equilibrare queste due ‘realtà’?
Credo che su questo punto si dovrebbe procedere in maniera più organica. Pensando infatti al tema del governo delle tecnologie, spesso a livello istituzionale ci si preoccupa più del nuovo da comprare rispetto alla corretta gestione di ciò che è già presente. La dotazione tecnologica delle strutture italiane ha infatti un peso notevole, stimabile in circa 10 mld di euro. E poi sempre sugli acquisti ci si concentra a mio avviso troppo sulle grandi macchine e sulle strategie di acquisto per quest’ultime. Tutto ciò è un bene, sia chiaro, ma non esistono oggi solo grandi apparecchiature e il problema della tecnologia in sanità non è solo questo. Pensiamo per esempio a tutta la tecnologia che arriverà a breve nella medicina del territorio. L’innovazione si governa con una programmazione attenta e competente, introducendo le tecnologie che hanno un rapporto virtuoso tra costi e benefici, nei contesti appropriati. Oggi viene data poca importanza al contesto.
 
Anche dal vostro punto di vista c’è quindi un problema di frammentazione del sistema?
Sotto certi punti di vista certamente sì. Il futuro che abbiamo di fronte ha nell’interconnessione delle tecnologie il suo naturale sbocco. Ecco, oggi invece abbiamo una miriade di diversità: dalle apparecchiature ai software da Regione a Regione ma pure tra Azienda e Azienda. Senza dimenticare la storica differenza tra il Nord e il Sud del Paese che anche sulla tecnologia clinica è evidente in termini di vita media delle apparecchiature e innovazione. Non credo sia possibile andare avanti così ed è anche questo uno dei messaggi che desideriamo lanciare dal nostro convegno. Crediamo, infatti, che il nostro punto di vista ingegneristico sia fondamentale per il futuro hi-tech della sanità in Italia.
 
Luciano Fassari
3 aprile 2014
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