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QS Edizioni - giovedì 2 maggio 2024

Lavoro e Professioni

Infermieri. La scelta della libera professione: scenari, difficoltà e prospettive per una figura che ancora fatica ad affermarsi

immagine 26 aprile - Emblematica la vicenda di Maura Bargnesi che, nonostante i consistenti ostacoli, ha abbracciato la libera professione e ora esercita nella Provincia di Pesaro-Urbino. "Dal 2006 il tariffario è stato abolito e capitano paghe assurde e poche dignitose. La burocrazia è elefantiaca e la resistenza al cambiamento da parte di altri professionisti della salute è forte. Ma restiamo una risorsa vitale per la sanità italiana".
La riduzione delle dotazioni organiche dovuta ai tagli degli ultimi anni e il blocco del turn over hanno coinvolto pienamente gli infermieri. Ma le difficoltà non riguardano soltanto chi lavora nel pubblico, anzi. La libera professione infermieristica non riesce assolutamente a spiccare il volo, in quanto sconta pesantemente due fattori: la mancanza di informazione per i cittadini circa l’esistenza di questa figura e l’esclusività di rapporto imposta ai dipendenti pubblici. Emblematica e paradigmatica è la vicenda di Maura Bargnesi che, raccontando le proprie vicende, ama definirsi “un’infermiera anomala”.

Laureatasi nel 2010 presso l’Università Politecnica delle Marche, matura esperienza presso case di cura private della Provincia di Pesaro-Urbino, ambulanze private e dopo aver vinto un avviso pubblico, lavora per due anni presso un ospedale pubblico nel reparto di medicina generale, successivamente in Assistenza domiciliare integrata (Adi) con contratto a tempo determinato. Ed è proprio quest’ultima tappa a renderle più chiare le aspirazioni per il futuro.

“Dopo aver verificato che nella mia regione e nella mia città di residenza, Fano – racconta - esercitavano pochi infermieri liberi professionisti (oserei dire quasi nessuno) mi sono definitivamente convinta che stavo facendo la scelta giusta. La presenza di un dottore in infermieristica, disponibile ad assistere il paziente al di fuori dell’ospedale, sia a domicilio che in uno studio infermieristico o ambulatorio infermieristico, offrendo cure costanti, adeguate e professionali è una valida soluzione al bisogno di cura e assistenza”.

E’ quindi da circa due anni che svolge la libera professione infermieristica a domicilio del paziente e presso ambulatori medici, farmacie, con l’obiettivo a breve di formare una rete di assistenza infermieristica nella provincia di Pesaro, Urbino e Ancona. Anche perché, nel 2013, consegue il Master di primo livello in Management e Coordinamento delle professioni sanitarie.

La via intrapresa corrisponde a una scelta liberissima che “offre autonomia professionale e premia il merito, portando quelle gratificazioni che non ricevi lavorando in ospedale. La mia esperienza lavorativa ospedaliera mi ha consegnato la possibilità di valutare un grado d’insoddisfazione dovuta a molteplici fattori tutti concomitanti: orari assurdi, scarso livello di autonomia, bassissima valorizzazione del personale e delle competenze, carichi di lavoro eccessivi e dotazioni organiche sempre più sacrificate”. Al contrario “la mia soddisfazione più grande la ricevo dai feedback che i pazienti tutti i giorni mi trasmettono. Si crea una sorta di empatia, si instaura un rapporto di fiducia, di stima, un’intimità quasi familiare…Alcuni di loro aspettano proprio il mio arrivo, soprattutto le persone anziane e sole, per poter socializzare e scambiare qualche parola”.

Purtroppo, però, lo scenario economico è ancora assai complesso e il quadro marchigiano patisce particolari difficoltà che si manifestano con “deficit cronico che porta inesorabilmente a precariato, disoccupazione, insufficiente numero di personale all’interno delle strutture pubbliche e private”.
E così molti neo-laureati si riversano in altre regioni d’Italia provando concorsi pubblici o cercando fortuna migrando in altri Paesi europei, in prevalenza Germania e Regno Unito. “Secondo me – suggerisce Bargnesi - vanno ricreate le condizioni favorevoli affinché i nostri giovani rientrino in Italia. Sempre più colleghi si stanno avvicinando alla libera professione infermieristica, nella mia provincia di Pesaro – Urbino, risultano iscritti all’Ipasvi come tali circa 10 persone, mentre nel 2013 eravamo solamente in 2 a esercitare la libera professione”.

In questo momento, invece, il terreno è tutt’altro che favorevole: il tariffario è stato abolito nel 2006 e “arrivano offerte di lavoro a tariffe orarie assurde e poco dignitose”. Tuttavia, a volte, “non possiamo ribellarci, complice la crisi occupazionale e, non esistendo più un tariffario infermieristico minimo, per cui è difficile contestare le offerte di lavoro di strutture private, cooperative. E c’è chi approfitta della situazione, un fatto reale e molto triste”.

La tariffa oraria al di sotto del quale non si dovrebbe mai scendere, calcola, “si aggira sui 18-20 euro lavorando con case di riposo per almeno 38 ore alla settimana. Per le prestazioni che si limitano ad 1-2 ore al giorno o alla settimana, la tariffa minima dovrebbe oscillare tra 25 e 30 euro. Potrebbero sembrare cifre altissime, ma non è così, considerando indicativamente circa un 34% di tasse pari alla somma tra 20% ritenuta d’acconto e 14% da versare ad Enpapi”.

Bagnesi però non scoraggia le aspiranti colleghe a intraprendere il suo stesso percorso. Tutt’altro. L’infermiere libero professionista rappresenta una risorsa importantissima per superare l’attuale stallo delle strutture pubbliche. Il mio più sincero consiglio: la libera professione deve essere una scelta consapevole, non facile. Esistono mille ostacoli da superare, burocrazia, resistenza al cambiamento da parte di altri professionisti della salute, scarsa informazione dei cittadini dell’esistenza di questa figura importantissima per il sistema salute. Bisogna avere spalle larghe e forti per affrontare le problematiche legate alla concorrenza sleale”.

E, soprattutto, Bargnesi ribadisce l’importanza di non “effettuare assolutamente questa scelta come seconda opzione, ossia esercito la libera professione perché sono riuscita ad entrare in strutture pubbliche o private. Deve essere, sempre, la prima scelta consapevole”.
 
26 aprile 2015
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