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QS Edizioni - domenica 5 maggio 2024

Lavoro e Professioni

Cassazione: prosciolti medici su caso "difficile" e "urgente"

immagine 26 aprile - Bisogna distinguere “i casi nei quali vi è una particolare difficoltà di diagnosi, sovente accresciuta dall'urgenza” da quelli “in cui il medico è malaccorto, non si adopera per fronteggiare adeguatamente l'urgenza o tiene comportamenti semplicemente omissivi”. Per questo una sentenza della Corte di Cassazione ha confermato il proscioglimento di due medici dell'ospedale di Rossano che, senza stabilire la corretta diagnosi, avevano deciso il trasferimento in un’altra struttura più attrezzata di un paziente giunto in coma al Pronto soccorso.
Nessuna indulgenza per i medici che mettono in atto “condotte omissive che non si sa se attribuire a scelte difensive o a carenze di preparazione”, ma “una attenta e prudente analisi della realtà di ciascun caso può consentire di cogliere i casi nei quali vi è una particolare difficoltà di diagnosi, sovente accresciuta dall'urgenza; e di distinguere tale situazione da quelle in cui il medico è malaccorto, non si adopera per fronteggiare adeguatamente l'urgenza o tiene comportamenti semplicemente omissivi, tanto più quando la sua specializzazione gli impone di agire tempestivamente proprio in urgenza”. È con questa motivazione che la IV Sezione Penale della Corte di Cassazione ha confermato il proscioglimento di un medico del Pronto soccorso e di un cardiologo dell'ospedale di Rossano (Cs) accusati di mancata diagnosi e omissione di alcuni esami in un paziente condotto nella struttura in stato comatoso. Il coma fu attribuito a problemi neurologici e il paziente fu trasferito in un altro ospedale più attrezzato, dove tuttavia morì poche ore dopo (leggi qui la sentenza).
Seconda la Corte Suprema, che ha confermato il “non luogo a procedere” per i due medici per “non aver commesso il fatto”, “la sentenza impugnata ha infatti tenuto conto della ambiguità della sintomatologia e dell'esito degli esami ematochimici, nonché della necessità di avviare con prontezza il paziente alla struttura sanitaria che, nella situazione data, appariva ragionevolmente dotato delle competenze ed attrezzature più adeguate in relazione alla prospettata patologia neurologica”. Il paziente, infatti, “non avrebbe potuto comunque essere trattato con successo nelle strutture locali”.
 
26 aprile 2011
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