Non possiamo che apprezzare le recenti dichiarazioni di attenzione della Ministra Lorenzin verso il settore della Riabilitazione,
riportate da “Quotidiano Sanità” il 2 aprile scorso; in particolare in riferimento al ruolo cruciale che quest’area dell’assistenza riveste nel dare risposte efficaci alla sfida della cronicità e delle sue conseguenze disabilitanti.
A queste dichiarazioni fa da contrappunto il
XIV Rapporto nazionale sulle politiche della cronicità del Coordinamento Nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici di Cittadinanzattiva, che attraverso le segnalazioni dei fruitori dei servizi (pazienti, famigliari) documenta la percezione da parte della comunità delle criticità nei servizi sanitari e sociali in questo settore, che in molti casi si riferiscono proprio all’area della riabilitazione.
E’ ormai diffusa la consapevolezza che la combinazione fra la difficile contingenza socio-economica e l’evoluzione demografica ed epidemiologica, con il progressivo aumento delle patologie croniche e delle loro conseguenze disabilitanti, costituisce una grave minaccia alla possibilità di dare risposte soddisfacenti ai bisogni delle persone.
E’ altrettanto evidente che la sfida non può che essere affrontata con il coinvolgimento e la partecipazione attiva di tutte le componenti interessate: fruitori dei servizi, programmatori e decisori, professionisti, erogatori. Ben venga quindi il “tavolo” di cui parla la Ministra, se sviluppato in una prospettiva inclusiva, di ascolto e valorizzazione dell’apporto di tutte queste componenti.
Vi sono alcuni elementi di riflessione che abbiamo sviluppato e che riteniamo utile proporre su questi temi:
· E’ necessario comprendere che la riabilitazione non va vista solo in termini di costo per la collettività, ma che è fonte di
recupero di risorse, grazie alla riduzione delle conseguenze disabilitanti delle malattie. Ciò viene affermato dall’OMS che nel recente “Global Disability Action Plan” indica nel potenziamento dei servizi di riabilitazione lo strumento essenziale per contrastare le conseguenze funzionali delle patologie. Una recente conferma scientifica di questo viene dal progetto inglese UKROC, che dimostra come un intervento riabilitativo appropriato dopo un ictus cerebrale consenta di ammortizzarne i costi entro 14-20 mesi.
· Il buon esito delle cure in ambito riabilitativo dipende certamente dalla qualità tecnica delle singole prestazioni, di tipo diagnostico-valutativo e terapeutico, che vengono erogate nel percorso di cura. Vi è però un altro elemento, altrettanto cruciale nel condizionare gli esiti della presa in carico riabilitativa, specie nel caso delle patologie croniche disabilitanti: quello della
continuità della presa in carico, cioè del coordinamento e coerente successione dei diversi interventi. Considerare solo la “quantità” di prestazioni riabilitative è fuorviante e può condurre a spreco di risorse; ciò che conta maggiormente è la loro tempestività e adeguatezza rispetto alla situazione. Abbiamo da tempo segnalato la necessità disistemi più adeguati di quelli ora disponibili per valorizzare la continuità riabilitativa, che superino l’attuale parcellizzazione “a silos” dei flussi informativi, e proponiamo che ogni Azienda Sanitaria dia esplicita evidenza di quali siano le strutture dell’offerta riabilitativa, pubblica o accreditata, che mette a disposizione dei cittadini, e adotti - in analogia a quanto avviene per altri settori dell’assistenza - un piano operativo per la continuità di cura nella rete dei servizi riabilitativi, fornendo informazioni chiare e trasparenti su come e dove utilizzarli.
· Visto che una delle principali conseguenze delle malattie croniche è la disabilità, abbiamo proposto la definizione di
persona in Condizioni di Cronicità/Disabilità (CCD) per caratterizzare bisogni specifici, dovuti all’interazione fra problemi clinici (spesso connessi a patologie multiple e complesse) e problemi ambientali. In un recente documento (www.simfer.it) la SIMFER ha proposto strumenti per affrontare questa problematica, ritenendo che possano utilmente inserirsi nella cornice delle proposte programmatorie in via di definizione, come il Piano Nazionale della Cronicità.
· Rispetto al tradizionale aspetto “curativo” tradizionale dell’intervento sanitario, è sempre più avvertita l’importanza di quello “abilitativo-riabilitativo”, che riguarda il recupero o mantenimento di autonomia e capacità di svolgere le proprie attività nelle diverse situazioni di vita. D’altra parte il cittadino comune (ma anche professionisti e programmatori in ambito sanitario), ha conoscenze spesso ancora generiche e a volte confuse sui metodi, sugli obiettivi, ed anche sui limiti della riabilitazione. In un paese in cui la cosiddetta alfabetizzazione scientifica è scarsa, vi sono a volte aspettative irrealistiche verso la riabilitazione, alimentate da fonti inattendibili sul piano scientifico, quando non da veri e propri ciarlatani. Inoltre, la percezione che il cittadino comune ha dei servizi sanitari è ancora largamente influenzata da modelli basati sulla cura delle malattie acute. Riteniamo che un’ azione organica di informazione, con la collaborazione fra professionisti, istituzioni, mondo dell’associazionismo civico e altri settori della comunità sul tema “
riabilitazione: istruzioni per l’uso” sia necessaria per favorire la partecipazione consapevole delle persone al proprio percorso di cura e alla gestione della propria salute.
Paolo Boldrini
Presidente – Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa (SIMFER)