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QS Edizioni - martedì 14 maggio 2024

Lavoro e Professioni

Dopo Rimini/3. L’inviolabilità dell’autonomia clinica

di Ivan Cavicchi
immagine 30 maggio - L’autonomia clinica è costituzionalmente inviolabile perché essa è una garanzia per il diritto alla cura del cittadino. E il vero proprietario del lavoro professionale non è lo Stato che si avvale del medico con dei contratti o delle convenzioni ma è il prestatore d’opera che è obbligato a garantire l’efficacia della sua opera
Nell’articolo precedente ho sostenuto la tesi che l’idea di “medico autore” potrebbe aiutarci a rimuovere la contraddizione tra autonomia professionale e dipendenza contrattuale. Si tratterebbe di riformare il tipo di obbligazione che oggi “obbliga” per l’appunto il medico nei confronti del suo datore di lavoro.
 
Se l’autonomia professionale è un valore allora essa in nessuna forma di obbligazione potrà essere sacrificata:
· ogni prestazione va garantita dal medico secondo necessità;
· il giudizio sullo stato di necessità del malato non può che essere una prerogativa professionale.
 
Ma vuol dire anche che l’autonomia deve accettare il vincolo morale della responsabilità. Senza responsabilità l’autonomia sarebbe deregolata esponendosi (per quanto la relazione di cura possa permetterlo) al laissez faire. In medicina né il laissez faire né il suo contrario cioè la medicina amministrata possono essere postulati. L’unica cosa postulabile è una medicina autonoma e responsabile misurata dai risultati. Quindi  “autrice” di salute.
 
Ma su quali basi di legittimità l’idea “autore” sarebbe possibile?
Due i postulati:
· l’autonomia clinica è costituzionalmente inviolabile perché essa è una garanzia per il diritto alla cura del cittadino;
· la natura proprietaria del lavoro professionale del medico, nel senso che il medico, anche se  vincolato da una qualche obbligazione contrattuale, resta il proprietario del proprio sapere professionale.
 
Sul primo postulato non c’è una sentenza della Corte costituzionale che dica il contrario, sul secondo si può pensare che il passaggio dalla professione liberale alla professione dipendente avvenuto con l’ingresso del terzo pagante, quindi con la nascita del welfare, abbia annullato la natura dei rapporti proprietari ma in realtà non è così:
· i cittadini restano i proprietari dei loro diritti (capitale sociale);
· i medici restano i proprietari dei loro doveri (capitale professionale).
 
Quindi il vero proprietario del lavoro professionale non è lo Stato che si avvale del medico con dei contratti o delle convenzionima è il prestatore d’opera che è obbligato a garantire l’efficacia della sua opera. La prestazione d'opera di un medico ha soprattutto una natura intellettuale, consiste nel mettere a disposizione le proprie competenze scientifiche per curare delle malattie.
 
Questo vuol dire che:
· il contratto d'opera intellettuale del medico ha una natura strettamentefiduciaria cioè si fonda sul rapporto di fiducia che intercorre tra medico azienda  e il  malato;
· l' esistenza di questo  legame fiduciario  fonda qualsiasi obbligazione  sull'intuitu personae (avuto riguardo alla persona), che nel linguaggio giuridico, indica  quei negozi nei quali si ritengono di particolare rilevanza le qualità personali dei soggetti contraenti;
· i malati su base fiduciaria si fanno curare dai medici e i medici sempre su base fiduciaria curano i cittadini per conto del terzo pagante.
 
In sintesi:
· l’ autonomia professionale  coesiste e convive con il rapporto di dipendenza in ragione del rapporto fiduciario della prestazione d’opera;
· senza fiducia non vi può essere autonomia;
· senza autonomia la fiducia non ha senso.
 
La medicina amministrata nelle sue varie forme più o meno esplicite vale come revoca della fiducia dello Stato nei confronti del medico.Oggi lo Stato, giustificato dai problemi economici, tende a revocare i rapporti fiduciari nei confronti del medico e facendo ciò tende a proporsi non più come intermediario tra cittadini e medici (terzo pagante) ma come proprietario abusivo (primo pagante) tanto del capitale sociale i diritti dei malati che di quello professionale.
 
La revoca della fiducia al medico cambia radicalmente la natura del contratto d'opera intellettualecon la conseguenza che l’obbligazione contrattuale non si fonda più sull'intuitu personae ma sull’obbedienza a vincoli, linee guida, precetti.
 
Questo significa che:
· la fiducia nei confronti del medico si trasforma nel suo opposto cioè diffidenza e avversione;
· l’opera intellettuale in una opera  esecutiva;
· l’autonomia professionale non è più un valore ma un problema.
 
Quando lo Stato sulla base di una doppia espropriazione revoca alla professione medica la sua fiducia si ha la “questione medica”:
· il medico sfiduciato è espropriato della sua autonomia professionale;
· il cittadino espropriato del suo diritto ad essere curato secondo necessità a sua volta sfiducia il medico.
 
Con la revoca del rapporto fiduciario si arriva dritti dritti alla medicina amministrata cioè al corto circuito:
· la sfiducia da parte dello Stato nei  confronti del medico  pregiudica la sua identità professionale e il suo ruolo;
· la riduzione della professione a esecutività prestazionale  danneggia le  possibilità effettive per il malato di essere curato;
· la credibilità della medicina pubblica subisce un danno favorendo la medicina privata per la quale il rapporto di obbligazione verso il medico resta interamente fiduciario e incondizionato.
 
Ancora non si è riflettuto abbastanza sulle implicazioni che ha la medicina amministratain tutte le sue forme sulla tenuta e la credibilità della medicina pubblica nei confronti di quella privata.
 
L’idea di autore vuole impedire questo corto circuito e ridare credibilità alla medicina pubblica e si basa essenzialmente sul rinnovo del rapporto fiduciario e sulla ridefinizione della prestazione d’opera
 
Il suo punto di forza è la nozione di risultato  quale vero oggetto dell’obbligazione tra medici e cittadini. Autonomia sì… fiducia pure …responsabilità… ma risultati in cambio.
 
Senza risultati oggi per i medici:
· non è possibile ricostruire i rapporti fiduciari con i malati e con lo  Stato;
· restituire alla prestazione d’opera la sua natura intellettuale;
· restare medici ippocratici.
 
Se i medici vogliono restare medici evitando di essere amministrati  devono rinnovare i loro rapporti di fiducia con la società e con lo Statoe l’unico modo per farlo è diventare autori per produrre dei risultati di salute. Gli autori non si valutano sulla base delle prestazioni o dei compiti da svolgere come dei dipendenti classici ma sulla base dei risultati che le loro conoscenze e le loro capacità ottengono dentro contesti di lavoro ben determinati.
 
Il discorso continua. Cosa vuol dire “risultato”? Come si ottiene il risultato?
 
Ivan Cavicchi
 
Leggi la prima e la seconda parte
30 maggio 2016
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