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QS Edizioni - venerdì 3 maggio 2024

Lavoro e Professioni

Associazione italiana chiropratici: “Per la formazione Italia si metta al pari con gli altri Paesi europei”

immagine 5 luglio - Richiesto un percorso di studi universitari di cinque anni a ciclo unico “al fine non solo di mettere la chiropratica in Italia al pari degli altri paesi europei, ma anche per la tutela della sicurezza stessa dei pazienti impedendo che persone non adeguatamente formate, seppure in possesso di altre lauree dell’area sanitaria, possano esercitare una professione specifica e complessa come la chiropratica”.
La realtà internazionale della professione chiropratica è ben diversa dalla situazione italiana. Per illustrarla, si può partire dalle Linee Guida sulla formazione di base e le controindicazioni in chiropratica che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha emanato nel 2005 a seguito della constatazione che essa è diffusa e disciplinata in oltre 40 giurisdizioni tra cui Stati Uniti d’America, Canada, Australia, Svizzera, Gran Bretagna, Svezia, Norvegia, Danimarca, Francia, Cipro - tutti paesi nei quali è inserita nei Servizi sanitari nazionali - e la stessa Organizzazione afferma che uno dei vantaggi accertati propri della chiropratica è quello di essere una forma di trattamento economicamente efficiente dei disturbi neuro-muscolo-scheletrici”.
 
Lo sottolinea in una nota l’Associazione italiana chiropratici che ricorda anche come “l’Organizzazione Mondiale della Sanità richiede un percorso di studi di cinque anni a ciclo unico e prevede per il laureati in medicina e chirurgia un ulteriore percorso universitario di almeno due anni a tempo pieno”.
 
“Lo stesso Ministero della Salute italiano già negli anni 1980/1982 – prosegue la nota - riscontrò come la chiropratica richiedesse cognizioni teoriche e pratiche specifiche legate al proprio intervento sul sistema neuro-muscolo-scheletrico caratterizzato, come si può leggere nella relazione, da un “trattamento sempre diretto sui singoli elementi vertebrali anche se prende in considerazione la colonna intera come organo funzionale unico, impiegando tecniche differenziate che possono anche essere variate durante il ciclo di cura.” e gli studi condotti dagli esperti del Ministero posero in evidenza come fosse profondamente errato confondere i trattamenti vertebrali ed articolari propri della professione chiropratica con i trattamenti manuali tipici della medicina manuale e delle professioni sanitarie appartenenti alla classe della riabilitazione”.
 
“Infine, non si può non ricordare come nella Risoluzione sullo statuto delle medicine non convenzionali del 1997, il Parlamento europeo ha riconosciuto come la chiropratica avesse, da tempo, una sua disciplina, soprattutto nell’Europa del nord (Gran Bretagna, Svezia, Danimarca e Finlandia), un’ufficializzazione della formazione ed un suo codice deontologico e nella Relazione si legge: “… Ecco quindi che la chiropratica, a seguito di numerosi studi richiesti da autorità pubbliche, ed in particolare dal Consiglio per la ricerca medica in Gran Bretagna – un organismo finanziato dal Governo-, è ora riconosciuta scientificamente come metodo terapeutico.”
“Se guardiamo ai corsi di laurea riconosciuti in Europa e negli Stati Uniti – aggiunge l’Associazione - vediamo che hanno tutti una durata minima di cinque anni a ciclo unico corrispondenti ad una nostra laurea magistrale, come è stato previsto anche nella norma del 2007 (L. 244/2007, art., 2,comma 355) non abrogata dalla legge n.3/18.”
 
“Pertanto, al fine di tutelare la sicurezza dei pazienti e di allineare la formazione in chiropratica delle università italiane ai corsi di laurea europei ed extraeuropei (Stati Uniti e Canada) dovrà essere delineato un profilo professionale che definisca le competenze del chiropratico in linea con quanto indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità ed un percorso di studi universitari di cinque anni a ciclo unico come richiesto anche dalla Legge italiana”, sottolinea l’Associazione..
 
Che in conclusione auspica “che i Ministeri e gli Organismi competenti chiamati in causa dalla Legge 3/2018 vogliano definire in fretta sia il profilo professionale sia il percorso di studi universitari di cinque anni a ciclo unico al fine non solo di mettere la chiropratica in Italia al pari degli altri paesi europei, ma anche per la tutela della sicurezza stessa dei pazienti impedendo che persone non adeguatamente formate, seppure in possesso di altre lauree dell’area sanitaria, possano esercitare una professione specifica e complessa come la chiropratica”.
5 luglio 2018
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