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QS Edizioni - venerdì 3 maggio 2024

Lavoro e Professioni

Pubblicità sanitaria. Le Società possono farla come i liberi professionisti

immagine 17 maggio - Lo chiarisce una recente nota del ministero della Salute a seguito di una sentenza della Corte di Cassazione. Alla base della decisione, i “principi comunitari volti a garantire la libertà di concorrenza e il corretto funzionamento del mercato” che prescinde dalla natura dei soggetti.
La liberalizzazione in materia di pubblicità sanitaria introdotta con la legge 248/2006 (c.d. Decreto Bersani), che prevede la possibilità di pubblicizzare servizi professionali non vale solo per i professionisti ma anche per le strutture sanitarie gestite da società di capitali.
Lo ha stabilito una sentenza della Corte di Cassazione e l’ha confermato una nota recentemente diramata dal ministero della Salute proprio a seguito della sentenza 3717 emessa dalla Suprema Corte lo scorso marzo (ed allegata alla nota).

Cambia, dunque, l’orientamento ministeriale in materia di pubblicità sanitaria “alla luce della diversa interpretazione della Suprema Corte” e oggi “l’intera materia della pubblicità sanitaria resta assoggettata alle disposizioni introdotte dalla Legge Bersani senza operare alcun distinguo tra le società di persone e le società di capitali”. Come spiega Giovanni Leonardi, direttore della Direzione Generale del Ministero, che ricorda come, in ragione di un precedente indirizzo, con una precedete nota del 2008 il ministero aveva ritenuto di evidenziare che il divieto di svolgere pubblicità in materia sanitaria non operava più nei confronti dei singoli liberi professionisti e delle società di persone, ma soltanto nei confronti delle attività professionali svolte in forma societaria. Per il Ministero, infatti, “le società di capitali, essendo caratterizzate dalla figura del socio di mero capitale, figura non prevista dall’art. 2 della legge 248/2006, rimanevano soggette alle norme della pubblicità sanitaria di cui alla legge n. 175 del 1992”.

A rovesciare questa interpretazione è arrivata invece la Cassazione, affermando che l’abrogazione contenuta nel Decreto Bersani delle norme sulla pubblicità sanitaria “prescinde dalla natura (individuale, associativa, societaria) dei soggetti rispetto ai quali rileva l’esercizio della professione sanitaria, atteso che la stessa è attuativa dei principi comunitari volti a garantire la libertà di concorrenza e il corretto funzionamento del mercato”.
 
17 maggio 2012
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