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QS Edizioni - lunedì 29 aprile 2024

Lettere al Direttore

La responsabilità penale nel dopo Gelli e nel dopo Covid

di Pasquale Giuseppe Macrì
12 ottobre -

Gentile Direttore,
l'esperienza pandemica ed il sempre più ridotto numero di esercenti le professioni sanitarie rispetto al fabbisogno del sistema SSN impongono un urgente intervento normativo volto a prevenire una drammatica crisi di sistema. Da più parti si è evidenziato e convenuto come sia indispensabile un sollecito riscontro del legislatore per meglio definire, anche in sede interpretativa, le norme penali che regolano l'esercizio delle professioni sanitarie. In particolare, dottrina e giurisprudenza concordano sulla necessità di rimodulare il dictum dell'art. 590 sexies del codice penale introdotto dalla legge 24 del 2017.

L'occasione è ulteriormente riproposta dalla recente, specifica normativa emergenziale prodotta nell'intento di tranquillizzare e rassicurare i medici ed i professionisti sanitari tutti che si trovarono ad affrontare la drammatica esperienza pandemica. Si è voluto perseguire efficacemente e sollecitamente lo scopo di impedire che i sanitari defezionassero dai loro impegni o cadessero in situazioni dannosamente difensivistiche aggravando le conseguenze biologiche della pandemia.

Il legislatore intervenne dapprima con l'art. 3 del D.M. n. 44 del 2021, introducendo uno “scudo penale” esclusivamente per i professionisti delle vaccinazioni. Successe, quindi, che nella legge di conversione del cennato decreto (legge 76/21 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, il legislatore fece seguire all'art. 3 un 3-bis, ritenendo indispensabile, per assicurare necessari interventi sanitari, estendere lo “scudo penale” a tutti gli esercenti le professioni sanitarie a qualunque titolo operanti in situazioni generate o connesse ai fatti pandemici.

Con efficacia e lungimiranza il legislatore del 2021 è intervenuto sull'art. 590 sexies c.p. limitando la punibilità dei fatti integranti le ipotesi di cui agli articoli 589 (Lesioni personali colpose) e 590 (Omicidio colposo) alla sola ipotesi di colpa grave purché sussistessero due condizioni, la prima richiedeva che i fatti integranti reato fossero stati commessi in vigenza del periodo di stato di emergenza epidemiologica da Covid-19, la seconda che gli stessi  fatti trovassero causa nella situazione di emergenza.

Quel che maggiormente rileva e conferisce speciale caratura alla norma in commento è la circostanza che, dopo aver limitato al primo comma la punibilità ai soli casi di colpa grave, al secondo comma indica precisi criteri di valutazione del grado della colpa, statuendo che il Giudice tiene conto “tra i fattori che ne possono escludere la gravità, della limitatezza delle conoscenze scientifiche al momento del fatto sulle patologie da SARS-CoV-2 e sulle terapie appropriate, nonché della scarsità delle risorse umane e materiali concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare, oltre che del minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato impiegato per far fronte all'emergenza”.

La struttura di questa norma dovrà - a nostro avviso - essere mantenuta e rispettata nei successivi, ci auguriamo prossimi, interventi legislativi sulla responsabilità penale dei sanitari. I cardini sostanziali, ovvero la limitazione ai soli casi di colpa grave e lo schema interpretativo della misura soggettiva della colpa, dovranno essere comunque fatti salvi.

Viene spontaneo ora chiedersi perché una norma così ben congegnata non possa essere introdotta, in via ordinaria, a disciplinare tutti gli atti sanitari.

L'alea che governa lo stato pandemico è costitutiva di gran parte se non di tutti gli atti sanitari.

Si rifletta, allontanando il chimerico schema neopositivista del medico onnipotente, sulle difficoltà diagnostiche e terapeutiche che tutti i giorni i medici incontrano ed affrontano nel loro percorso professionale.

Occorre pertanto pensare con urgenza ad una revisione dell'art. 590 sexies c.p. che ripristini la punibilità degli esercenti le professioni sanitarie solo nei casi di colpa grave così come nella previgente legge Balduzzi (1) e dall'articolo 2236 del codice civile, espressamente richiamato dalla sentenza S.U. Mariotti del febbraio 2018 come norma ordinamentale, raramente applicata dai Giudici di merito e solo richiamata dai Giudici di legittimità. Di seguito si propone una bozza di modifica dell'art. 590 sexies c.p. tenendo conto dell'ipotesi di limitazione della punibilità alla colpa grave e alla contestuale indicazione di alcuni criteri di valutazione del grado della colpa cui i Giudici dovranno necessariamente far riferimento nel motivare le sentenze.

Responsabilità colposa degli esercenti le professioni sanitarie
I fatti di cui agli articoli 589 e 590 c.p., che vengano commessi durante l'esercizio di una  professione sanitaria, sono punibili esclusivamente nei casi di colpa grave. Al fine di valutare la colpa il Giudice terrà conto, motivando in sentenza:

- se per i fatti di causa e all'epoca degli stessi fossero o meno presenti linee guida editate  ai sensi dell'articolo 5 della legge 24/2017 o in mancanza di queste di buone pratiche  clinico-assistenziali ed ulteriormente dello stato delle conoscenze scientifiche;

- delle specifiche condizioni di lavoro e delle condizioni di disponibilità di risorse umane o  strumentale anche in relazione al numero dei casi da trattare da parte del professionista  ovvero della natura e dell'entità del rischio da gestire e della criticità della situazione  operativa;

- di eventuali carenze strutturali ed organizzative.

Pasquale Giuseppe Macrì
Docente Medicina Legale presso l'Università di Siena
Direttore AFD MED LEG Azienda Toscana Sud Est

Note
(1) art. 3 della legge 8 novembre 2012, n. 189: “L’esercente le professioni sanitarie che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’art. 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo”.

12 ottobre 2022
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