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QS Edizioni - giovedì 2 maggio 2024

Lettere al Direttore

Perché aumentano i delitti commessi da persone affette da patologie psichiatriche?

di Andrea Angelozzi 
12 dicembre -

Gentile Direttore,
le cronache dei giornali riportano con un ritmo crescente delitti in cui l’autore risulta affetto da patologie psichiatriche, riproponendo con più forza questo argomento molto delicato, dove di mescolano aspetti ideologici e aspetti scientifici. Accanto a chi nega l’esistenza di una correlazione, attribuendola solo allo stigma, vi è una importante letteratura che, da una parte ci ricorda che se una persona è affetta da disturbi psichiatrici non necessariamente il delitto va attribuita a questi; ma dall’altra ci segnala che, ove questo legame esista, talune specifiche patologie mostrano in effetti un rischio più alto rispetto alla popolazione generale, specie se questo avviene con una concomitante patologia alcolica o di altre dipendenze.

La letteratura scientifica ci ricorda anche due altri aspetti solo in apparenza contraddittori. Il primo è che al di là del maggiore rischio in taluni gruppi di pazienti, l’evento omicidiario nel singolo paziente è del tutto imprevedibile, per il legame con numerosi aspetti ambientali e di contesto, variabili, imprevedibili e non sempre conoscibili dal terapeuta.

Ma anche che il fatto di essere seguiti dai servizi e la continuità di questo legame hanno un ruolo importante nel diminuire il rischio di questi eventi. Non sappiamo predire sulla singola persona, ma seguire bene quel tipo di patologia aiuta in genere a contenere il rischio. E’ un po’, come era stato scritto in materia, che non posso prevedere se e quando un tornado compirà quella spiaggia, ma è comunque bene che, se ci voglio vivere, la casa la costruisca solida.

Il progressivo impoverimento dei servizi, oltre a ridurre la capacità in generale di risposta ai vari bisogni di salute mentale della popolazione, porta pertanto anche ad un aumentato rischio di leggere questi eventi nelle cronache.

Con alcune conseguenze da non sottovalutare:
  • l’inevitabile incremento dello stigma - ove la paura è una componente essenziale - da parte della popolazione nel confronti di chiunque soffra di disturbi mentali, a fronte degli episodi che i giornali riportano,
  • l’esposizione dei terapeuti a coinvolgimenti medico legali in tema di responsabilità, sulla base della posizione di garanzia ex art 40 cp, quando la effettiva responsabilità è di chi non ha messo servizi in condizione di funzionare adeguatamente,
  • il farsi avanti di approcci difensivi negli operatori, portando ad utilizzare le strutture residenziali come puro contenitore difensivo, in mancanza dei più corretti interventi che andrebbero fatti a livello territoriale,
  • il rafforzarsi nella popolazione della richiesta di interventi neomanicomiali, dove un approccio custodialistico ed istituzionale è sentito come la unica forma protettiva utilizzabile, mettendo a serio rischio le conquiste scientifiche, sociali e culturali fatte in questi anni in Italia tema di salute mentale,
  • infinite sofferenze alle vittime, allo stesso aggressore ed ai loro familiari, che potevano essere spesso evitate con una diversa gestione delle situazioni.

Sarebbe ora che la comunità - per questo e per tanti altri aspetti che riguardano la salute mentale - si rendesse conto che l’impoverimento dei servizi di salute mentale porta conseguenze che vanno al di là di quelle già enormi per i pazienti ed i familiari ma coinvolge in modo più ampio la quotidianità sociale di tutti.

Andrea Angelozzi
Psichiatra

12 dicembre 2022
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