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QS Edizioni - martedì 19 marzo 2024

Lettere al Direttore

Una nuova convenzione per i medici di famiglia

di Ornella Mancin
7 giugno -

Gentile direttore,
l’avvio della discussione sul disegno di legge presentato in Commissione Affari Sociali e Sanità del Senato per il potenziamento della medicina territoriale e le affermazioni della Presidente del Consiglio sulle Case di comunità hanno riportato un po' di attenzione sulla medicina di famiglia e sulla necessità di un suo riordino.

Nel disegno di legge presentato a firma Maria Cristina Cantù (Lega) appare assodato che il rapporto di lavoro per il medico di famiglia resterà la convenzione. Questo pare aver messo a tacere ogni possibile discussione sulla dipendenza ottenendo il plauso dei sindacati maggioritari (Fimmg , Snami) oltre che di Fnomceo e Enpam.

Ma il rapporto di Convenzione così come è oggi, è ancora la formula adatta a disegnare la medicina territoriale del futuro? Non sarebbe opportuno una riflessione che porti a un superamento o almeno a un qualche cambiamento in quello che viene stabilito in questo accordo?

Il rapporto di lavoro del medico di famiglia è regolato da una accordo collettivo nazionale (ACN),un accordo Regionale( ACR) e poi da accordi integrativi locali per singola ASL.

La convenzione viene stipulata tra la parte pubblica e i sindacati. Dal momento che esiste un solo grosso sindacato (la Fimmg) che ha la maggioranza degli iscritt n(poco più del 60%) la convenzione è di fatto un accordo tra la parte pubblica e la Fimmg; tutti gli altri , sia i sindacati minoritari (che devono firmare per non essere esclusi da tutti i tavoli di trattativa) , sia i non iscritti ai sindacati ( e sono sempre di più) sono tenuti a subire anche se in disaccordo.

La convenzione nazionale viene rinnovata con sempre maggior ritardo e quando viene rinnovata è di fatto già vecchia (a marzo 2023 è stato approvato l’Atto di indirizzo che darà il via alle trattative per il rinnovo dell’Acn 2019-2021 e solo successivamente si potrà parlare ell’Acn 2022-2024).

Non vanno meglio le cose per le trattative Regionali che rivestono di solito una importanza strategica perché calano nella realtà locale gli indirizzi nazionali con variazioni importanti da regione a regione. Ma anche qui le cose vanno a rilento: in Veneto, per esempio, la Regione non convoca i sindacati da più di un anno e SMI e SNAMI hanno fatto 4 gg di sciopero proprio per sbloccare la situazione che ancora rimane ferma.

La Convenzione disciplina i rapporti tra i medici di medicina generale convenzionati e le Aziende sanitarie, ne regola il profilo economico e giuridico e stabilisce tutta una serie di compiti e prestazioni che il mmg deve fornire ai suoi assistiti gratuitamente (mentre quelle che non rientrano nell’ambito della Convenzione sono soggette a parcella da parte degli utenti)

Con il passare degli anni, di convenzione in convenzione, sono aumentati gli obblighi specie di natura burocratica a scapito del lavoro clinico e della presa in carico dell’assistito e mentre la parte pubblica si preoccupa di portare il nostro orario di lavoro da 15 a 25 ore settimanali (magari fossero 25, ma effettive!) viene da chiedersi se questo accordo risponde ancora oggi ai bisogni di salute della popolazione e se sia ancora così vantaggioso per i medici di famiglia.

La Convenzione ha perso completamente per strada il concetto di “libera professione “a favore di un controllo ormai ossessivo dell’ente pubblico sulla attività del medico di famiglia che viene passata al setaccio in ogni atto, in ogni prescrizione farmaceutica o specialistica , nel nome di una appropriatezza prescrittiva che ha come unico fine la riduzione della spesa . Ben poco è rimasto di quella “prestazione d’opera intellettuale” che dovrebbe essere alla base di ogni lavoro di un professionista che presta la propria opera a favore di terzi.

La convenzione attuale ci sta portando sempre più verso un lavoro impiegatizio, costretti a svolgere pratiche burocratiche per conto della Regione, costretti nel nostro agire a rispettare una serie di limiti imposti , il tutto senza alcuno dei vantaggi della dipendenza: non ferie retribuite, né malattie, né infortuni (vi ricordo che le famiglie dei medici di famiglia morti a causa del covid nel pieno della loro attività non hanno avuto pressoché nessun risarcimento ); senza contare che il rapporto “privilegiato” con il paziente che ci “sceglie” ci obbliga ad una reperibilità pressoché costante.

Vale la pena di mantenere una convezione siffatta?

A mio avviso è urgente un ripensamento che riconsideri le basi dell’accordo e lo renda attuale sia per i cittadini assistiti sia per i medici, altrimenti temo che i giovani medici si allontaneranno sempre più da questa professione che non garantisce oltretutto neanche la possibilità di un tempo adeguato di riposo.

Ornella Mancin

7 giugno 2023
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