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QS Edizioni - lunedì 20 maggio 2024

Lettere al Direttore

Statistiche e realtà

di Andrea Angelozzi
23 giugno -

Gentile Direttore,
la puntuale uscita del rapporto Crea 2023 sulle Performance Regionali vede ancora una volta una qualche graduatoria delle Regioni. Esaminando quelle del Veneto sono rimasto colpito dal miglioramento che viene segnalato nell’indice di salute mentale, come ampiamente riportato anche dai giornali locali, a testimonianza del lavoro fatto dai servizi socio sanitari in questo ambito.

Approfondendo sul testo originale del rapporto Crea come venga ottenuto questo indice, e indicato quindi questo miglioramento, che contrasta con la percezione che hanno della situazione gli operatori, gli utenti ed i familiari, mi sono reso conto di quanto confusive possano essere talune informazioni statistiche se slegate dal contesto di origine.

Quello che emerge infatti dal Rapporto Crea è che questo indice non è altro che “una misura di disagio psicologico (psychological distress) ottenuta dalla sintesi dei punteggi totalizzati da individui di 14 anni e più nei 5 quesiti del questionario SF36 (36Item Short Form Survey), che fanno riferimento ad ansia, depressione, perdita di controllo comportamentale o emozionale e benessere psicologico” Si tratta cioè di una questionario autosomministrato in cui una parte solo delle domande si riferisce molto genericamente ad aspetti emotivi, del tipo se la persona si è sentita nervosa o calma o ha avuto problemi emotivi che hanno interferito con la vita sociale.

I dati in merito sono desunti dal rapporto BES gestito dall’Istat che ha curato la relativa indagine. Un questionario interessante, ma assolutamente non specifico, relativamente ai problemi che possono riguardare appunto più il benessere psicologico che la salute mentale in senso clinico. L’aspetto generale dei temi coinvolti poi impedisce di definire una qualunque correlazione con lo stato dei servizi, rimandando invece in maniera forte ad aspetti ambientali e situazionali di vita.

Credo di non poter essere smentito se affermo che questo indice non ha nulla a che fare con lo stato dei servizi che si occupano di salute mentale, ed è in questo senso una presenza fragile in un rapporto che, al di là degli obiettivi dichiarati del progetto Crea, poi viene descritto come uno stato delle performance sanitarie di una regione.

Ma vi sono altri due aspetti che meritano attenzione e che limitano ulteriormente l’idea di potere considerare la situazione Veneta in materia di salute mentale, così come descritta dal Rapporto Crea, un successo.

Il primo è che l’indice varia tra 0 e 100, con migliori condizioni di benessere psicologico al crescere del valore dell’indice e la realtà del Veneto è che nel 2022 comunque si ferma ad un 68,5 rispetto alla media nazionale che è 69. Non stiamo parlando di valori di 90 o oltre, ma di valori ben più modesti dove il peggiore è poco distante (le Marche con 66,9). E se certo è vero che questo dato è maggiore rispetto al 2019 quando era 68 rispetto ad una media nazionale del 68,4, è anche vero che è sceso rispetto al 2021 quando era 69,5 rispetto alla media nazionale del 68,4, valore analogo nel 2020 con una media nazionale del 68,8. Questo di fatto sposta il Veneto dall’ottavo posto nel ranking nazionale del 2020 al 15° del 2022. Esiterei a definirlo un successo.

Posso solo concludere che l’indice di salute mentale non ci dice molto sulla situazione dei servizi di salute mentale in Veneto, ma certo di dice che lo stato di psychological distress della popolazione è comunque peggiore della media nazionale e sta peggiorando.

Le riflessioni che nascono in relazione a questa valutazione del Rapporto Crea pongono ancora una volta a mio parere un problema relativamente agli indicatori che dovrebbero descrivere la situazione delle “performance “regionali in materia di sanità e sociale.

Ed è un problema che riguarda più ambiti:

  • il primo è quello di definire degli indicatori che possano essere attendibili per quanto si vuole misurare in tema di di sanità
  • che questi possano essere correlati con chiarezza con lo stato dei servizi che dovrebbero averne cura
  • Il terzo è che questi indicatori possono assumere senso solo in una analisi del contesto complessivo nazionale, e che tenga conto del loro effettivo andamento temporale
  • infine, che quando (e mi riferisco ad altre analisi, tipo quelle relative ai LEA) si assumono necessariamente solo alcuni indicatori molto specifici, occorre tenere conto di un duplice aspetto distorsivo. Il primo è che in taluni ambiti a particolare complessità relativamente ad esiti e processi - ad esempio la salute mentale - questi indicatori rischiano di non dire nulla sull’effettivo funzionamento dei servizi. Il secondo è che si rischia qualcosa di simile a quanto Alfie Kohn descriveva nel suo Punished by Rewards: The Trouble with Gold Stars, Incentive Plans, A's, Praise, and Other Bribes del 1993, sottolineando come fissare obiettivi legati ad un qualche premio porti il forte rischio di una completa distorsione del lavoro che finisce solo per valorizzare in qualunque modo quei risultati molto specifici e quindi molto parziali rispetto alla operatività totale, a scapito però di tutto il resto.

Credo che siano aspetti su cui valga la pena soffermarsi.

Andrea Angelozzi
Psichiatra

23 giugno 2023
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