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QS Edizioni - venerdì 17 maggio 2024

Lettere al Direttore

No discriminazioni ma pari opportunità. Il diritto all’oblio oncologico

di Marina Vanzetta
13 luglio -

Gentile Direttore,
nel nostro Paese, secondo i dati dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), su 3,6 milioni di persone con malattie oncologiche il 27% è considerato guarito. Ma se essere stati malati di cancro significa essere guariti clinicamente non è detto, ad oggi, che equivalga anche a essere guariti socialmente, e a non essere discriminati in ambito professionale, familiare, sociale.

Di fatto, ancora troppo spesso, per le persone guarite dal cancro il passato è un “fardello” pesante e difficile da scrollare di dosso, è un inciampo continuo nella costruzione/ricostruzione di un progetto di vita di qualità. Per loro è tutto più difficile, talvolta impossibile: accedere a un mutuo, a un finanziamento, a polizze assicurative, a un percorso di adozione di un figlio e, ancora, è difficile non essere discriminati sul lavoro.

Come superare questa impasse?

Sancendo il diritto all’oblio oncologico. Se ne parla da oltre vent’anni, come ha sottolineato l’Avv. Elisabetta Iannelli, Segretario generale della Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO) in una recente intervista rilasciata a “L’Infermiere Online”. Godere del diritto all’oblio oncologico significa che le persone guarite dal cancro non devono fornire informazioni o dati relativi alla pregressa patologia oncologica in contesti assicurativi, finanziari e lavorativi.

Ma a che punto siamo?

A buon punto, sostiene Iannelli, perché la legge sull’oblio oncologico, da tutti tanto auspicata, è finalmente in via di approvazione e ha già cominciato a sostanziare un cambiamento segnando un punto di svolta giuridico ma prima ancora, culturale nella prevenzione e nel superamento delle discriminazioni nei confronti delle persone guarite dal cancro che hanno le stesse aspettativa di vita della popolazione generale.

Una norma che, una volta approvata, riconsegnerà alla vita attiva milioni di persone perché, come affermato in più occasioni da Iannelli, anche se principalmente riferita ai guariti, prevede politiche attive sul lavoro anche per i lungoviventi oncologici non ancora guariti ma che in gran numero non moriranno per la malattia oncologica come evidenzia la ricerca.

Un passo in avanti, dunque, che segna finalmente una vita libera dallo stigma.

Marina Vanzetta

L’Infermiere Online
13 luglio 2023
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