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QS Edizioni - domenica 19 maggio 2024

Lettere al Direttore

Prima dire la verità sulla sanità, poi decidere cosa sia giusto fare

di Ivan Cavicchi
3 novembre -

Gentile direttore,
esiste una regola che si definisce del “norcino” e che sostiene che del maiale non si butta via niente. Applicando questa regola persino le polemiche tra di noi anche quelle più inani e stucchevoli avrebbero una certa utilità. I fagioli con le cotiche, per restare in tema, sono un esempio dell’importanza di questo principio.

Studiare le polemiche significa studiare una discussione e un modo di discutere e studiare il modo di discutere significa per esempio capire se data una sanità da salvare essa ha o no una certa probabilità di salvarsi.

La mia tesi è molto semplice e sviluppa quella di cui ho già parlato a proposito di verità e giustizia (QS 23 ottobre 2023) certo se vogliamo salvare la sanità prima bisogna dire la verità sulla sanità e poi decidere cosa sia giusto fare ma per fare queste due cose importanti ci vuole una certa onestà intellettuale.

Secondo me in sanità a causa di tante cose il grado di onestà intellettuale della discussione è piuttosto basso.

Faccio un esempio per farmi capire: se la verità è che il privato è diventato in questa crisi economicamente insostenibile la cosa giusta da fare sarebbe quella di sviluppare il servizio pubblico e ridimensionare la sanità privata, ma se per tante ragioni diverse anche personali biografiche relative all’amor proprio non si riesce a dire la verità è probabile che la scelta giusta non si farà mai.

In sanità in 45 anni di errori ne se nono stati fatti tanti altrimenti la sanità non sarebbe ridotta come è ridotta e per chi ha partecipato a questi errori o li ha sostenuti o semplicemente non li ha contestati al momento giusto non è facile ammetterli cioè non è facile essere intellettualmente onesti perché ciò implica assumersi delle responsabilità e cimentarsi con l’autocritica.

Ma se non si è intellettualmente onesti mi chiedo come si salva la sanità cioè come si dice la verità e come si decide cosa sia giusto fare?

Facciamo un altro esempio negli anni 90 l’Ulivo in sanità ha compromesso l’integrità dell’art 32 con delle controriforme strutturali oggi queste riforme strutturali presentano il conto ponendo il problema generale di salvare la sanità.

Ma, fino ad ora, a me non risulta che gli autori di questa compromissione si siano mai preso la responsabilità di ammettere di aver stravolto l’art 32 a me risulta che si stia facendo di tutto per fare esattamente il contrario.

Quando in molti chiedono di rifinanziare la sanità a errori invarianti vuol dire che il grado di onestà intellettuale è molto basso e che ne la verità e ne la giustizia è in cima ai nostri pensieri.

E’ evidente che in questo caso un basso grado di onestà intellettuale rischia di portarci fuori strada e di farci sbagliare un’altra volta.

Ma anche discutere onestamente in sanità non è per niente scontato anzi è più difficile di quello che si creda.

Per discutere onestamente sarebbe necessario discutere in subiecta materia le tesi in campo ma in generale almeno secondo la mia personale esperienza, quando ci sono questioni personali di mezzo o quando di mezzo c’è la faccia l’amor proprio la storia personale si fa di tutto per non discutere in subiecta materia ma quel che è peggio non si scarta la possibilità di ricorrere alla denigrazione personale.

Un esempio fresco fresco è proprio la polemica che è sorta in questi giorni nel momento in cui a Panti ho contestato la tesi che sostiene che in sanità bisogna ”salvare il salvabile” e alla Labate ho chiesto di spiegarmi per quale ragione essa è contraria alla quarta riforma e quindi contraria la mia tesi della compossibilità.(QS 23 ottobre 2023)

Se esaminate i loro articoli scoprirete facilmente che nei confronti dei miei dubbi e delle mie perplessità non ci sono da parte loro risposte in subiecta materia, cioè non c’è una discussione nel merito, quindi una risposta puntuale alle mie critiche , ma al contrario ci sono molti discorsi generici e poco attinenti che provano maldestramente a spostare il discorso da un’altra parte ma, a parte ciò, entrambi i discorsi partono da un espediente retorico ignobile quanto intollerabile che è quello di usare “l’argomento contro l’uomo” (contra homine) per screditare il loro interlocutore.

Quando si parte dal presupposto come fa sia Panti che Labate che per il solo fatto di non condividere le loro tesi qualcuno diventa “prigioniero del proprio pensiero” e quindi è “incapace a capire il pensiero altrui” e ancora è “vittima della propria estatica contemplazione di sé stesso” o di aver “chiuso i circuiti dell’ascolto dell’altro per cui valgono in assoluto i suoi pensieri”, be in questo caso c’è poco da discutere. La discussione in subiecta materia non c’è. Al suo posto c’è il metodo contra homine e il problema della disonestà intellettuale diventa davvero un bel problema.

In questo caso è evidente che il problema per alcuni non è salvare la sanità ma salvare la propria faccia. Però la sanità dicono costoro a chiacchiere andrebbe salvata. Quindi la sanità secondo costoro andrebbe salvata ma senza dire la verità e senza capire cosa sia giusto fare.

Ma questo modo di discutere non è solo deontologicamente esecrabile ma alla fine si rivela un errore clamoroso cioè un danno alla sanità in quanto tale Se come si dice la sanità è da salvare non si può considerare la critica come un nemico o un avversario da combattere perché ciò significherebbe privare la sanità delle sue possibilità di rinascita.

Insomma usando la regola del norcino a giudicare dalle discussioni che facciamo tra di noi io penso che oltre la verità e la giustizia sia importante l’onestà intellettuale. Più si è disonesti e più si danneggia la sanità che a parole vorremmo salvare.

Vorrei chiudere questa riflessione con una notazione politica a latere che riguarda la sinistra e cioè quel soggetto politico che in opposizione al governo Meloni dovrebbe salvare la sanità.

Tanto il sottoscritto che Panti e Labate appartengono ad una comune cultura politica di ispirazione progressista. Sono tutti e tre di sinistra e si conoscono da tanti anni e insieme ai bei tempi hanno fatto tante battaglie ma come ho detto le loro visioni della sanità anche in ragione delle loro differenti esperienze personali e delle loro differenti formazioni culturali sono per certi versi antinomiche.

In un certo senso costoro loro malgrado sono la rappresentazione del travaglio che la sinistra sta passando da quando è andata alla opposizione e da quando la “sua” sanità costruita in tanti anni è passata in eredità alla destra.

Oggi la sinistra sulla sanità deve decidere se prendere la strada della riforma o quella dell’apologia. Nel primo caso essa sarebbe obbligata a fare autocritica perché si tratterebbe di riformare prima di tutto le sue controriforme, nel secondo caso per conservare il sistema che essa ha costruito dovrebbe accettare di pagare il prezzo di tante contraddizioni Rischiando oltretutto di perdere per davvero la sanità

A tutt’oggi l’unica mediazione che la sinistra ha messo in piedi fallita miseramente con la legge di bilancio è lo scambio invarianza del sistema in cambio di rifinanziamento

Tutti a sinistra dicono che la sanità andrebbe salvata ma i loro modi di salvare la sanità sono talmente discordanti che viene il sospetto che essi:
- non siano di sinistra allo stesso modo
- non si riferiscano alla stessa sanità
- delle sorti della sanità interessa molto poco perché preferiscono occuparsi di tutelare il loro profilo storico

Costoro per queste discordanze sono del tutto identici agli istrici di Schopenhauer per cui ogni volta che essi si avvicinano tendando di parlarsi alla fine finiscono inevitabilmente per pungersi .

La sanità per salvarsi ha bisogno di idee, di un pensiero, di dialettica, di critica ,di confronto ma soprattutto di una buona dose di onestà intellettuale.

Sposo in pieno la proposta che ho appena letto di Nunzia Boccaforno di scrivere un libro bianco sulla sanità (QS 3 novembre 2023).

Ivan Cavicchi

3 novembre 2023
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