toggle menu
QS Edizioni - domenica 19 maggio 2024

Lettere al Direttore

Limitare le assoluzioni per infermità di mente degli autori di reato. Ecco perché

di Enrico Di Croce e Stefano Naim
30 gennaio - Gentile Direttore,
alcuni psichiatri italiani, su iniziativa del Coordinamento Psichiatri Toscani, chiedono di limitare le assoluzioni per infermità di mente degli autori di reato. Vogliamo spiegare ai cittadini il senso di quest’iniziativa, che tenta di salvare la Psichiatria dal rischio del baratro.

Una crisi profonda logora la sanità pubblica, e in modo ancor più drammatico la Salute Mentale. Tra le cause vi è il ritorno del mandato custodialista. La psichiatria da sempre risponde a pressioni di controllo sociale. Fino al 1978 questa funzione era svolta dal manicomio. Con la legge 180 la psichiatria si sveste del controllo e rivendica il ruolo di cura. Ma questa battaglia di civiltà sbatte con l’ostilità della società ad accettare il disagio e la devianza umana. Così, il pregiudizio psichiatrico=pericoloso resta radicato nel sentire comune.
La Giurisprudenza negli anni riassegna allo psichiatra i compiti di igiene sociale. La Cassazione nel 2005 estende la non imputabilità ai gravi disturbi di personalità, categoria quanto mai ambigua e poco delimitabile: ne consegue un “diluvio” di proscioglimenti per vizio di mente. La legge 81 nel 2014 sostituisce gli OPG con le REMS, strutture a esclusiva competenza sanitaria: l’intento era offrire cure più dignitose ai folli rei, ma essa finisce per sanitarizzare la devianza (antisocialità, violenze) che è cosa assai diversa dalla malattia mentale. Il risultato è che oggi migliaia di persone hanno una misura di sicurezza non detentiva: vengono cioè giudicate non imputabili, e affidate alla psichiatria. Anni fa casi simili erano eccezionali, ora sono la regola. Dilaga poi oggi la posizione di garanzia: il dovere di impedire che il paziente sia “pericoloso per sè o per gli altri”.

Così gli psichiatri tornano custodi della distruttività umana, anche laddove una malattia mentale sia dubbia, e ancor più dubbia sia la sua reale incidenza sui comportamenti.

La non imputabilità - nata a tutela di chi compie reati in stato di grave alterazioni psichica - applicata in questo modo distorce i processi di cura. Essa declassa gli individui a non-persone (è persona chi può rispondere di sè). Un soggetto prosciolto, e giudicato pericoloso, non risponde più delle sue azioni. Sarà lo psichiatra a garantire per lui. Così, gli psichiatri sono il braccio armato della Magistratura, per risolvere questioni di ordine pubblico.
Il Magistrato per sua natura dispone, assolve e condanna. Lo psichiatra fa l’opposto: comprende senza giudicare, costruisce alleanze, osserva la complessità delle cose, tollera l’incertezza. Aiuta la persona a comprendere tutto questo, per star meglio. Psichiatria e Magistratura hanno visioni antitetiche. Il loro dialogo deve “cucire” posizioni opposte, ma ambedue vitali per la comunità. Un clinico esecutore del volere del giudice è inammissibile: lo psichiatra risponde a un problema medico. Su esso un giudice non può, né deve imporre nulla.

Centrale è allora la posizione degli psichiatri: lo snodo tra la possibilità di limitare la richiesta di controllo (per rendere la cura possibile, e il nostro lavoro sopportabile) e la resa a una posizione letale per i pazienti e... la sopravvivenza dei curanti. La Salute Mentale nasce dal rifiuto di pratiche di oppressione umana. Non basta l’ottimismo ecumenico. Serve schierarsi. Senza la volontà di opporsi a richieste irricevibili e anti-terapeutiche, essa smette di esistere, per come la conosciamo.

La proposta degli Psichiatri Toscani è di restringere la non imputabilità per vizio di mente. Sostiene che la responsabilità è terapeutica, che non si cura senza responsabilizzare; che le cure obbligatorie sono sempre pseudo-cure (a eccezione del TSO, solo nei casi di estrema acuzie, e anch’esso oggi spesso usato per ragioni di pericolosità). Di fronte ai reati, il disagio mentale rimane una doverosa attenuante. Ma parliamo del disturbo reale, quello che scardina la mente e altera l’esame di realtà. E comunque la cura non sostituisce la pena: non è (né vuole essere) la risposta ai problemi di ordine pubblico!

Sempre più pazienti denunciano la scarsa assistenza dei Centri di Salute Mentale. Molti operatori non reggono. Stremati, malpagati, spaventati dai rischi penali, scappano. I CSM riducono gli orari o chiudono. Questo alla gente interessa? L’attuale situazione è insostenibile. Serve coraggio. Che la società apra gli occhi. Prima che sia tardi.

Enrico Di Croce
Psichiatra, ex Dsm Asl TO 4

Stefano Naim
Psichiatra, Dsm Asl Modena


Leggi il contributo integrale
30 gennaio 2024
© QS Edizioni - Riproduzione riservata