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QS Edizioni - mercoledì 15 maggio 2024

Lettere al Direttore

Caso Avastin. Valutazioni di risparmio non possono prescindere dalla sicurezza per il paziente

di Francesco Bandello
5 marzo - Gentile Direttore,
in merito al dibattito relativo all’utilizzo dei farmaci Lucentis (ranibizumab) on-label e Avastin (bevacizumab) off-label per uso intraviterale per il trattamento della degenerazione maculare neovascolare legata all’età e di alcune altre retinopatie, desidero segnalare che i due farmaci in oggetto sono molecole differenti anche se entrambe inibiscono il VEGF: Avastin è un anticorpo intero mentre Lucentis ne è un frammento e in quanto tale ha un’emivita più breve, il che significa che è rapidamente eliminato dal circolo sistemico per minimizzare il potenziale di effetti collaterali sistemici. Avastin ha un’emivita sistemica di 20 giorni, rimane quindi in circolo per 20 giorni e ranibizumab solo per 2 ore.

Sul tema della sicurezza esistono numerose evidenze, tra cui studi internazionali indipendenti, che dimostrano che tra i due farmaci ci sono delle differenze importanti dovute proprio alla diversa “biologia” dei trattamenti: Avastin presenta, infatti, un rischio più elevato di effetti collaterali sia a livello locale che sistemico. I dati dello studio CATT hanno mostrato un rischio significativamente superiore del 30% nel totale di eventi avversi sistemici seri con Avastin per via intravitreale rispetto a ranibizumab.
 
Lo studio ha evidenziato inoltre casi di eventi arterotrombotici, emorragie sistemiche, insufficienza cardiaca congestizia, eventi trombotici venosi, ipertensione e morte vascolare, che sono stati più frequenti nei pazienti trattati con Avastin. Comunque, al di là della delicata questione sui farmaci “fuori etichetta” che il caso Lucentis-Avastin continua a sollevare, ritengo opportuno ribadire che la scelta di una terapia dovrebbe essere vincolata ai soli criteri di efficacia e sicurezza ad esclusiva tutela del paziente. Pur comprendendo, infatti, la necessità di bilanciare l’erogazione delle cure da parte del Servizio sanitario nazionale in un contesto economico complesso e al tempo stesso di favorire l’accesso alle terapie a tutti, come medico e oftalmologo credo che semplicistiche valutazioni di risparmio non possano essere i parametri alla base dell’utilizzo di una molecola non autorizzata per una specifica patologia, prescindendo dalla tutela della sicurezza che andrebbe a detrimento della salute dei pazienti.
 
Francesco Bandello
Presidente di Euretina (Società Europea degli Specialisti di Retina)
Professore Ordinario di Oftalmologia Università Vita-Salute San Raffaele e direttore dell’Unità Operativa di oculistica e oftalmologia dell’Ospedale San Raffaele di Milano. 
5 marzo 2014
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