19 novembre -
Gentile Direttore,
ho letto nei giorni scorsi
l'articolo di Silvana Romano su Quotidiano Sanità. Nella passione che ne permea le righe ho ritrovato la voglia di lottare per una professione migliore, superando le inadeguatezze formative, il demansionamento (o deprofessionalizzazione, che dir si voglia), la burocratizzazione che allontana dal lavoro "sul campo", la volontà di trovare una rappresentatività più forte nelle sedi decisionali, affichè della propria professione non siano sempre altri a decidere (politici, economisti, ecc).
La cosa curiosa è che non si tratta di un articolo scritto da un infermiere, ma è un articolo scritto da una giovane cardiologa, medico ospedaliero di Mirano (VE). E questa curiosa situazione mi ha fatto riflettere, e forse dovrebbe far riflettere un po' tutti. Il sistema delle professioni sanitarie probabilmente ha bisogno di un rinnovamento. Anzi, è l'intero Servizio Sanitario che deve rinnovarsi attraverso una nuova definizione delle professioni e del loro modo di esprimersi al suo interno.
Spesso in passato, anche recente, abbiamo assistito alle barricate fra professioni, in cui la parola d'ordine era "contro". Qualcuno agiva sempre contro qualcun altro, o almeno questo era il messaggio che si voleva far passare. Ma i tempi sono maturi per un atteggiamento diverso, è nostro dovere far si che un nuovo capitolo si apra nel Sistema Salute e nuove relazioni fra le professioni si instaurino, generando virtuose sinergie che non possono che giovare alla nuova Sanità.
Nuove relazioni fra professioni, professioni a loro volta rinnovate, anche negli strumenti di rappresentanza; Ordini e Collegi da una parte e Organizzazioni Sindacali dall'altra, ciascuno nel rispetto delle proprie prerogative, devono cavalcare l'onda del rinnovamento, per evitare di esserne travolti insieme ai relitti di una Sanità stanca e inadeguata alle legittime necessità dei cittadini.
Chiara D'Angelo
Infermiera e redattrice di Infermieristicamente di NurSind