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QS Edizioni - martedì 30 aprile 2024

Lettere al Direttore

Nuovo orario di lavoro. Qualcuno pensa siano meglio i “lavori forzati”

di Enrico Reginato (Fems)
22 dicembre - Gentile Direttore,
dato che fui io a firmare, nel novembre del 2008, per conto della FEMS, la richiesta al Commissario europeo per l’occupazione e gli affari sociali, la richiesta di imporre all'Italia l'applicazione della direttiva europea sul tempo massimo di lavoro, mi sento piuttosto coinvolto nella vicenda. E allora facciamo una ricostruzione degli eventi. Mi scuso anticipatamente per la serie di dati, ma servono per mostrare la malafede del Governo.
 
Al ricevimento della lettera, firmata anche dall'allora Segretario Nazionale Anaao Assomed, Carlo Lusenti, il Commissario Spidla si dimostrò disponibile ad approfondire la questione ed ebbe inizio uno scambio di comunicazioni con i funzionari che proseguì con il successore di Spidla, Lazlo Andor, dato che nel frattempo fu rinnovata la Commissione.
 
Poiché la questione sembrava essere in stallo, chiesi l'intervento di un parlamentare europeo, Giovanni La Via, attualmente presidente della Commissione Sanità e Ambiente del Parlamento Europeo, che promosse un’interrogazione con risposta scritta a cui Andor rispose nel novembre del 2011.
 
Dopo un ultimo invio, da parte mia, dei chiarimenti richiestimi dai funzionari in relazione alle risposte ricevute dal Governo italiano, la Commissione aprì una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia.
 
Il 30 maggio 2013 la Commissione europea inviò un sollecito al Governo, che aveva 2 mesi di tempo per notificare alla Commissione le misure adottate per allineare la legislazione nazionale alla normativa dell’Unione.
 
Il 26 giugno 2013 Il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, nel corso di un question time alla Camera, comunicò che sarebbe stato avviato in tempi rapidi un confronto anche con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con il Dipartimento della funzione pubblica e con l’Aran per condividere soluzioni volte a garantire, anche per il personale medico e sanitario, l'applicazione della direttiva.
 
Il 30 luglio scadeva il termine ultimo per notificare alla Commissione le misure adottate, il 26 luglio le autorità italiane presentarono una richiesta di proroga del termine di due mesi in risposta al parere motivato, ma il 5 agosto i servizi della Commissione respinsero la richiesta.
 
La Commissione si era riservata di riflettere su eventuali misure da adottare, con il possibile deferimento alla Corte di giustizia dell’Unione europea se non fosse convinta della conformità della legislazione nazionale alla Direttiva.
 
Vista la mancata applicazione della Direttiva, dietro mia comunicazione, il 20 febbraio 2014 la Commissione Europea deferì l’Italia alla Corte di Giustizia europea.
 
L’Anaao Assomed, in seguito a questa situazione, richiese agli Assessori Regionali alla Sanità ed ai Direttori Generali delle Aziende Sanitarie di adeguare l’organizzazione del lavoro ai principi dettati dal D.lgs. n. 66 del 2003 nella formulazione originaria a garanzia della salute degli operatori e della sicurezza dei cittadini che accedono alle strutture ospedaliere.
 
Il 21 ottobre La Camera dei Deputati adottò la “Legge europea 2013-bis” per rispondere alla questione sollevata dalla Commissione europea nella procedura d’infrazione, dando tempo al Governo fino al 25 novembre 2015 per applicarla.
 
E' quindi evidente che il Governo Italiano, da anni, e non solo da ottobre 2014, era al corrente che la direttiva avrebbe dovuto essere applicata, con le relative implicazioni organizzative. Essere arrivati al 25 novembre nelle condizioni che sappiamo, fu un comportamento irresponsabile, che contava sul senso di responsabilità dei medici, i quali, nei fatti, hanno continuato a lavorare oltre i limiti contrattuali, per puro senso di attaccamento al dovere e responsabilità, con ore non retribuite ed un blocco contrattuale in atto da anni. I medici erano indifesi, di fronte a questo comportamento consapevole, che ignorava un semplice fatto: la stanchezza fisica vale anche per loro.
 
Non solo, ma è noto come un medico stanco possa più facilmente commettere errori, che si ripercuotono sui pazienti, i quali, in caso di danno, chiedono un risarcimento, quando non siamo i superstiti a farlo. E le aziende stanno pagando, e continueranno a farlo per anni, anche quando arriveranno gli effetti benefici della Direttiva, visti i tempi della giustizia italiana. Si dice che nel il 90% dei casi di denuncia, i medici vengano assolti. Ma il numero vale per i procedimenti penali. Nella Giustizia civile, le cose cambiano. E molto.
 
Quindi il Governo, non solo ha promosso uno sfruttamento non retribuito dei medici, ma ha anche messo a rischio maggiore i pazienti e ha pagato sicuramente un maggior numero di risarcimenti. Il suo ragionamento era, più che semplice, semplicistico: riducendo il numero di medici con il blocco del turnover, facendoli lavorare di più, visto che nessuna norma lo impedisce, si risparmiano molte risorse.
 
Ma è stato un risparmio? Al netto dei disservizi e dei risarcimenti, direi di no. Il rapporto costi/benefici, laddove i benefici si misurano in spesa evitata, è negativo. Nelle lunghe attese per la diagnosi e le cure, il paziente peggiora e, quando arriva il suo turno, curarlo costa di più.
 
Ora che l'Europa è intervenuta, e il Governo balbetta ma è in vigore una norma che impedisce lo sfruttamento, si erge a difensore d'ufficio il Presidente della Società Italiana di Chirurgia, dott. Corcione, il quale lamenta il rischio che i "....riposi forzati, in un settore già carente di personale, comportino un ulteriore affossamento del sistema sanitario". Il dott. Corcione, ai "riposi forzati" evidentemente preferisce i "lavori forzati", (soprattutto quelli altrui, visto che a lui i servizi di guardia non spettano), schierandosi, ex-post, con le malefatte governative. Purtroppo, l'affossamento della qualità della risposta sanitaria è, semmai, conseguenza degli errori ripetutamente attuati dai governi italiani, che, con i loro tagli al personale e alle risorse, e con le loro inefficienze, hanno fatto sprofondare il nostro sistema sanitario, in pochi anni, al 21mo posto fra i Paesi europei. E' il caso di ricordare, anche al dott. Corcione, che nel resto dell'Europa, dove la Direttiva è applicata, la Chirurgia funziona mediamente meglio che da noi. Ne sono testimonianza i giovani chirurghi italiani che vanno all'estero per impararla, mentre non succede viceversa.
 
In assenza della Direttiva, lasciando fare il Governo dei "lavori forzati", ci dobbiamo chiedere che cosa sarebbe accaduto dei reparti ospedalieri, quando, nel prossimo decennio andrà in pensione, per limiti di età, il settanta per cento dei medici in servizio negli ospedali. E quindi anche del reparto attualmente diretto dal dott. Corcione, che, fa parte di questo settanta per cento.
 
Enrico Reginato
Presidente Federazione europea medici specialisti (FEMS)
22 dicembre 2015
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