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QS Edizioni - domenica 5 maggio 2024

Lettere al Direttore

Stati generali dei medici o stati “Caporali”?

di Angelo Raffaele Sodano
immagine 23 dicembre - La crisi demografica, la programmazione dell'accesso alla formazione, gli ambiti e le competenze dell'esercizio professionale (che spesso esuberano dai propri ambiti) la programmazione di una serena quiescenza dal lavoro in un sistema Previdenza che limiti le evidenti ma taciute disparità intergenerazionali rappresenteranno tessere di un superiore e più adeguato puzzle non già da comporre o ricomporre ma reinventarsi.
23 dicembre - Gentile Direttore,
il 28 Novembre un manipolo di volenterosi dell'Associazione italiana odontoiatri (AIO) in piazza ha testimoniato la difesa del Servizio sanitario nazionale e dei 10 punti programmatici elaborati in (dopotutto sono un luogo d'incontro, non un'entità) quegli autoproclamati, autodeterminati Stati Generali che, leggendo i loghi delle sigle rappresentate, non ci vedono partecipi. Non siamo graditi, sostengo io.
 
In piazza l'AIO c'era, sì, eravamo al fianco di Pazienti, Medici appartenenti a Sigle "griffate", tra coloro che, trafelati, sono accorsi dalla sede di quell'Enpam che ha saggiamente (e per necessità di approvazione del bilancio di previsione) indetto l'Assemblea Nazionale, assise di circa 180 tra medici ed odontoiatri: un buon assist per iniziare a contarsi in piazza.
 
Peccato per gli autoconvocati non aver avuto l'opportunità di ascoltare il nostro contributo, il nostro messaggio! “Rivoluzionariamente” avremmo potuto menzionare le risultanze dello studio Eurispes da noi commissionato in tema di Autorizzazione Sanitaria e dei suoi riflessi sul Titolo V (eppure è un tema che si porta, è trendy, fa tendenza...) o avremmo potuto sottolineare come, in un epoca di tagli e risparmi, non si sia, nel mare magnum delle prestazioni venute fuori dal decreto appropriatezza, non dico parlato ma almeno sussurrato la parola "prevenzione", peccato anche una visionaria APP sul tema abbiamo in cantiere!
 
Leggere le cronache e vedere le immagini del 28 mi fa sorridere alla luce di quanto su Wikipedia leggo a proposito degli Stati Generali: furono convocati l'8 agosto 1788 da Luigi XVI allo scopo di raggiungere un accordo tra le classi sociali idoneo a risolvere la grave crisi politica, economica, sociale e finanziaria che affliggeva da anni la Francia. Inaugurati il 5 maggio 1789, essi furono gli ultimi dell'Ancien Régime, crollato a seguito della Rivoluzione.
 
Stanti le premesse della storia della Francia di fine 700 sarebbe stato meglio chiamarli Caporali: un atto di scaramanzia, da buon napoletano, lo avrei suggerito. Eppoi... eppoi il termine Generali mi suona di stivaloni e chiamata alle armi: vero che sono figlio di un’era geologica in cui il servizio militare era obbligatorio ma oggi inventerei qualcosa di innovativo, traguarderei orizzonti inesplorati, facendoci contaminare da quello scorcio di inevitabile futuro che incombe e indirei lo “sharing delle idee”! Figlio di quell’internet delle cose che livella distanze fisiche e ruoli: potrebbe rappresentare l’Agorà del confronto. Non più guidato da coloro che già tanto (forse troppo) hanno fatto per arrivare all’oggi, che già in troppi luoghi, moltiplicando incarichi, giacche e prebende hanno costruito percorsi, innovazione e successi. Il cambio di paradigma potrebbe nascere dall’analisi culturale, economica e sociologica di quel sistema paese in cui, è inutile negarlo, ai giovani sono stati lasciati il peso dei debiti e gli obblighi ad adempiere a tutte quelle rendite di posizione meglio note come “diritti acquisiti”, non negoziabili.
 
C'è bisogno che la piazza, quella piazza del 28, si trasformi in quell'Agorà in cui, al di là del primato sulla formulazione delle idee, si sostituisca la creazione quel Commons Collaborativo della, anzi, meglio, delle professioni. Sul piatto e nella realtà che non vogliamo o fingiamo di non vedere ci sono troppe incompiute, troppe falle che mettono in serio rischio la tenuta sociale del sistema e che dovrebbero essere analizzate e affrontate non già e non più isolatamente ma contestualizzate in un quadro più ampio per rispondere – questo sì segnale di forza di una categoria troppo spesso adusa al peculiare – a quell'inerzia della politica che non sa programmare il tempo, i luoghi, le finalità e le modalità di indirizzo.
 
E allora la crisi demografica, la programmazione dell'accesso alla formazione, gli ambiti e le competenze dell'esercizio professionale che spesso esuberano dai propri ambiti, la programmazione di una serena quiescenza dal lavoro in un sistema Previdenza che limiti le evidenti ma taciute disparità intergenerazionali rappresenteranno tessere di un superiore e più adeguato puzzle non già da comporre o ricomporre ma reinventarsi.
 
E allora sul piatto potremmo mettere di tutto di più: ridiscutere, rinegoziare non già partendo dal ruolo di vittime ma rinnovatori (rottamatori suonerebbe di già sentito…) e, facendo tesoro dell’elasticità delle maglie delle regole sancita non più tardi di oggi (mi riferisco alla possibilità, oggi ventilata, che i piccoli risparmiatori titolari delle obbligazioni rispondano con il proprio patrimonio dei fallimenti delle banche), cambiare anche noi.
 
E allora  la riforma sanitaria, per i Sanitari, potrebbe fondarsi, tra l’altro, sul principio delle incompatibilità ma non tanto e non solo per separare pubblico/privato ma anche per sancire il principio che è sufficiente la gratificazione professionale ed economica che deriva dalla titolarità di un solo ruolo occupato: non più cattedratici, ospedalieri, specialisti ambulatoriali, convenzionati, accreditati e quant’altro ad occupare altri ruoli, altri ambiti: largo ad altri! Una sanità per gli ammalati che sappia comunicare che ci sono limiti all’infallibilità, che esistono sì, anche la malasanità, e l’errore umano, ma che abbiamo dimenticato che esistono le complicanze e che il fallimento, l’invalidità’ e la morte possono e devono essere nel conto degli eventi possibili. Basta continuare ad alzare pseudo barriere garantiste farraginose, troppo spesso figlie di stucchevoli esercizi accademici, nate per codificare ambiti in cui incanalare percorsi legali a difesa di sanitari troppo spesso nudi se chiamati a rispondere nei tribunali: nessun codice, si chiami linee guida o raccomandazioni cliniche potrà mai aver a sufficienza previsto l’avversità dell’oggi anche se scritto appena ieri.
 
Angelo Raffaele Sodano
Segretario nazionale Aio
23 dicembre 2015
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