toggle menu
QS Edizioni - venerdì 3 maggio 2024

Lettere al Direttore

Il problema delle liste d'attesa non dipende dall'intramoenia

di Sandro Petrolati
22 gennaio - Gentile Direttore,
da sempre la libera professione intramoenia viene indicata dai media e da molte associazioni di consumatori come il mostro da cui originano le liste d’attesa e secondo alcuni anche il sovraffollamento nel pronto soccorso dei grandi ospedali. Facile e puerile demagogia. Nel mio ospedale, il San Camillo Forlanini di Roma, la direzione aziendale ha comunicato i dati relativi alle percentuali tra attività istituzionali e l’attività intramoenia nel 2014: 95% vs. 5%. Quindi solo un modesto 5% dell’attività dei medici e degli infermieri riguarda l’intramoenia.

Con queste proporzioni come si fa, in tutta onestà, a definire l’intramoenia come la causa delle liste d’attesa? Se pure si trasformasse quel 5% di attività intramoenia in attività istituzionale, chiedendo agli operatori di lavorare fuori dall’orario di servizio, alias volontariato, quanto potrebbe incidere sulle liste d’attesa? Al massimo, e solo in teoria, un 5%.

E’ ora che questi dati siano pubblici, che si esca da questa perversa e disonesta campagna diffamatoria verso la libera professione intramoenia.
Le ragioni delle liste d’attesa sono altre, ma pubblicarle non farebbe fare bella figura ai nostri amministratori locali e nazionali. Si dovrebbe ammettere che la principiale causa delle liste d’attesa è la riduzione dell’attività in elezione degli ospedali pubblici per la carenza di posti letto e di personale: gli ospedali riescono a stento a far fronte all’emergenza, rinviando di continuo l’elezione. Tra le cause emergerebbe che l’utenza preferisce per le prestazioni diagnostiche andare in ospedale, perché in molte regioni il territorio non garantisce uguali livelli e qualità di prestazioni.

Se atti scorretti o illeciti sono compiuti da uno sparuto numero di colleghi è giusto che questi siano colpiti, anche duramente. Ma, nonostante i proclami, pochissimo viene fatto per isolare i disonesti. Meglio utilizzarli per gettare discredito su tutta la categoria.
In ultimo andrebbe detto una volta per tutte, che se scomparisse la libera professione intramoenia, questo non farebbe altro che arricchire le strutture sanitarie private che, liberate dalle attuali regole come ad esempio non fare in libera professione più del 50% dell’attività istituzionale, e soggette solo alle leggi del libero mercato, intercetterebbero tutta la domanda generata dalle liste d’attesa delle strutture pubbliche.

Ma forse, nel porre sempre più vincoli e laccioli ai medici che fanno libera professione, si vuole perseguire proprio questo squallido obiettivo, mortificando la professionalità di tanti medici pubblici.
 
Sandro Petrolati
Segretario aziendale Anaao-Assomed 
22 gennaio 2016
© QS Edizioni - Riproduzione riservata