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QS Edizioni - lunedì 29 aprile 2024

Lettere al Direttore

Terapisti occupazionali. Da vent’anni al servizio del Ssn

di Michele Senatore
15 gennaio - Gentile Direttore,
dopo anni di battaglie, il 17 Gennaio 1997 veniva emanato il D.M. 136/97 che istituiva la professione del Terapista Occupazionale (TO), consentendone l’inserimento a pieno titolo nel Servizio Sanitario Nazionale e l’inquadramento formativo: le scuole per Terapisti della Riabilitazione cedono il posto ai Diplomi Universitari e finalmente dal 2001 vengono avviati i Corsi di Laurea triennali specifici per ogni disciplina sanitaria, tra cui quelli in Terapia Occupazionale.
 
La professione, nata ufficialmente nel 1917 negli Stati Uniti, radicata da tempo all’estero in diversi paesi, esordisce con l’utilizzo dell’occupazione in ambito psichiatrico, per poi acquisire grande diffusione alla fine delle guerre mondiali andando a riabilitare i reduci di guerra che dovevano tornare ad una condizione di vita preesistente. Durante il suo sviluppo subisce molteplici trasformazioni per inserirsi in vari ambiti di applicazione. Al giorno d’oggi l’intervento del professionista Terapista Occupazionale riguarda la quotidianità dei suoi utenti, sia in fase acuta che cronica, in prevenzione primaria, secondaria o terziaria. L’attenzione per gli interessi della persona e una visione non organicistica e non meramente inerente alla patologia, sono sicuramente considerabili precursori di quello che è oggi il modello bio-psico-sociale, evidenziato dall’ICF, che mette al centro dell’intervento riabilitativo la persona, nel suo ambiente, considerando elemento di primaria importanza la sua partecipazione alla vita quotidiana e sociale.
 
Nonostante l’arrivo della Terapia Occupazionale nei vari paesi europei sia più o meno parallelo, ad eccezione della Gran Bretagna, diversi sono i tempi e le modalità necessarie per ottenere il riconoscimento della figura e la regolarizzazione del suo percorso di studi.
In Italia, a regolamentare la professione è, come dicevamo, il DM 136/997 che esplicita le competenze del Terapista Occupazionale, sottolineando che “svolge attività di studio e ricerca, di didattica e di supporto” in tutti gli ambiti in cui è richiesta la specifica professionalità, “che contribuisce alla formazione del personale di supporto e concorre direttamente all'aggiornamento relativo al proprio profilo professionale”, la legge specifica anche il luogo di svolgimento dell’attività professionale, ossia “strutture socio-sanitarie, pubbliche o private, in regime di dipendenza o libero professionale”.
 
Nel secondo comma del decreto si inquadra il terapista occupazionale come figura che agisce “in riferimento alla diagnosi e alle prescrizioni del medico (…) in collaborazione con altre figure professionali” connotandolo di fatto come professionista fortemente strutturato all’interno dell’équipe di riabilitazione, il Terapista Occupazionale “effettua una valutazione funzionale e psicologica del soggetto ed elabora, anche in équipe multidisciplinare, la definizione del programma riabilitativo, volto all'individuazione ed al superamento dei bisogni del disabile ed al suo avviamento verso l'autonomia personale nell'ambiente di vita quotidiana e nel tessuto sociale; tratta condizioni fisiche, psichiche e psichiatriche, temporanee o permanenti, rivolgendosi a pazienti di tutte le età, utilizza attività sia individuali che di gruppo, promuovendo il recupero e l'uso ottimale di funzioni finalizzate al reinserimento, all'adattamento e alla integrazione dell'individuo nel proprio ambiente personale, domestico e sociale; individua ed esalta gli aspetti motivazionali e le potenzialità di adattamento dell’individuo; partecipa alla scelta e all’ideazione di ortesi congiuntamente o in alternativa a specifici ausili; propone, ove necessario, modifiche dell’ambiente di  vita e propone azioni educative verso il soggetto in trattamento, la famiglia e la collettività; verifica la rispondenza tra la metodologia riabilitativa attuata e gli obbiettivi di recupero funzionale e psicosociale”.

Anche nel nostro Paese, come già succede nel resto d’Europa, il Terapista Occupazionale sta lavorando per trovare il suo spazio all’interno dell’equipe riabilitativa, siamo però lontani dai numeri degli altri Stati Europei, in Italia ogni 100.000 abitanti ci sono 3,38 professionisti,  in Danimarca sono 145, in Norvegia 80, in Germania 70, in Inghilterra 56. Fortunatamente il lavoro svolto fino ad adesso sta portando al giusto riconoscimento, permettendo di inserire il Terapista Occupazionale all’interno di molte Linee Guide e Raccomandazioni Nazionali. Il Terapista Occupazionale è difatti, per fare alcuni esempi, indicato nel Piano di Indirizzo della Riabilitazione del 2011 con il domicilio luogo d’eccellenza, nel Piano Nazionale per le Demenze tra le figure fondamentali del team o all’interno del team delle Unità Spinali.

Oggi il Terapista Occupazionale non va considerato come un valore aggiunto al trattamento riabilitativo ma parte integrante dell’iter di prevenzione, cura e riabilitazione con persone con disabilità acute o croniche in età evolutiva, adulta e geriatrica.

In letteratura moltissime sono le evidenze che dimostrano come il Terapista Occupazionale sia una risorsa per il Sistema Sanitario, anche da un punto di vista meramente economico, oltre che per favorire partecipazione e miglioramento della qualità di vita del singolo e della comunità.

Michele Senatore            
Presidente Nazionale AITO (Associazione Nazionale dei Terapisti Occupazionali)
15 gennaio 2017
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